Serbia, coronavirus e autocrazia
La pandemia del virus Covid-19 rischia di essere utilizzata dalle autorità serbe per violare la Costituzione, violare le leggi e tentare anche formalmente di introdurre la censura. Il tutto manipolando la paura dei cittadini
La Serbia è entrata nella quarta settimana di stato di emergenza, proclamato lo scorso 15 marzo, e nella sesta settimana da quando, secondo i dati ufficiali, nel paese è stato individuato il paziente zero. L’Unità di crisi per il contenimento della diffusione del virus, composta da medici, ogni giorno informa i cittadini sull’andamento della pandemia e sui numeri di contagiati e morti, mentre il presidente Aleksandar Vučić si rivolge alla popolazione più volte alla settimana.
I cittadini sono perlopiù concentrati sulle notizie riguardanti la pandemia, la paura del virus, l’acquisto di alimenti reso più difficile da restrizioni imposte alla libertà di movimento, il rispetto delle procedure di contenimento di emergenza consigliate dagli epidemiologi, e sono in pochi a preoccuparsi del fatto che il governo abbia violato altre procedure, non meno importanti, agendo in modo non conforme alle leggi e alla costituzione.
La dubbia legittimità della dichiarazione dello stato di emergenza
Contrariamente alla legge che prevede che solo il parlamento serbo possa approvare l’introduzione dello stato di emergenza, lo scorso 15 marzo il presidente Vučić ha proclamato lo stato di emergenza nazionale in presenza della premier Ana Brnabić e della presidente del parlamento Maja Gojković.
Prima dell’introduzione dello stato di emergenza in Serbia era in corso la campagna elettorale per le elezioni politiche, inizialmente previste per il prossimo 26 aprile, e il partito di governo (Partito progressista serbo, SNS) aveva già avviato un’ampia campagna di raccolta firme per la presentazione della lista elettorale. Durante una conferenza stampa, tenutasi alla fine di febbraio, un medico ha dichiarato che il nuovo coronavirus è “il virus più ridicolo della storia dell’umanità” e che donne colpite dal virus tendono a presentare sintomi più lievi grazie agli estrogeni per cui, stando alle parole del medico, potevano tranquillamente andare a fare shopping a Milano. Nel corso della stessa conferenza stampa, il presidente Vučić ha consigliato ai cittadini di consumare avocado e rakija per prevenire il rischio di contagio.
Poi all’improvviso la situazione è cambiata e il presidente ha spiegato che il parlamento non può riunirsi a causa dell’epidemia di coronavirus, che però in quel momento non era ancora stata ufficialmente proclamata. Paradossalmente, lo stato di emergenza è stato introdotto quattro giorni prima dell’approvazione dell’ordinanza sulla proclamazione dell’epidemia del 19 marzo.
Con l’introduzione dello stato di emergenza e con la sospensione dei lavori del parlamento, tutto il potere decisionale è stato concentrato nelle mani del partito di governo. Seguendo le raccomandazioni dell’Unità di crisi, il governo serbo ha introdotto alcune misure contraddittorie e non conformi alle leggi e norme vigenti.
Misure selettive
Con l’ordinanza sul divieto di assembramenti in spazi chiusi, sono stati chiusi asili nido, scuole, teatri e cinema, poi anche ristoranti, mentre le sale giochi e scommesse sono rimaste aperte più a lungo, chiudendo solo qualche giorno fa.
L’ultima misura di restrizione della libertà di movimento introdotta dal governo prevede il divieto di assembramenti di più di due persone nei luoghi pubblici. Allo stesso tempo, ai datori di lavoro è stata lasciata libera scelta su come organizzare il lavoro. Chi ne ha la possibilità, ha adottato lo smart working. Tuttavia, il divieto di assembramenti non riguarda le aziende, che continuano a lavorare ma spesso non forniscono ai propri dipendenti i dispositivi di protezione necessari. In alcuni casi i lavoratori hanno smesso di lavorare, protestando per la mancanza di mascherine e prodotti disinfettanti.
Nonostante le dure sanzioni previste, e già applicate, per chi viola le misure adottate nell’ambito dello stato di emergenza, le autorità non sono intervenute quando qualche giorno fa un gruppo di fedeli si è riunito davanti a una chiesa a Novi Sad, dove tutti hanno ricevuto la comunione dallo stesso cucchiaino.
Decisioni caotiche
Anche l’ordinanza sulle limitazioni e sul divieto di movimento è stata emanata in modo non conforme alla legge. Alcuni giuristi hanno fatto notare che un provvedimento di questo tipo può essere approvato solo dal parlamento o, in circostanze eccezionali, dal governo. Tuttavia, l’ordinanza in questione è stata emanata dal ministro dell’Interno ed è stata più volte modificata. Il coprifuoco, introdotto dall’ordinanza, dura dalle 17:00 alle 05:00 nei giorni feriali, mentre nel fine settimana l’orario cambia, e l’ultima modifica prevede il divieto di uscire di casa dalle 13:00 di sabato alla 05:00 di lunedì.
Ai cittadini con più di 65 anni è consentito uscire di casa solo il sabato (fino alla settimana scorsa potevano uscire la domenica) dalle 04:00 alle 07:00 esclusivamente per andare a fare la spesa nei negozi aperti appositamente. Anche gli orari in cui è possibile portare a passeggio il cane cambiano in continuazione, solo la durata consentita della passeggiata è rimasta invariata: 20 minuti al massimo, con l’obbligo di non allontanarsi più di 200 metri dalla propria abitazione.
Chi non segue regolarmente le notizie rischia di violare le limitazioni di movimento senza saperlo. Ad aumentare ulteriormente la confusione legata alle costanti modifiche delle regole sono i ripetuti annunci sulla possibile introduzione del divieto assoluto di uscire di casa per diverse settimane.
