Romania, stop alle rinnovabili
Il settore delle energie alternative in Romania aveva da poco raggiunto numeri da record, facendo del paese una meta privilegiata per gli investitori. Ma, con l’intento di contenere le bollette, il governo Ponta ha deciso in tutta fretta di sospendere gli incentivi per le rinnovabili. E ora sembra invece puntare sulla controversa estrazione del gas di scisto
Un salto sulla sedia per i produttori e gli investitori nel settore delle energie rinnovabili e un colpo al cuore di quella che è stata negli ultimi anni una delle frontiere europee più promettenti per lo sviluppo di fonti alternative.
In un sol colpo il governo romeno ha drasticamente tagliato il sistema di incentivi per le rinnovabili con l’obiettivo primario di ridurre i costi delle bollette ma, di fatto, abbandonando senza una chiara strategia alternativa un filone che negli ultimi anni aveva portato miliardi di investimenti nel paese, soprattutto nel settore dell’eolico, facendo della Romania una meta privilegiata per gli investitori del settore: la “reginetta del vento” ha le gambe tagliate.
Certificati verdi
Secondo la legislazione del 2008, poi rinnovata nel 2011, il meccanismo dei "certificati verdi", documento che attesta la quantità di energia rinnovabile prodotta, prevede che i produttori di elettricità da fonti alternative ricevano dall’autorità Opcom un numero di certificati per per ogni megawatt/ora di energia prodotto e immesso in rete.
I certificati possono essere poi rivenduti separatamente dall’elettricità sul Mercato dei certificati verdi, di conseguenza rappresentano un incentivo, un guadagno in più rispetto a quello della sola vendita di elettricità. Quindi se un impianto produce energia emettendo meno Co2 di quanto avrebbe fatto un impianto alimentato con combustibile fossile, il gestore ottiene dei certificati verdi che può rivendere (a prezzi di mercato) a industrie o attività che sono obbligate a produrre una quota di energia mediante fonti rinnovabili, ma non lo fanno o non possono farlo autonomamente.
I distributori di energia elettrica, essendo obbligati per legge a garantire una quota annuale di rinnovabili, sono costretti ad acquistare i certificati dagli stessi produttori, con un sovrapprezzo che si distribuisce a sua volta sulle bollette. E proprio su questo punto, forse in un eccesso di populismo, il governo Ponta ha voluto inserire la sua manovra.
Cosa cambia con il decreto
L’esecutivo ha deciso, così, di sospendere uno degli incentivi ai produttori di eolico e due per il fotovoltaico fino al 2018. "Abbiamo dovuto trovare una soluzione equilibrata che permetta agli investitori di avere profitto, ma che non penalizzi altri settori o le famiglie”, ha dichiarato il primo ministro romeno Victor Ponta.
Più precisamente la manovra è stata spiegata dal ministro dell’Energia Costantin Nita, secondo cui “l’attuale regime di incentivi [adesso emendato, ndr] è il più generoso di tutta l’Unione europea e questo ha avuto un impatto negativo sui consumatori e sulle industrie”.
Queste ultime, infatti, hanno fatto sentire la propria voce e si sono dette pronte a lasciare la Romania se le bollette non caleranno. Anche il colosso dell’acciaio Arcelor Mittal ha minacciato di spostare la produzione altrove.
La decisione del governo interrompe drasticamente la strada intrapresa dalla Romania e che aveva portato il Paese vicinissimo al traguardo fissato dall’UE del 24% di energia prodotta nel paese da rinnovabili entro il 2020. Ma soprattutto, il decreto del governo Ponta, che ha spaventato e non poco i produttori internazionali, frena un settore che per numeri è tra i migliori al mondo.
Attualmente in Romania sono installati più di duemila megawatt di impianti per energia rinnovabile e altrettanti sono in costruzione. Inoltre il settore dell’eolico è tra i più promettenti: le centrali alimentate dal vento, in particolare nell’area di Dobrogea, hanno raggiunto 1.794 megawatt di potenza installata dai 13,1 megawatt del 2009.
Reazioni alle modifiche di legge
Le reazioni a questa decisione improvvisa non sono mancate: “Sospendere il sistema dei certificati verdi è un errore enorme – ha dichiarato Cipriam Glodeanu, presidente dell’Associazione dei produttori di energia rinnovabile in Romania, tra cui figurano compagnie come Enel o Samsung – Si trattava di un sistema approvato dalla Commissione europea, il governo avrebbe dovuto mantenere questo meccanismo”.
Secondo il presidente della Associazione romena per l’Energia eolica, Ionel David, l’adozione di questo testo "segna la fine di un bel sogno e di un leader del settore", che ha attirato dal 2010 investimenti pari a 3 miliardi di euro.
Se la tedesca E.On già ha dichiarato che rinuncerà a nuovi progetti di espansione, l’italiana Enel, con la controllata Green Power è più cauta, anche se certamente disorientata dal decreto d’urgenza.
"Stiamo lavorando anche con gli altri operatori e con le associazioni affinché la legislazione secondaria definisca in maniera chiara le regole, minimizzando o annullando l’impatto negli impianti esistenti o appena finalizzati (come per il fotovoltaico)", ha commentato Roberto Deambrogio, responsabile Italia ed Europa di Egp.
Enel Green Power, infatti, ha appena inaugurato due impianti fotovoltaici “Berceni 1” e “Berceni 2”, nel distretto di Prahova, “per una capacità installata totale di circa 19 megawatt, con una produzione che a regime potrà arrivare a circa 29 milioni di kilowattora all’anno", ha reso noto la società.
In Romania Egp ha, inoltre, una capacità installata di 498 megawatt di energia eolica e ha creduto da subito nel potenziale eolico del Paese. “Quello che ho recepito da tutti gli investitori è la necessità di certezze nella normativa sul medio e sul lungo periodo”, ha commentato Diego Brasioli, ambasciatore italiano a Bucarest commentando la reazione degli investitori al decreto.
La Romania, infatti, è stata considerata da molti come un “paradiso” per l’eolico grazie alla sua posizione privilegiata nelle mappe del vento dell’Europa che le potrebbero garantire un potenziale di 14mila Mw di capacità produttiva. La decisione di Ponta di deviare da questa strada ha sconcertato molti.
Il governo romeno pensa all’estrazione di gas
Ma qual è la strategia alternative di Ponta per mantenere livelli di investimento e produzione energetica? Il nuovo “amore” del governo romeno è il gas di scisto. Il premier ha presentato un “piano di investimento strategico nazionale", che prevede anche l’apertura di una miniera d’oro e che, secondo l’esecutivo, potrebbe creare 50mila posti di lavoro entro la fine del 2013.
"Continueremo a sostenere gli investimenti di Chevron per l’esplorazione del gas di scisto fino al 2017-2018 se l’esistenza dei depositi sarà confermata", ha detto Ponta, che dai banchi dell’opposizione si era strenuamente battuto contro questo tipo di attività estrattiva.
Una decisione che poggia su un tema controverso a causa della tecnica utilizzata per lo sfruttamento di questo gas, con la fratturazione idraulica, potenzialmente inquinante per le acqua sotterranee e che potrebbe causare conseguenze sismiche. L’americana Chevron, titolare di due concessioni in Romania, prevede di lanciare l’esplorazione nella seconda metà del 2013.
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