Un oleodotto tutto Ortodosso
Dopo 14 anni di negoziati vicina la firma tra Bulgaria, Grecia e Russia per la realizzazione dell’oleodotto Burgas-Alexandropolis. Ma in Bulgaria si discute sul controllo che Mosca, tramite le sue aziende, avrebbe sull’intera infrastruttura
Gli ultimi dettagli sulla costruzione dell’oleodotto Burgas-Alexandropolis sono stati discussi lo scorso 7 febbraio, proprio nella città portuale bulgara di Burgas, da delegazioni governative di alto livello di Bulgaria, Grecia e Russia.
L’accordo finale sull’oleodotto, che arriva dopo circa 14 anni di negoziati, verrà sottoscritto con tutta probabilità all’inizio di marzo, ma le notizie sul probabile controllo che la Russia avrà sull’intera infrastruttura, hanno sollevato le proteste dell’opposizione in Bulgaria. Mosca controllerà infatti il 51% dell’oleodotto, attraverso la società "Transneft", che svolgerà il ruolo di coordinatore dell’approvvigionamento e del trasporto del carburante su tutta la lunghezza dell’oleodotto.
Anche il terminal di Burgas sarà detenuto dalla compagnia controllata da Mosca, fatto che è stato commentato dai media bulgari come una grossa concessione fatta ai russi. Secondo il piano preliminare, infatti, il terminal doveva essere rimanere in mani bulgare, per essere utilizzato anche come punto di immissione degli idrocarburi per il progetto AMBO, un oleodotto concorrenziale a quello Burgas-Alexandropolis, che dovrebbe collegare, attraverso Bulgaria, Macedonia ed Albania, i porti di Burgas e Valona. Un accordo sulla costruzione dell’oleodotto AMBO è stato firmato dai tre stati interessati proprio alla fine di gennaio. Con AMBO, la cui lunghezza sarà di 900 chilometri, per un costo di 1,2 miliardi di dollari, si prevede di trasportare ogni anno verso l’Europa occidentale circa 35 milioni di tonnellate di petrolio del Caspio.
Il progetto Burgas-Alexandropolis prevede invece un oleodotto di 300 chilometri, 155 dei quali in territorio bulgaro, e una capacità di 15-35 milioni di tonnellate l’anno, per un costo di realizzazione che dovrebbe attestarsi a 783 milioni di dollari.
Come già ricordato la Russia dovrebbe detenere il 51% delle azioni, mentre Bulgaria e Grecia dovrebbero spartirsi la quota restante, e controllare entrambe il 24,5%. Per la Russia il controllo sull’oleodotto e sui due terminali di Burgas e Alexandropolis sarà esercitato da un consorzio creato appositamente tra le compagnie statali "Transneft", "Gaspromneft" e "Rossneft". Inizialmente da parte bulgara le società coinvolte erano la "Bulgartransgas" (società dell’holding pubblica "Bulgargas") e il consorzio Universal terminal Burgas ( costituito al 51% da capitale pubblico e al 49% dalla società privata "Frontier"). Il 13 febbraio, però, il ministro per lo Sviluppo Regionale Asen Gagauzov ha annunciato che la "Frontier" sarà esclusa dal progetto, e che al posto del precedente consorzio verrà creata una società tra la "Bulgargas" e la "Technoexportstroy", entrambe controllate dallo stato. Allo stesso tempo è stata annunciata la volontà di abbandonare l’idea iniziale di un terminal comune a Burgas per i progetti Burgas-Alexandropolis e AMBO. Da parte greca, infine, parteciperanno al progetto la "Hellenic Petroleum" ( controllata in parte dallo stato e in parte dal gruppo Latsis) e la "Thraki SA", ( controllata al 25% dalla stessa "Hellenic Petroleum" e al 75% dal gruppo "Kopelouzos").
