Sali Berisha torna al potere
Conclusosi anche il secondo turno elettorale del 21 agosto, dopo otto anni di governo a guida socialista, Sali Berisha torna al potere. Fatos Nano, premier uscente, lascia la presidenza del partito
Dopo otto anni all’opposizione il Partito democratico di Sali Berisha governerà l’Albania per i prossimi 4 anni. Il partito di Berisha ha vinto le elezioni del 3 luglio e si è aggiudicato anche il secondo turno svoltosi il 21 agosto.
Secondo i dati ufficiali della Commissione Elettorale Centrale la nuova coalizione di destra ha 81 seggi contro i 59 dei partiti di sinistra guidati dal Partito Socialista del primo ministro uscente Fatos Nano.
Il parlamento albanese ha complessivamente 140 seggi, 100 dei quali si assegnano secondo il sistema maggioritario e i rimanti 40 secondo il sistema proporzionale. Il Partito Democratico ha vinto 56 seggi nel sistema maggioritario, mentre il partito socialista 42. I restanti due seggi sono andati ad un candidato indipendente ed al nuovo partito "Movimento Socialista per l’Integrazione" dell’ex primo ministro socialista Ilir Meta, che si è staccato dal Partito socialista un anno fa. Nel sistema proporzionale gli alleati di destra di Berisha hanno ottenuto 24 seggi, mentre quelli di Fatos Nano 12. Gli altri 4 seggi andranno al partito di Meta.
Il nuovo parlamento albanese sarà dominato dalla presenza maschile, le donne avranno solo 10 seggi. Tuttavia per la prima volta nella storia del paese il presidente del parlamento sarà una donna: Josefina Topalli, vice presidente del Partito Democratico.
Su proposta della coalizione vincente, il Presidente della Repubblica, il 3 settembre, ha dato l’incarico di nuovo primo ministro albanese a Sali Berisha. Il neo premier presenterà durante questa settimana la composizione del nuovo governo che verrà poi votato al parlamento.
Sali Berisha è stato il primo presidente della repubblica dopo le elezioni democratiche nel 1992, seguite alla caduta del regime comunista. Berisha fu costretto a lasciare il potere nel 1997, quando il paese piombò nel caos più totale durante il quale la popolazione perse circa 1.2 miliardi di $ con lo scandalo delle piramidi e i disordini causarono quasi 3.000 morti.
Prima della sua recente nomina Berisha aveva allargato la base della sua coalizione, facendo dei patti post-elettorali con il Partito Agrario Ambientalista ed il Partito dell’Unione per i Diritti dell’Uomo (della minoranza greca). Due partiti che avevano partecipato alla gara elettorale come alleati del partito socialista di Fatos Nano.
Secondo gli accordi che Berisha ha siglato con gli alleati, il Ministero della difesa andrà al Partito Repubblicano, quello dell’educazione al piccolo partito dei "Democratici Riformisti", quello dell’ambiente al Partito Agrario, quello del lavoro e degli affari sociali al Partito per i Diritti Umani. I posti più importanti, come il Ministero dell’interno, degli affari esteri, la presidenza del parlamento, saranno del Partito Democratico.
Tra gli obbiettivi del nuovo governo, come dichiarato dallo stesso Berisha, ci sarà la riduzione delle spese del budget dello stato, (il nuovo governo avrà 14 ministri al posto dei 18 del governo socialista), la riduzione delle tasse, della povertà, della corruzione – che secondo le parole di Berisha "è stata trasformata in sistema dal potere socialista" – e la lotta contro il crimine organizzato.
Per quanto riguarda la politica estera, Berisha ha individuato come sue priorità l’ingresso dell’Albania nella NATO e nell’Unione Europea. Subito dopo le elezioni, Berisha si è soffermato anche sulla questione del Kosovo. In una sua dichiarazione rilasciata il 6 di luglio al quotidiano "Korrieri", Berisha ha detto che "è nell’interesse della stessa Albania trasformare tutti albanesi della regione in un fattore di pace e di stabilità". Secondo il neo primo ministro "il Kosovo deve garantire il rispetto dei diritti delle minoranze, e non c’è altra via che quella della collaborazione tra serbi ed albanesi".
Berisha ha sottolineato che un Kosovo indipendente sarebbe molto importante per la pace e la stabilità della regione, spiegando che l’indipendenza del Kosovo deve essere raggiunta con l’assistenza della comunità internazionale e considerando dall’altro lato l’importanza dei negoziati tra Pristina e Belgrado. In questo aspetto il neo primo ministro albanese Berisha vede il ruolo dell’Albania non "come un intermediario, ma come assistente al processo in corso, insistendo allo stesso tempo sull’adempimento degli standard in Kosovo".
Berisha esprime la sua idea che solo il riconoscimento delle frontiere attuali, incluse quelle internazionali del Kosovo, potrà garantire la stabilità nella regione. Berisha inoltre non ha mancato di sottolineare la stretta collaborazione con gli USA, e a dimostrazione di ciò ha dichiarato che il suo governo stanzierà 300.000 $ di aiuti per il disastro di New Orleans, inviando anche medici ed infermieri.
Il 1° settembre, dopo la dichiarazione ufficiale dei risultati delle elezioni da parte della Commissione Elettorale Centrale, che sanciva la sconfitta dei socialisti dopo otto anni di governo, Fatos Nano ha annunciato le dimissioni dalla carica di Presidente del Partito Socialista, posizione mantenuta sin dalla nascita del partito nel 1991. Fatos Nano ha dichiarato inoltre che queste elezione sono "politicamente inaccettabili e manipolate dal Partito Democratico". Nano ha accusato anche le divisioni interne al Partito Socialista come fattori che hanno influito sulla sconfitta elettorale. Il Partito Socialista eleggerà il suo nuovo leader in un congresso straordinario questo autunno.
L’OSCE a Tirana ha giudicato le elezioni generali come "un passo in avanti, ma solo parzialmente sono riuscite a raggiungere i livelli internazionali richiesti per le elezioni libere ed oneste". Le liste degli elettori, i documenti d’identificazione, un sistema elettorale complicato che permette alleanze elettorali fasulle che non rispecchiano la volontà dell’elettorato, erano tra i punti deboli di queste elezioni. Il raggiungimento degli standard elettorali è sempre stata una delle richieste più forti fatte all’Albania dalla comunità internazionale in prospettiva della sua adesione alle strutture euroatlantiche.
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