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Scandalo Eulex: le rivelazioni reticenti

La missione europea in Kosovo è sott’accusa. Andrea Lorenzo Capussela spiega perché, per giudicarne l’operato, non si deve però limitarsi ad indagare le rivelazioni rilasciate dall’ex pubblico ministero Eulex Maria Bamieh

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Le gravi accuse che un ex pubblico ministero di Eulex, Maria Bamieh, ha recentemente mosso contro alcuni dei suoi colleghi e dei suoi superiori hanno riempito le pagine dei quotidiani kosovari, sono state discusse dal Parlamento europeo ed hanno portato l’UE a promuovere un’indagine indipendente. Proverò però a spiegare come quelle rivelazioni siano troppo selettive per essere d’aiuto ad analizzare quando fatto da Eulex e che quello di cui ora ci sarebbe bisogno è un’analisi approfondita ed estesa dell’operato di Eulex nell’esercitare le sue funzioni giudiziarie.

Considerate quest’esempio: A e B concordano una transazione con H e K; C l’approva; A e B danno istruzioni a X, Y e Z per compiere le necessarie azioni per implementarla. La transazione è però illegale e un pubblico ministero avvia delle indagini preliminari. Esistono prove documentali che descrivono l’accordo intercorso tra A-B e H-K, il consenso di C e le istruzioni consegnate a X-Y-Z e le azioni che questi ultimi hanno messo in pratica per implementare la transazione. Il pubblico ministero decide allora di avviare un’indagine formale. A carico di chi vi aspettereste fosse? E, ipotizzando che la transazione sia stata veramente illegale, chi, a vostro avviso, ha commesso i crimini più gravi?

Tenete a mente le vostre risposte e considerate anche il seguente: la transazione riguarda il trasferimento ad un’università privata di proprietà straniera – l’American University in Kosovo (AUK) – di un terreno di proprietà statale nei pressi della capitale del Kosovo, che era nel portfolio dell’agenzia di privatizzazione kosovara. Negli anni in cui l’accordo è stato concepito e in cui si è iniziato ad implementarlo, nel 2010-2011, A e B erano i ministri dell’Educazione e della Finanza del Kosovo: il primo è ora ministro degli Esteri e il secondo ambasciatore in Giappone. C era ed è ancora primo ministro del Kosovo. H e K erano il presidente dell’AUK e il vice-presidente dell’università privata: il primo un cittadino straniero, il secondo un kosovaro. Infine X,Y e Z sono (sei) direttori e funzionari dell’agenzia di privatizzazione e il consulente esterno assunto per valutare il terreno. Infine A-B e H-K hanno agito di concerto con D, che è morto nel 2012: D era il direttore e de facto boss indiscusso dell’agenzia di privatizzazione e il consulente economico informale di C, il primo ministro. X-Y-Z hanno agito sotto le istruzioni di D.

Il pubblico ministero incaricato del caso era Maria Bamieh, l’autrice delle recenti rivelazioni. La sua scelta è stata quella di puntare l’indagine solo su X, Y e Z. Lo so perché me lo ha detto lei.

Tra il 2008 e il 2011 ero infatti un membro del consiglio dei direttori dell’agenzia di privatizzazione e nel settembre 2010 ho ricevuto una serie di documenti ufficiali che descrivevano la transazione, i suoi dettagli, le sue origini e le persone coinvolte. Immediatamente dopo che il consiglio dei direttori ha approvato la transazione, nonostante le mie obiezioni, ho consegnato questi documenti ad Eulex, assieme ad un rapporto che sottolineava le ragioni per cui, a mio avviso, la transazione pareva illegale e rischiava di causare un significativo danno all’erario del Kosovo (potenzialmente 18 milioni di euro o lo 0.4% del Pil del 2010 o, in altri termini, 5000 volte il salario medio annuale in Kosovo; inoltre oltre all’erario i perdenti in quell’accordo furono i dipendenti dell’azienda privatizzata che era la proprietaria del terreno).

