Rotta balcanica: la de-umanizzazione e la realtà del confine
Una tesi di master che pone l’attenzione sulla costruzione dei significati relativamente alla “rotta balcanica" tra Bosnia Erzegovina e Croazia
Un graduale processo di securitizzazione e l’accordo del marzo 2016 tra Unione Europea e Turchia ha comportato la progressiva deviazione delle rotte migratorie lungo la penisola balcanica. La Bosnia Erzegovina, in particolare, ha registrato solo nella prima metà del 2018 un flusso migratorio venti volte maggiore rispetto all’anno precedente. Retoriche di una nuova “crisi dei rifugiati” e di una seconda “Rotta Balcanica” hanno presto raggiunto l’attenzione di media locali e internazionali. In questo contesto geopolitico, la tesi ha l’obiettivo di analizzare lo sviluppo dei discorsi legati alle migrazioni che hanno raggiunto il confine bosniaco-croato tra il 2018 e il 2019.
In principio, l’analisi comparata di reports e articoli delle principali organizzazioni internazionali e ONG presenti nel territorio permette di delineare gli aspetti cruciali che definiscono la concreta realtà del confine. Il quadro teorico e metodologico in cui l’analisi dei discorsi sulla migrazione viene sviluppata si basa sulla teoria critica del discorso formulata da Ernesto Laclau e Chantal Mouffe, secondo cui le dinamiche di una realtà sociale vengono interamente dettate dalle articolazioni politiche di discorsi egemonici e controegemonici. Inoltre, i concetti di potere, biopolitica e resistenza elaborati da Michel Foucault vengono qui integrati per approfondire le modalità attraverso cui la dimensione discorsiva ha un ruolo capitale nello stabilimento dei rapporti di potere dominanti, nonchè nel loro potenziale sovvertimento.
L’analisi critica dei discorsi che costituiscono la “Border Reality” impiega principalmente le 343 testimonianze di pushbacks dalla Croazia (o dalla Slovenia, in caso di pushbacks a catena) alla Bosnia-Erzegovina raccolte da Border Violence Monitoring Network tra il 2018 e il 2019. Le testimonianze orali offrono infatti un immediato punto di accesso ai discorsi impiegati dalle forze dell’ordine (discorsi egemonici), permettendo così di comprendere come le dinamiche socio-politiche che regolano la realtà del confine vengono direttamente influenzate dalle articolazioni retoriche che la dominano.
L’analisi dei discorsi riprodotti dalle testimonianze dimostrano infatti i diversi livelli discorsivi che hanno portato alla costante violazione di fondamentali diritti umani e d’asilo. Qui, alla periferia dell’Unione Europea, la retorica di un’ “immigrazione illegale” e la conseguente criminalizzazione del rifugiato, ampiamente riprodotta anche dall’ex Presidente croata Kolinda Grabar-Kitarović, implica la necessarietà di metodi estremi per proteggere l’UE dalla minaccia del fenomeno migratorio. La frontiera geografica tra la Croazia e la Bosnia Erzegovina rispecchia dunque un’organizzazione degli spazi sociali in un “dentro” europeo e civilizzato ed un “fuori” pericoloso e orientalizzato. L’umanità al confine viene quindi suddivisa secondo linee che rispecchiano una retorica del “noi” contro “l’Altro”, imbevuta di islamofobia, brutalizzazione e disumanizzazione. La gerarchizzazione degli esseri umani, come concepita dalla filosofa Judith Butler, viene portata alla luce dall’analisi nelle sue violente conseguenze: il perpetuo lavorio discorsivo svuota le vite al confine della loro umanità, le rende invisibili e non degne di essere preservate.
La decostruzione dei discorsi che si impongono come assoluti e oggettivi rivela tuttavia la possibilità di articolazioni differenti e affermative. Dall’ibridità dei margini di questa Europa che non è ancora Europa, emerge allora la resistenza di retoriche e soggettività, il cui orizzonte mira a una realtà di confine umana e solidale.
Tesi
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