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Serbia-Russia: a tutto gas

E’ da più di trent’anni che il gas arriva in Serbia dalla Russia, quando ancora c’erano Unione sovietica e Jugoslavia. Molto è cambiato ma il gas continua a scorrere. Una rassegna

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Era il 1978 quando il governo dell’Unione Sovietica firmò un accordo con la Jugoslavia per la distribuzione del gas russo. Da allora la fornitura non si è mai interrotta, nonostante la dissoluzione della prima e lo smembramento della seconda. La posizione di Gazprom in Serbia è stata ridefinita, a guerra ancora in corso, con la firma dell’accordo intergovernativo del 7 febbraio 1995, al quale ha fatto seguito la costituzione della sussidiaria di Gazprom a Belgrado, la Yugorosgaz. La joint-venture russo-serba è controllata dal governo moscovita per il 50%, da Srbijagas – l’azienda di Stato serba – per il 25%, mentre il restante delle azioni è in mano alla Centrex, multinazionale del settore degli idrocarburi.

Dipendenza

La Serbia, come del resto altri paesi dell’area balcanica, è profondamente dipendente dalle importazioni di gas dalla Russia. Recenti stime rivelano che l’85% del gas serbo è importato da Mosca, con l’importazione del gas russo che si è attestata nel 2010 ad un totale di 1,76 miliardi di metri cubi di gas. Il dato, sebbene inferiore rispetto al 90% della Bosnia-Erzegovina e al 100% della Macedonia, rivela la forte dipendenza del Governo di Belgrado dalle forniture russe1.

Una percentuale così rilevante crea difficoltà, com’è facile comprendere, specialmente laddove si creino situazioni di conflittualità, come ad esempio quelle che in effetti si sono realizzate tra il 2008 e il 2009 con lo scontro geopolitico/economico che ha visto contrapposte Kiev e Mosca sulla questione energetica, e che molti problemi ha creato nell’Europa Occidentale, quanto in quella Orientale.

Sulla scia di tali difficoltà la Serbia è corsa ai ripari e, grazie sempre al contributo russo, ha messo a punto l’impianto di stoccaggio sotterraneo di gas di Banatski Dvor, che con i suoi 450 milioni di m3 di capacità, è uno degli impianti più grandi d’Europa e che diventerà uno snodo importante del gasdotto South Stream, ideato per permettere la distribuzione di gas dal Caucaso verso la Turchia e l’Europa.

South Stream

Proprio intorno al South Stream si sta giocando una delle partite geopolitiche più importanti degli ultimi anni, con la Russia a dettare le regole del gioco.

Lo scorso 4 giugno il Presidente russo Vladimir Putin ha confermato, in occasione dell’apertura dei lavori del vertice UE-Russia, che la costruzione del gasdotto South Stream inizierà entro la fine dell’anno. Il nuovo gasdotto connetterà direttamente Russia ed Unione europea, eliminando l’interferenza di ogni Paese potenzialmente ostile a Mosca.

Il piano iniziale prevede un tracciato diviso in due grossi tronconi: la prima sezione è quella offshore nel Mar Nero, mentre la seconda passerà direttamente su terra. Il tratto continentale è ancora molto incerto e sono al varo diverse soluzioni, la più probabile delle quali correrà dentro la penisola balcanica.

L’entrata in funzione è prevista nel 2015 e dovrebbe essere in grado, a pieno regime, di trasportare 63 miliardi di m3 di gas l’anno, la stessa energia che produrrebbero cinquanta mila turbine eoliche o trentotto centrali nucleari2. Il gasdotto fornirà energia ad oltre 30 milioni di famiglie europee, facendo fronte al 10% del fabbisogno di gas previsto per il 2020 in Europa3. Il costo stimato iniziale per la costruzione di South Stream si aggirava intorno ai 15 miliardi e mezzo di euro, ma è già lievitato e ci si avvicinerà ad investimenti di circa 20 miliardi di euro.

Il South Stream e la Serbia

Il primo documento per la realizzazione del South Stream è stato il Memorandum d’Intesa firmato a Roma nel giugno 2007 tra il vice-presidente di Gazprom, Aleksander Medvedev, solo omonimo dell’ex presidente russo, e l’amministratore delegato di ENI, Paolo Scaroni. All’allora presidente del consiglio italiano, Romano Prodi, venne più volte proposto – e mai accettato – il posto di Presidente del consorzio di gestione del gasdotto, sulla falsariga della presidenza affidata all’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder per il gasdotto North Stream, che si occupa di assicurare la fornitura del gas russo alla Germania, evitando accuratamente di passare dai paesi baltici e dalla Polonia, paesi malvisti dalla Russia.

