Serbia, “Dvojka” lo storico tram di Belgrado
Il tram n.2 è il mezzo di trasporto più vecchio e lento di Belgrado, un’istituzione della capitale serba: il suo storico ‘giro’, sempre uguale attorno al centro città, definì uno status sociale separando l’élite intellettuale dal volgo, per poi racchiudere in sé negli anni ’90 le voci contrarie al regime di Slobodan Milošević
Ha un che di consolatorio e immutabile lo scorrere del tram n.2 (il “dvojka” se usiamo il numerale collettivo) a Belgrado; quando sferraglia e stride sui freni sotto le finestre di casa mia, immagino la sua locomotiva arrugginita arrancare su per il Kalemegdan chinandosi alla maestosità dell’Ambasciata di Francia e all’eleganza di “Knez Mihajlova”, per poi dirigersi dall’altra parte di Dorćol verso il Danubio e all’altezza dello zoo “piegarsi” per imboccare la lunghissima rotaia, avanzare a singulti fino a sotto il quartiere bohémiem di Skadarlija e poi al monumento eretto a Vuk Karadžić; da qui puntare la giungla di Slavija, con la fontana multicolore piazzata nel mezzo, e giù verso i palazzi governativi e quel che resta del “Generalštab” fino alla ex stazione dei treni, dove lo sguardo severo di Stefan Nemanja lo accompagna nella sfilata accanto al modernissimo quartiere di “Beograd na vodi” fino alla meritata pausa (fisiologica e amministrativa) nel deposito lungo la Sava… per poi ripartire, attorno all’anello più stretto che cinge la città, ancora una volta.
La prima linea grazie a Julka e Soko
Il tram è il mezzo di trasporto pubblico più antico di Belgrado: nell’ottobre del 1892 ne fu messa in funzione la prima linea, la quale collegava l’asse principale della città dal parco di Kalemegdan fino a Slavija. L’allora sindaco del comune di Belgrado, Milovan Marinković, firmò con la società “Pericles Cikos” di Milano, che deteneva il monopolio per l’illuminazione della città, un accordo atto alla fornitura di veicoli tram trainati da cavalli, a vapore, aria compressa ed elettricità; alle linee tranviarie che servivano i lavori e i bisogni più umili venne assegnata la trazione a cavallo, mentre sulle linee volte al trasporto merci e che si rivelavano in miglior stato fu utilizzata la trazione a vapore; particolare curioso, il tiro con i cavalli venne spesso usato anche per accompagnare i defunti al camposanto.
La capitale della Serbia diventò così una delle cinque città al mondo ad avere questo privilegio, al pari di Londra, Parigi, Berlino e New York. Al tempo il tram viaggiava ad una velocità di 5-7 km/h ed era trainato da due cavalli (Julka e Soko i loro nomi secondo le cronache del tempo); non erano previste fermate o stazioni e a chi aveva bisogno di un passaggio bastava fare un cenno con la mano o alzare l’ombrello.
In verità non si aspettò poi molto per l’apparizione dei tram elettrici; la costruzione della centrale elettrica fu completata nell’agosto del 1893 e prima dell’inizio dell’estate del 1894 il primo tram elettrico fu messo sui binari, riflesso del progresso della civiltà e simbolo della moderna società europea. A quel tempo, Belgrado si mise al pari di altre capitali europee ed entro la fine del 1905 tutte le linee furono elettrificate. Nel 1912 la città contava 8 linee di tram, che trasportarono quell’anno un totale di 7.500.000 passeggeri. Fu salutato con clamore nel novembre del 1935 il primo tram “al di là del fiume” che collegava il sobborgo di Zemun a Belgrado, mentre dopo la devastazione e la ricostruzione seguita alla Seconda guerra mondiale, alla fine degli anni cinquanta con la ormai massiccia concorrenza di filobus e autobus il tram perse la sua unicità e il monopolio del trasporto urbano.
La “lumaca” di Belgrado
Il “dvojka” è la linea di tram più lenta della capitale serba e viaggia in media a 12 km/h sebbene in alcuni tratti raggiunga anche una velocità di 40 km/h; suoi nemici sono i pedoni, le auto parcheggiate vicino alle rotaie, alcune curve strette, la vicinanza delle rotaie ai marciapiedi e ben 18 semafori, i quali ne rallentano decisamente la marcia assieme a frequenti guasti o piccoli incidenti che si verificano, non di rado, nel traffico sempre più caotico di Belgrado.
Il tram n.2 non ha una stazione di partenza o di arrivo e salirci su, in entrambe le direzioni, porta sempre allo stesso punto. Il tragitto tocca alcune tra le più interessanti zone di Belgrado e può essere, perché no, un’alternativa al classico “sightseeing” per avere un primo assaggio della città al prezzo modico di 80 centesimi di euro. La linea non è ancora stata raggiunta dalla modernità rappresentata da nuove vetture e locomotive e su di essa circolano quasi esclusivamente delle vecchie carrozze acquistate, alla fine degli anni ’70, dall’allora Cecoslovacchia.