Quindici giorni dopo una lettera del procuratore capo Eulex per crimini gravi mi informava che la missione non avrebbe investigato sul caso, senza spiegare perché.

Poco dopo aver lasciato il Kosovo, nel giugno 2011, ho criticato in alcuni articoli pubblicati su Koha Ditore e su media internazionali (paywall) l’accordo AUK e l’inazione di Eulex ed ho nuovamente inviato i documenti in mio possesso ad Eulex, il cui capo procuratore per crimini gravi era nel frattempo cambiato.

Non ho ricevuto alcuna risposta dalla missione sino a quando, il 29 marzo 2014 Maria Bamieh – con la quale non avevo avuto alcun contatto sino ad allora – mi ha mandato una mail con la seguente richiesta:

“Ho preso in carico alcuni casi prima seguiti da altri pubblici ministeri [nella procura di Eulex per crimini gravi]. Vorrei parlarle e se necessario ricevere da lei una dichiarazione formale. Sto indagando su [seguono i nomi dei cinque casi]. Ho necessità di raccogliere prove il prima possibile perché il tempo sta scadendo”.

Tre dei casi riguardavano accordi di privatizzazione sui quali avevo molte informazioni, ma rispetto ai quali non avevo elementi seri per ritenere vi fossero delle malversazioni. Uno di questi è un caso – che coinvolge Azem Syla e la vendita di un altro terreno di proprietà statale – rispetto al quale la Bamieh ora afferma che le sue indagini sono state osteggiate dai suoi superiori. I restanti due dei cinque casi erano stati oggetto di relazioni che avevo consegnato a Eulex per stimolare indagini. Uno di questi è il caso AUK.

Ne è seguito uno scambio di e-mail e di telefonate. Maria Bamieh mi ha scritto che “tutto ciò di cui sono in possesso [relativamente al caso AUK] è ciò che lei ha inviato a [Eulex]”. Quindi le ho confermato il mio punto di vista su quei documenti e sulla transazione ed ho anche fornito una mia opinione sugli aspetti finanziari della questione. Lei poi mi ha chiesto di commentare la bozza della sentenza – un documento in otto pagine, che riassumeva prove e capi d’accusa – con la quale intendeva aprire un’indagine formale.

Che l’accordo AUK sia legale o illegale, è quindi documentato che Maria Bamieh ritenesse – almeno in quel momento – che nell’averlo ideato e condotto l’agenzia si era resa colpevole di alcuni crimini e che la Bamieh è arrivata a queste conclusioni esclusivamente sulla base dei documenti che io avevo fornito alla missione Eulex.

Quando ho espresso a Maria Bamieh le mie riserve sulla sua scelta di non indagare coloro che si erano accordati su quella transazione e che ne avevano beneficiato, mi ha risposto che aveva “bisogno di prove” contro di loro. Ma i documenti di cui era in possesso, al contrario, indicavano nel dettaglio i nomi, le decisioni prese e le azioni di ciascuno dei principali sospettati e la sequenza degli eventi suggeriva fortemente che anche loro – e non solo X-Y-Z – erano consapevoli che la transazione era illegale (radicalmente, a mio avviso). Le prove che aveva contro A-B-D-H-K, in altre parole, non erano più deboli di quelle che aveva contro X-Y-Z: erano esattamente le stesse prove. Questo è ciò che le ho scritto il 9 aprile scorso in una e-mail rimasta senza risposta. Ma la mia critica su quest’approccio selettivo nelle indagini ha portato ad una fine repentina dei nostri scambi.

E’ ovvio che Maria Bamieh era perfettamente legittimata ad ignorare le mie critiche. Ma aveva perlomeno il dovere di richiedere le informazioni e i documenti che erano in mio possesso sugli altri quattro casi di cui si stava occupando: informazioni e documenti che le avevo scritto di avere e di cui lei – con le sue stesse parole – “aveva bisogno il prima possibile” perché il tempo stava per scadere.