La Serbia entra nella partita nel dicembre 2006 con la firma degli accordi preliminari tra Gazprom e l’azienda di stato, nonché monopolista, Srbijagas. Accordi che prevedevano la realizzazione di perizie tecniche e di fattibilità per la costruzione di un tratto di gasdotto su territorio serbo, in particolare, dal confine bulgaro verso il nord del paese.

Ai positivi riscontri hanno fatto seguito gli accordi intergovernativi in ambito energetico firmati a Mosca nel gennaio del 2008 e che contestualmente prevedevano l’assistenza finanziaria russa per la costruzione dell’impianto di Banatski Dvor, di cui sopra. L’impianto sarebbe dovuto essere un importante snodo per raggiungere l’ultima tappa del gasdotto, cioè l’Austria, più precisamente la strategica hub-gas station di Baumgarten.

Ma dato il veto de facto all’Austria da parte dell’UE a concedere la stazione al gasdotto russo – prevedendo di utilizzarla per il proprio gasdotto Nabucco, progetto concorrente a South Stream ma al momento accantonato – Gazprom ha dovuto ripiegare e modificare il percorso: dalla Serbia verso l’Ungheria, quindi virare in direzione della Slovenia, per terminare infine il percorso in Italia, nei pressi di Treviso.

Le ultime settimane

Un ulteriore sviluppo si è avuto nelle ultime settimane quando le difficoltà politiche, e la conseguente instabilità, hanno fatto ipotizzare un’esclusione dell’Ungheria in favore della Croazia, la quale ha espresso, sin da subito, un forte interesse nella partecipazione al progetto. Secondo quanto riportato alla stampa locale dai vertici di Gazprom “è già stato trovato un accordo sui dettagli tecnici relativi al passaggio del gasdotto South Stream attraverso la Croazia, invece che attraverso l’Ungheria. I lavori per il gasdotto in Croazia dovrebbero iniziare nel 2015. In questo momento, le possibilità croate sono al 50 per cento, ma Gazprom prenderà comunque una decisione nei prossimi due mesi. La parte austriaca e ungherese di South Stream è vincolata a un accordo già firmato, ma per come stanno ora le cose, la realizzazione in questi due paesi appare ora incerta.”4

Tratto serbo

L’investimento per il tratto serbo del gasdotto, secondo quanto dichiarato dall’amministratore delegato di Srbijagas, Dušan Bajatović, ammonta a 1,7 miliardi di euro. Il progetto prevede la costruzione di tre tronconi: il primo dal nord del paese sino a Belgrado, il secondo da Belgrado sino alla zona centrale del paese; il terzo che congiunge quest’ultima con il sud-est del paese per ricollegarsi al tratto bulgaro del gasdotto.

Quello che renderebbe interessante anche per la popolazione serba la costruzione del gasdotto è che i contratti prevedono che il tratto serbo del gasdotto sarà realizzato esclusivamente da aziende serbe. Il progetto prevede la costruzione di circa 500 km di tubazioni su terra, due passaggi sotto il Danubio, oltre ad innumerevoli sottopassaggi fluviali e montuosi. Bajatović ha stimato che per la realizzazione saranno necessari dai due ai tremila operai, il che ovviamente costituisce uno stimolo rilevante per un’economica in forte fase recessiva, dove la disoccupazione si attesta ormai stabilmente intorno al 25%.

Ma questo non è l’unico vantaggio che la Serbia secondo Srbijagas può aspettarsi dai rapporti con il consorzio South Stream. Bajatović azzarda una previsione anche sui ricavi aggiuntivi che potrebbero contribuire all’economia serba, la quale ha un disperato bisogno di investimenti stranieri. "Solo nel primo anno di sfruttamento, la Repubblica di Serbia guadagnerà 200 milioni di euro solo in tasse di concessione". Ricavi che in parte verranno reinvestiti nel settore energetico dove è prevista la costruzione di un ulteriore deposito di stoccaggio sotterraneo, oltre a centrali a gas in città quali Belgrado, Novi Sad, Pančevo e Niš.

