Romania: tentativi di suicidio e scontro politico
Rischio di impeachment per il Presidente della Repubblica, tentativo di suicidio dell’ex premier Adrian Năstase ed un clima politico che diviene sempre più incandescente. In attesa delle elezioni politiche di novembre
In pieno anno elettorale, con elezioni politiche che si terranno nel prossimo novembre, il clima politico in Romania non poteva certo raffreddarsi. Tutt’altro, ora il caldo sta divenendo insopportabile. Giorno dopo giorno diviene sempre più duro lo scontro tra il Presidente Traian Băsescu e il governo in carica, guidato da Victor Ponta. Ma ai romeni non tocca solo questo.
Dopo aver assistito per oltre sette anni a litigi tra il capo dello Stato, il Partito Social-democratico (PSD) e il Partito Liberale (PNL), ultimamente lo scontro politico si è tinto del dramma.
Il tentativo di suicidio di Năstase
L’ex primo ministro della Romania Adrian Năstase (tra il 2000 e il 2004), nonché ex presidente della Camera dei Deputati, ex ministro degli Esteri e attuale presidente del Consiglio Nazionale del PSD ha tentato di suicidarsi sparandosi al collo.
Il tragico fatto è avvenuto mercoledì scorso nella sua casa a Bucarest mentre due poliziotti si preparavano a portarlo in carcere in seguito ad una sentenza emessa dall’Alta Corte di Cassazione. Năstase è stato infatti condannato in via definitiva per corruzione a due anni di carcere per aver raccolto illecitamente fondi per la campagna elettorale del 2004, quando si candidò alle presidenziali. In quell’occasione venne sconfitto da Traian Băsescu.
Năstase ed i suoi sostenitori hanno denunciato come “politica” la decisione presa dalla magistratura romena. ”Pago per il fatto di aver affrontato con coraggio in questi anni Traian Băsescu ed i suoi uomini”, ha dichiarato in passato Năstase.
L’ex primo ministro è accusato di aver raccolto 1,45 milioni di euro di fondi neri da aziende e uomini d’affari. Nell’ambito dello stesso processo altre cinque persone sono state condannate a sei anni di reclusione ciascuna per abuso di potere ai danni dell’interesse pubblico e hanno già cominciato a scontare la pena in carcere.
Le reazioni
La condanna dell’ex premier e stata uno choc per tutti. Nessuno si immaginava che Adrian Năstase, uno delle personalità politiche romene più importanti dopo la caduta di Ceauşescu, potesse essere arrestato. Năstase è una personalità complessa: è considerato uno dei migliori primi ministri dopo l’89, istruito, grande cacciatore, collezionista d’arte. Allo stesso tempo arrogante e il cui nome è stato più volte associato a fatti di corruzione. Oltre al processo conclusosi con la sua condanna a due anni di carcere, Adrian Năstase è coinvolto in altri due processi per corruzione, non ancora giunti a termine.
Il suo gesto estremo ha suscitato molto dibattito nel Paese. Un gesto considerato dai suoi sostenitori ”di coraggio” e di denuncia. Mentre l’ex premier è ricoverato da quasi una settimana presso l’ospedale Floreasca della capitale Bucarest i suoi colleghi del Partito Social-democratico (PSD) – attualmente al governo assieme ai liberali – e molti giornalisti amici lo hanno difeso sulla stampa e in TV, presentandolo come una vittima del presidente Băsescu che controllerebbe la giustizia romena.
Un gesto estremo però da altri criticato, argomentando che il vero gesto di coraggio sarebbe stato assumersi le proprie responsabilità e scontare la pena in carcere. I primi critici di Năstase arrivano dal Partito Democratico Liberale (PDL), da poco all’opposizione. L’ex ministro della Giustizia, Monica Macovei, non ha esitato a dichiarare pubblicamente di avere seri dubbi sul fatto che Adrian Năstase venga curato dal dottor Bradisteanu. A suo dire infatti quest’ultimo, “un ex senatore del PSD indagato in passato per corruzione”, rischia di trattenere inutilmente in ospedale Năstase, mentre quest’ultimo “dovrebbe essere dietro alle sbarre”.
Intanto gli avvocati dell’ex premier non si danno per vinti ed hanno annunciato un ricorso presso la Corte europea dei diritti dell’uomo.
Politica, impeachment e magistratura
Le elezioni di novembre – per le quali ad oggi è largamente favorita l’attuale coalizione al potere tra i social-democratici e i liberali – si stanno avvicinando in un clima incandescente. Non aiuta in questo il fatto che la maggioranza stia prendendo sempre più in considerazione l’ipotesi di arrivare ad una sospensione del capo dello Stato, Traian Băsescu.
Non sarebbe la prima volta per Băsescu che già nel 2007, accusato di aver violato la costituzione, fu sospeso dalla sua carica da parte del Parlamento. Successivamente però si tenne un referendum per confermare se la procedura di impeachment avesse dovuto continuare. Il 74,98% dei votanti si espresse contro la destituzione del Presidente che ritornò in carica.
Se dovesse verificarsi una nuova sospensione è però improbabile che un nuovo referendum salvi Băsescu, che non sembra godere più del sostegno popolare di qualche anno fa. Inoltre nel frattempo i parlamentari stanno lavorando ad una riforma che semplifichi e renda più facile mandare a casa il Presidente della Repubblica.
Nella vicenda Năstase in ogni caso è passato in secondo piano il fatto che la giustizia romena abbia mostrato per la prima volta la volontà di arrivare ai colpevoli di fatti di corruzione. In un paese che sembrava essere un paese corrotto senza corrotti.
Resta però un mistero sul perché la magistratura non si sia pronunciata durante i quasi otto anni di governo di centro-destra ed abbia emesso il verdetto proprio ora che è al potere il partito di Năstase. Sembra comunque che la magistratura, sul tema corruzione, stia prendendo sempre più coraggio. Nonostante le interferenze politiche si è in attesa di altre sentenze in importanti processi.
Intanto palazzo Cotroceni, sede della presidenza della Repubblica, sembra sempre più isolato dal resto del paese e si potrebbe dire anche d’Europa. Recentemente infatti il premier Ponta ha rivendicato il diritto a partecipare al posto di Băsescu alle riunioni del Consiglio europeo di carattere economico mentre lascerebbe al Presidente della Repubblica quelle in materia di politica estera.
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