Risvolti positivi e negativi
La costruzione dell’oleodotto Burgas-Alexandropolis dovrebbe partire nel 2008. Il petrolio proverrà soprattutto dai giacimenti della Siberia occidentale. Secondo il settimanale economico bulgaro Capital, il progetto presenta molti risvolti sia positivi che negativi. La Bulgaria incasserà circa 35 milioni di dollari ogni anno dalle tasse sul transito, e verranno a crearsi circa mille nuovi posti di lavoro durante la costruzione dell’infrastruttura. La Bulgaria si assicurerà inoltre forniture di carburante, e potrà partecipare al progetto con molte società in subappalto. D’altra parte, però, si rischia un pesante impatto sull’ambiente, che potrebbe avere ricadute negative sullo sviluppo del turismo. Inoltre la Bulgaria, con la cessione del terminal di Burgas, rischia di perdere il controllo su infrastrutture strategiche. Secondo Capital è proprio la proprietà del terminal a giocare un ruolo chiave. Se entrambi i progetti, Burgas-Alexandropolis e AMBO useranno lo stesso terminal, ci saranno meno rischi per l’ambiente naturale. Chi gestisce il terminal (in questo caso i russi), dovrebbe però dare garanzia di uguale trattamento ai due oleodotti, che sono in realtà in concorrenza. La cosa sembra molto difficile da attuare, soprattutto considerato che il progetto AMBO è controllato, in buona parte, dagli Stati Uniti. "La Russia ottiene il controllo dell’oleodotto per la Grecia" ha titolato l’8 febbraio il quotidiano Dnevnik, sottolineando che il progetto AMBO sarà sotto la scomoda tutela di Mosca.
Ortodossi di tutto il mondo, unitevi!
Mentre il protocollo di cooperazione sull’oleodotto Burgas-Alexandropolis veniva firmato a Burgas, nel parlamento di Sofia l’opposizione di destra portava in aula un rapporto dei servizi di intelligence in cui viene messa in risalto la strategia della Russia di guadagnare influenza economica attraverso l’Assemblea Interparlamentare sull’Ortodossia. La polemica è scoppiata proprio nel momento in cui i parlamentari avrebbero dovuto eleggere i quattro rappresentati bulgari all’Assemblea. I Democratici per una Forte Bulgaria (DSB) hanno reso pubblico il rapporto, in cui l’Assemblea viene definita come uno strumento controllato dalla Russia attraverso il supporto finanziario di compagnie petrolifere come "Gasprom", "Surgutnetgas" e "Interross", e volto alla promozione degli interessi geopolitici russi. Tra i nomi citati nel rapporto compaiono anche quelli di Ilia Pavlov, discusso bussinessman e proprietario della "MG Corporation", assassinato nel 2003, e quello di Sasho Donchev, presidente della "Overgas". "Nel rapporto possiamo vedere chiaramente i rapporti tra i servizi segreti russi e il crimine organizzato in Bulgaria" ha dichiarato Ivan Kostov, leader dei DSB ed ex deputato.
Il Fondo dell’Assemblea Interparlamentare sull’Ortodossia ha premiato nel 2002 con 20mila dollari il presidente bulgaro Georgi Parvanov, per la sua attività di promozione dell’unità tra i popoli ortodossi. Tra gli altri premiati in questi anni ci sono il patriarca bulgaro Maxim, il presidente bielorusso Lukashenko e l’ex presidente della "Gasprom" Viahirev.
"Un oleodotto tutto ortodosso", ha titolato Capital nel suo numero del 10 febbraio. Se da una parte il governo non perde occasione per dichiarare la sua adesione ai principi e valori euro-atlantici, sostiene il settimanale, dall’altra, appena un mese dopo l’ingresso della Bulgaria nell’Ue, continua a spingere sempre di più il paese nell’abbraccio energetico russo. Dopo l’ingresso di "Gasprom" nella prossima costruzione della centrale nucleare di Belene, il cabinetto del socialista Stanishev fa larghe concessioni alla Russia anche sull’oleodotto Burgas- Alexandropolis, un oleodotto, forse non a caso, tutto ortodosso. Tutte le decisioni a riguardo sono state prese senza alcun dibattito pubblico, e anche Ucraina e Moldova, storicamente molto più connesse della Bulgaria alla Russia, sono riuscite a difendere meglio i propri interessi in campo energetico. Secondo il quotidiano Dnevnik, la passione con cui il governo ha difeso il progetto Burgas-Alexandropolis e l’insolenza con cui ha snobbato il rapporto dei servizi segreti rischiano di trasformare nuovamente la Bulgaria nel più fedele satellite di Mosca, a 17 anni dalla caduta della cortina di ferro e a due mesi dal suo ingresso nell’Ue.
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