Salvaguardare la storia
Nel 2010 è prevista la chiusura del Tribunale penale dell’Aja per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia. E’ in corso un ampio dibattito su dove collocare la vasta raccolta di documentazione accumulata nel corso di indagini e processi
Di Erna Mackic e Aida Alic da Sarajevo, 1 agosto 2007 – BIRN (tit. orig. Future of Hague Tribunal Archives Debated)
Traduzione a cura di Antonia Pezzani
In vista della chiusura nel 2010 del Tribunale dell’Aja per i Crimini di guerra nella ex-Jugoslavia, nei Balcani è in corso un dibattito sul futuro della vasta raccolta di documentazione accumulata nel corso delle indagini e dei processi.
Tra le associazioni locali che si occupano di diritti umani il consenso è ampio: gli archivi dovrebbero essere situati da qualche parte nella regione; diversi politici bosniaci e organizzazioni non governative hanno suggerito che sarebbe appropriato che il materiale fosse spedito in Bosnia. Ma il Justice Report di BIRN ha appreso da fonti governative interne bosniache che le autorità non hanno inoltrato alcuna richiesta ufficiale alle Nazioni Unite perché questo avvenga.
Allo stesso tempo, gli esperti locali avvertono che nessuno dei paesi della regione ha le strutture per salvaguardare un archivio di tale importanza storica.
Da quando il Tribunale dell’Aja ha aperto i battenti nel 1993, i suoi giudici hanno compilato 161 accuse per crimini commessi su territorio bosniaco, serbo, croato, kosovaro e macedone, di cui 106 sfociati in procedure processuali. Si sono pronunciati verdetti contro 68 individui, di cui 51 sono terminati con condanne.
Gli esperti affermano che il materiale accumulato nel corso di questo lavoro – incluse le deposizioni dei testimoni, le prove documentarie, le analisi degli esperti e le decisioni legali – è una risorsa inestimabile per la ricerca storica nei Balcani e per i più ampi temi della prevenzione del conflitto.
"Si parla di milioni di pagine, di migliaia di ore di materiali video e audio. Servono condizioni adeguate per l’archiviazione di una tanto corposa documentazione," ha dichiarato al Justice Report di BIRN il portavoce del tribunale, Refik Hodzic. Ha aggiunto che la posizione del Tribunale dell’Aja è quella di rendere accessibile questo materiale ad altri tribunali, a ricercatori e al pubblico generico.
La decisione definitiva sul destino di tale materiale spetta al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che, in quanto fondatrici del tribunale, hanno attualmente la proprietà degli archivi.
Hodzic ha affermato che un gruppo di lavoro che comprende lo staff del Tribunale dell’Aja, del tribunale ruandese ad Arusha e il Consiglio di Sicurezza, ha già preso in esame la questione, ma non si prenderanno decisioni definitive prima del 2010. Nel periodo immediatamente successivo alla chiusura del tribunale, ha aggiunto, l’archivio resterà presso le Nazioni Unite.
Le organizzazioni non governative nei Balcani che si occupano di questioni di diritti umani e di giustizia di transizione, sono generalmente favorevoli all’idea che l’archivio debba essere situato nella regione, benché ancora non vi sia accordo su quale stato dovrebbe ospitarlo.
Vesna Terselic, direttrice del Centro di documentazione per affrontare il passato di Zagabria, ha spiegato che tenere il materiale nella regione, in modo da renderlo accessibile a giornalisti, ricercatori e vittime, sarebbe una "soluzione corretta".
"Nella documentazione ci sono testimonianze preziose che dovrebbero essere accessibili al pubblico, se qualcuno volesse vederle," ha affermato la Terselic.
Natasa Kandic, direttrice del Centro per il diritto umanitario a Belgrado, afferma che una buona soluzione sarebbe quella di tenere gli originali dei documenti in un archivio centrale diretto da un ente indipendente, e di fornirne una copia a ciascuno stato della regione.
