Saakashvili, la fine dello sciopero della fame
Continua la vicenda di Mikhail Saakashvili, ex presidente georgiano e segretario dell’UNM all’opposizione, in carcere dal suo ingresso illegale nel paese. Dopo il recente collasso e il trasferimento in nuovo carcere Saakashvili ha finalmente interrotto lo sciopero della fame
Hanno continuato a infuriare per settimane le polemiche legate alla vicenda carceraria di Saakashvili. Nonostante le critiche seguite alla pubblicazione dei filmati di Saakashvili in carcere e i richiami a tutelare la sua dignità e privacy, il Servizio Penitenziario ha reso disponibile un nuovo video in cui si vede Saakashvili trascinato dall’ingresso all’ambulatorio della prigione di Gldani. Sei uomini per trascinarlo, una ventina in tutto ad assistere alla scena. Il filmato consegna la poco edificante immagine dell’ex presidente georgiano che nella lotta perde la maglia, che inveisce, e che scaglia una rabbia indomita contro l’ambulatorio medico.
Manca la parte in cui, secondo Saakashvili, lui sarebbe stato più volte colpito, dall’ambulanza all’ingresso. Si nota che il video non è una registrazione integrale. Di nuovo l’ex presidente non ha potuto presenziare al suo processo.
Infine il 18 novembre Saakashvili è collassato. Dopo un incontro con i suoi avvocati ha perso conoscenza ed è stato portato nella terapia intensiva dell’ospedale penitenziario, dove è stata verificato il suo stato di ipertensione. Con una sua permanenza in una struttura non pienamente attrezzata sempre più insostenibile, il ministero di Giustizia ha proposto il trasferimento nel carcere militare di Gori. Saakashvili ha accettato il 19 novembre, cinquanta giorni dall’inizio dello sciopero della fame, e ha deciso di interromperlo in quella struttura che ha ricordato orgogliosamente di aver edificato durante la propria presidenza.
La Corte Europea
Il 10 novembre la Corte Europea per i Diritti Umani aveva emesso una “misura temporanea” in risposta a un appello presentato da Saakashvili per essere spostato in un ospedale non penitenziario. Lo strumento della misura temporanea viene adottato quando si teme che possa accadere al soggetto un danno irreparabile. La Corte ha sollecitato Saakashvili a interrompere lo sciopero della fame mentre il governo georgiano entro il 24 novembre deve fornire informazioni sul suo stato di salute, sui trattamenti a cui è stato sottoposto, e su quali trattamenti sono disponibili dove è recluso. Secondo la Corte il governo georgiano è tenuto a garantire la salute e la sicurezza del detenuto Saakashvili. L’ex presidente georgiano aveva già preannunciato che in caso di trasferimento avrebbe cessato lo sciopero della fame.
Le proteste
La mobilitazione dei sostenitori dell’ex presidente e di quanti sostenevano fosse necessario un suo spostamento è stata permanente. Durante una delle manifestazioni tenutesi a Tbilisi circa 46 persone sono state arrestate. I blocchi di auto sono stati rimossi, e la polizia in assetto anti-sommossa ha minacciato di caricare e di usare i cannoni ad acqua, qualora i manifestanti avessero dovuto bloccare il centro della capitale.
Non si sono registrati incidenti, e il Movimento Nazionale Unito (MNU) ha tentato di raccogliere consenso presentandosi come una forza di opposizione mobilitata ma responsabile e non violenta.
Oltre ai sostenitori del presidente, si è allungata la lista di quanti si sono esposti per il trasferimento del Saakashvili, molti dei quali precisando di non essere mossi da interessi partitici, ma nell’interesse della Georgia, della sua immagine, delle garanzie che dimostra di saper fornire ai detenuti. Fra questi l’Unione Georgiana delle Associazioni Mediche . Fra i medici firmatari anche il nome prestigioso di Vazha Gaprindashvili, dottore ed eroe della guerra, poi fermato e incarcerato in Ossezia del Sud nel 2019, episodio che aveva causato una grande mobilitazione in Georgia.
Si sono rivolti con un appello alla Presidente della Repubblica più di cento figure dell’arte, della musica, dello spettacolo del paese. La Presidente Salomè Zurabishvili è stata una co-rivoluzionaria al fianco di Saakashvili, da cui però aveva preso nettamente le distanze, tanto da intitolare il libro che ha scritto sugli anni dell’Amministrazione Saakashvili e della guerra “La Tragedia Georgiana, 2003-2008”.
Si era allungata anche la lista di quanti erano entrati in sciopero della fame. Oltre a Elene Khostaria nove membri del Movimento Nazionale Unito.
All’interno della potente e influente Chiesa ortodossa, si sono distinte posizioni diverse. Se da un lato il Patriarca Ilia II ha esortato Saakashvili a interrompere lo sciopero della fame, dall’altra il Vescovo Nikoloz (Pachuashvili) delle diocesi di Akhalkalaki, Kumurdo e Kars è stato duramente redarguito per aver visitato Saakashvili in carcere, per essersi speso per una riconciliazione, e per aver paragonato il suo sciopero della fame al digiuno cristiano. Il Patriarcato ha ammonito il Vescovo dicendo che il digiuno è proprio dei penitenti, mentre lo sciopero della fame è un atto di protesta politica che tradisce l’assenza di coscienza dei propri peccati, e senza un atto di pentimento non ci può essere riconciliazione.
Internazionalizzazione
La questione Saakashvili si è internazionalizzata sempre di più. In primis c’è stato l’obbligato interessamento ucraino. Saakashvili è cittadino ucraino, e in più occasioni l’assistenza anche legale che questa condizione gli dovrebbe garantire non è stata resa possibile dal regime carcerario impostogli da Tbilisi. Il presidente Volodymyr Zelensky ha personalmente telefonato al primo ministro Garibashvili per sollevare la questione e sollecitare l’applicazione delle norme di tutela internazionali.
Anche i membri del Parlamento europeo che si erano interessati alla questione Saakashvili non sono stati ammessi all’incontro con l’ex presidente. L’interessamento europeo, ma anche americano, sono stati tutto meno che ben accolti a Tbilisi. Irakli Kobakidze, segretario del Sogno Georgiano non ha usato mezzi termini per quelle che sono state apertamente considerate indebite ingerenze: “D’ora in poi, quando valuteremo i passi dei nostri partner stranieri, saremo guidati dal principio fondamentale riflesso in questa dichiarazione: lo stato georgiano non coopererà con chi, a causa di pregiudizio politico nei confronti dei criminali, non riconosce la nostra piena sovranità… Ogni tentativo di screditare il sistema giudiziario georgiano ha un unico obiettivo: la protezione dei criminali e il tentativo di proteggerli dalla giusta punizione per i crimini che hanno commesso in passato o che commetteranno in futuro. Non possiamo rimanere indifferenti nei confronti di questi tentativi e di quei partiti, di quei media, di quelle organizzazioni non governative e di quei lobbisti stranieri che li sostengono.”
La questione del trattamento dei carcerati era stata a suo tempo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso dell’insoddisfazione contro il Movimento Nazionale Unito e contribuito notevolmente a portare al potere il Sogno Georgiano. Sembra che oggi, da dentro il carcere, Saakashvili abbia usato la stessa carta contro chi l’ha a suo tempo spodestato. E la partita non è ancora finita. Lo sciopero della fame, per il momento, sì.
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