Quindi due serie di domande possono essere poste. Ad EULEX: 1) Perché un’indagine preliminare sui cinque casi è stata aperta solo qualche anno dopo i fatti? 2) Perché le mie relazioni su due di questi casi sono state ignorate nel 2010-2011 e resuscitate nel 2014?

A Maria Bamieh: 1) Perché riteneva che il tempo stesse scadendo? 2) Perché ha scelto di non indagare i personaggi chiave del caso AUK: è stata una sua scelta, o stava agendo dietro consiglio o istruzioni dei suoi superiori? 3) Perché non ha cercato di ottenere le informazioni e i documenti che le avevo comunicato di avere sugli altri casi? e 4) Cosa è stato più svantaggioso per il corso delle sue indagini: l’assenza delle informazioni e documenti che le ho offerto e che non ha voluto avere o il presunto ostruzionismo dei suoi superiori?

EULEX è probabilmente titolata a non rispondere alle due domande, poiché presumo che siano state avviate indagini formali e che siano ancora pendenti. Ma Maria Bamieh non è più parte della missione ed ha scelto di parlare: per cui io sostengo che ha l’obbligo morale di rispondere a queste quattro domande.

In particolare, Maria Bamieh ha sostenuto che il suo supervisore, Jonathan Ratel, ha ostacolato le sue indagini sul caso della vendita di terreni pubblici in cui era coinvolto il signor Syla: è stato lui ad impedirle di chiedere a me le informazioni che le avevo offerto sul caso? Allo stesso modo, in un’intervista a Koha Ditore , la Bamieh ha sostenuto che quando è stata sospesa dal suo incarico – ovvero, una dozzina di giorni fa – stava ancora lavorando sul caso AUK: che cosa ha fatto tra il 9 aprile, quando aveva redatto la sentenza che apriva le indagini e il periodo successivo? Chi era oggetto di quelle indagini: X-Y-Z, o anche i sospettati più importanti? Senza risposte plausibili a queste a alle altre domande che ho formulato sopra, un’ombra rimane sui motivi che hanno spinto Maria Bamieh a parlare e, dunque, sulla correttezza e la plausibilità delle sue accuse.

L’assenza di risultati da parte di EULEX è dovuta – come sostengo nel mio prossimo libro e in un paper sulla performance di EULEX (entrambi discussi in un commento pubblicato sul Guardian oggi) – a negligenza, incompetenza e una generale inclinazione a non disturbare l’élite politico-economica del Kosovo, che in parte coincide con l’élite criminale del paese. Questi problemi, a loro volta, sono legati alla debolezza della trasparenza interna e della supervisione esterna, e dall’insufficiente garanzia dell’indipendenza dei giudici e dei pubblici ministeri della missione.

Poiché la corruzione giudiziaria è tipicamente correlata a questi fenomeni, in astratto le accuse di Maria Bamieh sono plausibili. Tuttavia, il caso su cui lei si è concentrata in particolare – l’accusa della tangente di 300.000 euro pagata all’ex giudice EULEX Francesco Florit – non sembra convincente, in primo luogo perché due di quelli nell’interese dei quali la tangente era stata presumibilmente intascata erano stati chiamati a scontare una pena a 25 anni per omicidio dalla corte presieduta dal giudice Florit (devo ammettere che conosco personalmente il giudice Florit: si veda il post-scriptum).

E’ inoltre plausibile che, come sostenuto da Maria Bamieh, i funzionari senior di EULEX abbiano cercato di minimizzare i suoi rapporti su questi casi, senza dubbio sconvenienti per loro. Ma se, come sembra possibile, le relazioni della Bamieh non erano credibili, sarebbe stato saggio da parte dei funzionari EULEX essere cauti nella gestione di quelle informazioni. Per cui, se la Bamieh non fornisce risposte plausibili a queste domande, è imprudente dare credito alle accuse che fa contro i suoi superiori per non aver preso per vere le informazioni che lei ha rivelato loro.