Il “krug dvojke”
Fin da subito il percorso del “dvojka”, che collegava quindi i quartieri poveri di Dorćol con la magnifica “Knez Mihailova” e accorciava il tragitto che si doveva fare passando lungo la via “Kralja Petra” tra artigiani, mercanti e la massa diretta verso la sponda del Danubio, diede vita a un circolo chiuso nella capitale: tutto ciò che era al di fuori e al di là di questo giro o cerchio (“krug”) era considerata periferia lontana, mentre tutto ciò che lo circoscriveva diventò il nucleo urbano, quello che oggi viene appunto chiamato centro città. Il “krug dvojke” (giro del due) delineava il confine immaginario tra l’élite cittadina e il popolino e rappresentava perfettamente la mentalità urbana snob del periodo; farne parte definiva uno status, creava affiliazione e qui si trovava l’habitat dell’élite culturale, basti pensare che prima della Seconda guerra mondiale ad alcuni tra i più umili lavoratori era proibito vendere la merce nei confini interni della stessa linea.
L’appellativo essere del “krug dvojke” continuò durante tutto il secolo scorso a rappresentare un certo tipo di società intellettuale, liberale, critica e lontana dal conformismo e dalle idee della massa, e fu proprio da chi apparteneva e viveva dentro a questo ‘giro’ che negli anni ’90 del secolo scorso si levarono aspre critiche al regime di Slobodan Milošević. A questo proposito, secondo l’attore serbo Nikola Djuričko, l’appartenere al “krug dvojke” in quei drammatici anni assunse addirittura un tono diverso, peggiorativo , volto a sminuire le persone che avevano idee e opinioni contro il regime: “Negli anni ‘90 il governo ha avuto l’idea di screditare gli intellettuali, le persone che erano contro la guerra e contro il regime di allora. Sia allora che oggi si ha molta paura delle persone che hanno un’opinione libera, che sono critiche nei confronti del governo e non solo del governo, e argomentano le loro opinioni. Se vogliamo dei ‘krug dvojke’ esistono anche a Niš, Valjevo, Užice, Čačak, in tutte le città… È insomma un’etichetta negativa che ti affibbiano per dire che rappresenti l’opinione di una manciata di snob del centro città”.
Lo scrittore e pubblicista Muharem Bazdulj crede che la stessa espressione si rifaccia a una certa nostalgia del tempo in cui Belgrado non era ancora una città di quasi due milioni di abitanti: “A quel tempo c’era l’idea che il centro economico (čaršija) avesse una sola voce. Tale etichetta per alcuni è un distintivo di appartenenza mentre per altri è ciò che rifiutano. Coloro che odiano il “krug dvojke” si escludono dall’idea di Belgrado e dicono – loro sono Belgrado e noi no. Quelli che ne fanno parte invece dicono – noi siamo la vera Belgrado e voi no. In un certo senso è l’incarnazione stessa della transizione di Belgrado da città a metropoli, quando non esiste più solo una e unica opinione”.
Che il “krug dvojke” rappresenti anche e soprattutto uno spazio di libertà, ne è convinta la giornalista Suzana Zlatanović: “Mi pare che di questo fenomeno per primi ne abbiano parlato gli ascoltatori di ‘Radio B92’ negli anni ‘90. Non so se significhi ancora qualcosa oggi, soprattutto per le giovani generazioni che vanno a ballare sui locali al di là del fiume, questo ‘giro’; oltre ad essere uno spazio di libertà, secondo me, il ‘krug dvojke’ esiste ovunque dove c’è dell’arguzia, una cosa che ritengo estremamente importante e preziosa”.
L’hotel Dvojka
Al giorno d’oggi la linea n.2 ha perso la sua centralità e importanza commerciale negli affari cittadini e nonostante Dorćol rimanga il nucleo storico di Belgrado, il quartiere non rappresenta già da molto la locomotiva economica della città; segnali inequivocabili dei tempi che cambiano sono i nuovissimi autobus ecologici “EKO 2” , i quali sembra vogliano prendere il posto dello stesso “dvojka” e di cui ne ricalcano quasi il ‘giro’, accompagnando ora i belgradesi a fare shopping nel più grande centro commerciale dell’intera regione balcanica situato nel nuovo quartiere di “Beograd na vodi”. Questa marginalità, sempre più pronunciata, dal vivo del commercio e della vita sociale in generale della città ha trasformato la linea del “2” nel tram preferito dagli strati più poveri della società, i quali trovano qui un riparo soprattutto nelle fredde giornate invernali; grazie alle corse che iniziano prima dell’alba la mattina e continuano senza sosta fino alla mezzanotte non è raro incontrare nelle sue carrozze scalcagnate senzatetto, disoccupati, alcolizzati, mendicanti che dormono, mangiano e bevono quasi indisturbati in vagoni spesso sporchi e puzzolenti, benché ancora magicamente ben riscaldati, e trasformano il “dvojka”, come racconta un documentario di qualche anno fa, nel proprio personale “Hotel”.
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