Scendere in campo

Ma non sono solo gli introiti lucrosi e duraturi nel tempo per i diritti di passaggio a rendere particolarmente redditizia la partecipazione serba al progetto, a questi infatti bisogna aggiungere quelli che una volta si sarebbero chiamati i “vantaggi della scelta di campo”, che si traduce nella scelta di entrare a pieno titolo nel grande gioco strategico delle rotte dell’energia5.

Così, come spesso accade, questioni prettamente economiche finiscono per influenzare anche la vita politica e sociale di un Paese. Fin dalla campagna elettorale, il neo-eletto presidente Tomislav Nikolić non ha nascosto la sua affinità alle politiche di Mosca, ambendo – come da lui stesso dichiarato6 – a ridare alla Serbia il ruolo di affiliata russa al confine con l’Europa occidentale. E la partecipazione della Serbia al progetto South Stream è simbolicamente diventata la realizzazione pratica di questo progetto politico-economico, nonché ideologico. Come l’ex presidente Boris Tadić ha a suo tempo enfatizzato l’imponente accordo commerciale con Fiat come simbolo dell’avvicinamento della Serbia all’Europa occidentale, così Nikolić non nasconde – anche pubblicamente7 – la soddisfazione per questo milionario accordo energetico, visto come simbolo della rinvigorita forza economica della Serbia8, che porterà inoltre ad un sostanziale aumento degli investimenti esteri. Ancora una volta, la leadership serba si affida alla visibilità di imponenti progetti esteri per pianificare i piani di sviluppo del paese. Con tutti i rischi correlati.

Ricadute regionali

South Stream però non influenzerà solo la vita politica-sociale interna alla Serbia, ma potrà anche avere importanti ricadute nei rapporti interni all’intera area dei Balcani.

Il mese scorso i governi della Serbia, della Croazia, della Slovenia e della Republika Srpska 9, hanno dichiarato, singolarmente ma quasi contestualmente, l’importanza prioritaria nonché strategica che i rispettivi governi attribuiscono al gasdotto. La contiguità territoriale torna così ad essere una precondizione di scelte strategiche che impongono un alto grado di coordinamento e capacità di fare scelte comuni a lungo termine: la realizzabilità di un progetto come questo, tra l’altro costosissimo, dipende infatti dalla certezza di una unità di intenti che si dilati nei decenni a venire.

Note:

1 Fonte: Natural Gas Europe

2 Fonte: Nuclear Energy Institute: World Nuclear Power Plants in Operation.

3 Fonte: International Energy Agency Forecast in World Energy Outlook.

4 Secondo quanto riferisce il quotidiano di Zagabria “Jutarnji list” in un articolo del 20.08.2012

5 Il 4 settembre l’Agenzia Nova riporta:”La Russia approverà il prestito di 300 milioni di dollari alla Serbia per coprire il deficit di bilancio del 2013. Lo ha dichiarato oggi a Mosca il ministro delle Risorse naturali serbo, Milan Bačević, citato dall’emittente radiotelevisiva "Rts". Dopo una riunione della commissione intergovernativa russo-serba per il commercio e la collaborazione economica, Bačević ha detto che la Russia dovrebbe approvare il prestito entro la fine dell’anno a condizioni favorevoli. “La Serbia sicuramente godrà di questo prestito”, ha detto il ministro, aggiungendo che durante l’incontro si è parlato anche dell’acquisto dell’acciaieria di Smederevo, degli accordi di finanziamento per il rinnovamento delle ferrovie serbe, dell’accelerazione dei lavori del gasdotto South Stream e del debito che la compagnia serba di distribuzione del gas Srbijagas mantiene con il gigante energetico russo Gazprom.” Corsivo aggiunto.

6 Fonte Tanjug 15/05/2012

7 Oltre alle molte dichiarazioni, il presidente serbo Nikolić ha visitato la Russia la scorso 11 settembre, mentre Putin è atteso a Belgrado per il prossimo dicembre, proprio in occasione dell’inizio previsto per i lavori di costruzione di South Stream nel territorio serbo.

8 Fonte Tanjug 30/08/2012

9 Il Presidente di una delle due entità della Bosnia-Erzegovina, Milorad Dodik, sta negoziando con i vertici del Consorzio di gestione di South Stream per aggiungere un passaggio secondario del gasdotto verso Nord attraverso il territorio della Republika Srpska.

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