Le misure adottate per fronteggiare l’emergenza di solito vengono rese note dal presidente Vučić durante le conferenze stampa trasmesse in diretta da tutte le emittenti televisive nazionali. Ogni volta che appare in pubblico Vučić approfitta dell’occasione per minacciare i cittadini “disobbedienti”, per implorare i pensionati di non uscire di casa, per vantarsi di essersi impegnato personalmente per l’acquisto di nuovi respiratori e per attaccare gli esponenti dell’opposizione che, su quei pochi media indipendenti che danno spazio alle loro opinioni, criticano alcune decisioni del governo.
La censura e l’arresto di una giornalista
Lo scorso 28 marzo il governo serbo ha approvato un provvedimento sull’informazione durante la pandemia, che prevede che solo la premier e i soggetti autorizzati dall’Unità di crisi possano rendere note le informazioni sull’emergenza sanitaria in corso. Chi pubblica un’informazione resa nota da un “soggetto non autorizzato” rischia di essere punito con una delle sanzioni introdotte nell’ambito dello stato di emergenza. Le associazioni dei giornalisti serbi e una parte dell’opinione pubblica hanno protestato contro questo provvedimento, che ha di fatto introdotto la censura, ma il governo si è giustificato affermando che lo scopo del provvedimento era quello di contrastare la diffusione di notizie false.
Ben presto hanno iniziato a emergere i primi effetti del provvedimento. Lo scorso 1 aprile la giornalista del portale Nova Ana Lalić è stata arrestata a causa di un articolo in cui ha denunciato le condizioni pericolose in cui lavorano i medici e gli operatori sanitari del Centro clinico della Vojvodina (KCV) a Novi Sad. Sulla base della denuncia sporta dal KCV – che ha smentito quanto riportato nell’articolo – la procura ha disposto un fermo di 48 ore nei confronti della giornalista, mentre la polizia ha perquisito il suo appartamento, sequestrando il suo computer e due cellulari.
Ana Lalić è stata rilasciata all’indomani dell’arresto, e lo stesso giorno la premier Ana Brnabić ha fatto sapere di aver deciso di ritirare il controverso provvedimento su richiesta del presidente Vučić. Sembra tuttavia che a spingere la premier a ritirare il provvedimento siano state le reazioni di associazioni dei giornalisti serbi e di varie organizzazioni internazionali che hanno duramente criticato il provvedimento e la decisione di arrestare la giornalista.
In Serbia non solo i media indipendenti ma anche le organizzazioni non governative faticano a reperire informazioni di pubblico interesse. In questo momento non si sa con esattezza quanti respiratori ci siano negli ospedali serbi. Il presidente Vučić ha più volte parlato delle difficoltà nell’acquisto di respiratori. L’organizzazione Transparentnost Srbija (Transparency Serbia) ha ricordato una recente affermazione di Vučić, secondo cui la Serbia avrebbe già ordinato e pagato oltre 1000 respiratori. Tuttavia, tale informazione non si trova sul portale degli appalti pubblici, dove sono stati pubblicati solo alcuni documenti relativi a una gara d’appalto per l’acquisto urgente di 15 respiratori indetta nella prima metà di marzo.
L’emergenza coronavirus sfruttata per fare campagna elettorale
Invece di introdurre lo stato di emergenza, il presidente Vučić poteva proclamare la cosiddetta “situazione straordinaria”, prevista dalla Legge sulla prevenzione dei rischi in situazioni di calamità e di emergenza. Una delle differenze tra situazione straordinaria e stato di emergenza sta nel fatto che durante una situazione straordinaria il governo non può introdurre restrizioni ai diritti garantiti dalla costituzione.
La misura scelta dal presidente Vučić, cioè lo stato di emergenza, gli ha permesso di posticipare il termine ultimo per lo svolgimento delle elezioni politiche – che avrebbero dovuto svolgersi entro la fine di aprile – in modo da poterle indire in autunno, ovvero quando sarà terminato lo stato di emergenza. Al contempo, lo stato di emergenza ha permesso a Vučić non solo di dominare i media, su cui è costantemente presente, ma anche di continuare a condurre la propria campagna elettorale. Vučić sta approfittando della situazione per annunciare l’adozione di varie misure populiste, come la concessione di un aiuto una tantum di 100 euro a tutti i cittadini maggiorenni una volta terminato lo stato di emergenza.
Vučić ha concentrato tutto il potere nelle proprie mani; è lui a decidere quando i cittadini possono uscire di casa e quando invece possono portare a passeggio il cane; è grazie a lui se in Serbia arrivano i respiratori e altri dispositivi necessari per affrontare l’emergenza; solo lui ha il diritto di approvare o annullare una decisione del governo.
Il presidente ha additato come principali “responsabili” della diffusione del coronavirus in Serbia i gastarbeiter che, quando l’epidemia ha iniziato a diffondersi in Europa, sono tornati in Serbia portando con se il virus, mentre la premier ha dichiarato che il massiccio rientro di lavoratori serbi è stato un atto antipatriotico perché hanno appesantito il sistema sanitario serbo.
Nel frattempo, i cittadini serbi, intimoriti dall’epidemia e dalle notizie sull’aumento del numero di contagiati e morti, rispettano le misure introdotte dal governo e solo raramente, sui social network, mettono in discussione la loro legittimità. In Serbia negli ultimi otto anni, da quando Vučić è salito al potere, quasi tutte le istituzioni sono state distrutte, ed è sulle loro macerie che i cittadini serbi aspetteranno la fine della quarantena. Che ovviamente finirà quando lo deciderà il presidente Vučić.
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