Quest’anno a metà giugno, il Centro per il diritto umanitario ha scritto ai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza proponendosi come candidato idoneo al lavoro di salvaguardia dell’archivio centrale.
Allo stesso tempo, numerosi politici bosniaci hanno espresso il desiderio di vedere l’archivio trasferito a Sarajevo.
Damir Arnaut – che lavora come consulente in questioni costituzionali e legali per il membro bosgnacco della presidenza della BiH, Haris Silajdzic – ha dichiarato al Justice Report di Birn che Silajdzic e il membro croato della presidenza Zeljko Komsic, in un recente incontro con il giudice capo del tribunale dell’Aja Carla Del Ponte, hanno entrambi espresso il parere che il materiale non dovrebbe essere trasferito in Serbia.
Alla discussione non ha partecipato Nebojsa Radmanovic, il membro serbo della presidenza, ha detto Arnaut.
Anche alcuni rappresentanti del ministero di Giustizia, in un recente incontro con gli investigatori del Tribunale dell’Aja, hanno espresso lo stesso desiderio di vedere gli archivi trasferiti in Bosnia, ha dichiarato un portavoce dello stesso ministero al Justice Report di Birn.
E la medesima posizione è stata presa anche dall’accusa bosniaca per i crimini di guerra, che ha però affermato che la decisione definitiva dipenderà dal Tribunale dell’Aja, dalle autorità bosniache e dalle autorità degli altri paesi della regione.
Arnaut ha confermato che, per ora, le autorità bosniache non hanno una posizione ufficiale sulla questione.
In dichiarazioni ai media locali, il funzionario bosgnacco delle relazioni con il Tribunale dell’Aja, Amir Ahmic, ha affermato che se le autorità locali desiderano che l’archivio venga trasferito in Bosnia, dovranno servirsi di canali diplomatici per ottenere questo risultato.
Sakib Softic, l’avvocato che ha rappresentato la BiH nella causa contro la Serbia di fronte al tribunale internazionale lo scorso anno, insiste sulla necessità di procedere in maniera ufficiale perché la Bosnia prenda possesso degli archivi. Ha sollecitato le autorità bosniache a presentare una richiesta ufficiale per la documentazione al Tribunale dell’Aja. Se gli archivi finissero da qualsiasi altra parte, ha detto, sarebbe "un’imperdonabile errore per i tribunali e anche per la Bosnia Erzegovina in quanto stato".
Anche Mirsad Tokaca, presidente del Centro di ricerca e documentazione di Sarajevo, è d’accordo: le autorità statali dovrebbero insistere per il trasferimento degli archivi in Bosnia. "La Bosnia Erzegovina sarebbe in grado di fare ogni cosa necessaria per l’archiviazione adeguata della documentazione" ha detto Tokaca.
Ma gli archivisti contattati dal Justice Report di Birn suggeriscono che nessuno degli stati dell’ex-Jugoslavia ha effettivamente strutture adeguate per l’archiviazione di una mole di documentazione di tale importanza.
Sasa Madacki, direttore del Centro per i diritti umani dell’Università di Sarajevo e membro dell’Associazione dei bibliotecari slavi, ha detto al Justice Report di Birn che l’archivio statale bosniaco è "quasi al limite e manca personale".
Anche le strutture disponibili a Zagabria, Belgrado e Lubljana sono al momento inadeguate, ha sottolineato, e non ci sono organizzazioni non governative nella regione con i mezzi per assumersene l’impegno.
"Magari si dovrà costruire un nuovo edificio o ricostruirne uno già esistente per garantire le misure di sicurezza, le attrezzature, il database, la formazione dello staff," ha detto Madacki, sottolineando l’importanza e l’unicità dei documenti in questione.
Arnaut ha descritto l’apparente carenza di strutture un "problema tecnico", insistendo che "anche se ci mancano le condizioni adeguate, possiamo crearle".
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