E’ molto plausibile che, come sostenuto dalla stessa Bamieh, i capi di EULEX abbiano cercato di ostacolare e ridimensionare le indagini che colpivano membri di primo piano dell’élite kosovara, indagini che avrebbero turbato la stabilità politica del paese: inclusa l’indagine della Bamieh. Ma i casi su cui lei si concentra – il caso AUK e il caso della vendita di terreni pubblici che ha coinvolto il signor Syla, sembrano piuttosto suggerire un’auto-censura da parte del pubblico ministero (cioè la signora Bamieh), che ha rinunciato a raccogliere informazioni potenzialmente cruciali che erano invece a sua disposizione. Paradossalmente, infatti, il comportamento della signora Bamieh nel caso di cui non ha parlato, ovvero il caso AUK, è un ottimo esempio dei problemi che lei denuncia. Esattamente come altri suoi colleghi e superiori hanno fatto in altri casi – descritti nei paragrafi 2.1, 2.2, 2.4-2.6, 2.9, 2.10 e 2.15-2.17 del mio paper su EULEX – nel caso AUK (discusso nel paragrafo 2.3) lei ha indagato solo personaggi minori coinvolti, e ha scelto deliberatamente (nel periodo aprile-marzo) di non indagare i casi maggiori nonostante la presenza di prove credibili contro di essi. Questo, per esempio, è precisamente quello che il signor Ratel ha fatto in un troncone dell’indagine sull’infame caso sul traffico di organi (discusso qui  e nei paragrafi 2.16 del paper su EULEX).

In breve, qualunque sia il merito delle accuse di Maria Bamieh, esse sembrano troppo selettive per essere realmente pregnanti per un’analisi della performance di EULEX. La Bamieh è stata in missione per sei anni; ha gestito casi di corruzione e criminalità finanziaria, che tipicamente coinvolgono personaggi di alto-profilo; e adesso sostiene, testualmente che la missione “collabora con la mafia e i politici del Kosovo”: se fosse così, sono solo i pochi presunti episodi di corruzione e ostruzionismo rivelati dalla Bamieh gli unici degni di essere rivelati? Le sue rivelazioni sono inoltre passibili di generare confusione, perché distraggono l’attenzione dalle scelte di EULEX e dalla sua performance complessiva, che sono di dominio pubblico e formano una base sufficiente per articolare sia una critica del suo operato insoddisfacente sia un’interpretazione delle cause principali di questo fallimento.

Per questa ragione, indagare i casi che la signora Bamieh ha denunciato è una risposta insufficiente. Nel 2012 la Corte dei conti europea ha valutato la performance di EULEX nelle sue funzioni consultive, e ha pubblicato un rapporto credibile e piuttosto critico . Le funzioni giudiziarie erano però escluse dal mandato dei valutatori. Questo segmento di attività di EULEX non doveva essere vagliato con attenzione, perché è proprio lì che risiedono i peggiori fallimenti di EULEX ed è lì che la sua debolezza si manifesta nel modo più chiaro e dannoso.

Post scriptum. Conosco personalmente il giudice italiano accusato dalla Bamieh, il signor Florit. Tuttavia, non ho ragioni personali per difenderlo poiché ha commentato (privatamente) la mia critica (pubblica) ad un altro giudice italiano di EULEX, il signor Gianfranco Gallo, definendola come diffamazione irresponsabile (Gallo ha mosso una denuncia penale contro di me e il Tribunale di Milano ha sancito che le mie accuse contro il giudice Gallo – per quanto dure – erano legittime, ed ha respinto il ricorso). Questo mi consente di dire che, per quel che conosco del giudice Florit, sarei sorpreso del fatto che il giudice abbia accettato una tangente (se non altro perché gli manca completamente il senso dell’humour necessario ad intascare una tangente e poi spedire in prigione a 25 anni le persone che avrebbero dovuto essere protette da quello scambio di denaro).

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