Romania, quando la cronaca nera smuove il sistema politico
L’omicidio di una ragazza di quindici anni scuote l’intero paese e non solo per l’efferatezza del delitto, ma anche a causa del comportamento delle forze dell’ordine. I romeni scendono in piazza, il ministro dell’Interno si dimette
Negli ultimi giorni l’opinione pubblica romena dibatte soltanto del terribile omicidio avvenuto probabilmente tra il 25 e il 26 luglio a Caracal, una piccola cittadina del sud, dove una quindicenne, Alexandra Măceșanu, è stata rapita, violentata e infine uccisa. L’accusa è caduta su un uomo, tale Gheorghe Dincă, già accusato di aver assassinato un’altra ragazza nella scorsa primavera con modalità spaventosamente simili. Nel cortile della sua abitazione sono stati ritrovati resti umani, e nella sua macchina un orecchino della vittima. C’è tuttavia chi nega che Alexandra e l’altra adolescente scomparsa qualche mese fa (di cui non è mai stato ritrovato il corpo), siano state uccise da Dincă, che le avrebbe invece consegnate a criminali dediti al traffico di esseri umani. Le indagini sono ancora in corso.
Il delitto ha scosso l’intero paese, non soltanto per la sua efferatezza, ma anche e soprattutto a causa del comportamento delle forze dell’ordine. Prima di essere uccisa Alexandra è riuscita più volte a mettersi in contatto con la polizia grazie a un telefono trovato nella casa dove era sequestrata, fornendo dati importanti sull’ubicazione del luogo del rapimento; la sua disperata richiesta d’aiuto è stata tuttavia ignorata dai funzionari del centralino d’emergenza, che hanno scambiato la telefonata per una burla e hanno invitato la ragazza, secondo quanto riportano alcune testate , a non tenere la linea occupata.
Le rivelazioni sul comportamento dei poliziotti hanno scatenato un’ondata di indignazione e proteste. Come spesso accade in Romania, il tragico evento di cronaca si è trasformato in un pretesto per lanciarsi contro l’intero sistema politico e istituzionale: la scarsa efficienza, anche se potremmo addirittura parlare di totale incompetenza, dei poliziotti del 112 (il numero romeno delle emergenze) viene imputata alla corruzione e al malaffare che dominano le assunzioni pubbliche ad ogni livello.
Dimostrazioni sono state organizzate nei giorni scorsi di fronte al ministero dell’Interno e nelle principali strade di Bucarest. L’altro ieri un gruppo di manifestanti si è radunato di fronte alla sede del Partito social-democratico, urlando improperi all’indirizzo di membri del partito, accusati di essere corresponsabili dell’omicidio.
La mobilitazione di piazza ha portato alle dimissioni del ministro dell’Interno, Nicolae Moga, che aveva assunto la carica appena sette giorni fa. Moga ha motivato le dimissioni con la “necessità di proteggere il prestigio del ministero, augurandosi che eventi del genere possano non accadere più”.
Nel pomeriggio di ieri il presidente della Repubblica Klaus Iohannis, già in evidente clima da campagna elettorale per le elezioni presidenziali, ha indirettamente incolpato il governo a guida social-democratica, reo di aver “riempito le istituzioni pubbliche di incompetenti” .
Non è la prima volta che in Romania un evento di cronaca scatena proteste e manifestazioni contro l’intero sistema politico e istituzionale. Nel 2015, a seguito dell’incendio della discoteca Colectiv di Bucarest, che causò la morte di decine di ragazzi, il governo guidato dal social-democratico Victor Ponta fu costretto a dimettersi sotto i colpi delle enormi dimostrazioni di piazza.
Anche in quel caso, la morte delle vittime venne imputata alla corruzione e all’inefficienza della pubblica amministrazione di Bucarest, che aveva concesso troppo facilmente la licenza a un locale con chiari problemi strutturali. Ovviamente i responsabili ultimi della tragedia, anche in quel caso, erano considerati i membri del governo e del Partito social-democratico, dai più ritenuto l’unico dispensatore di malaffare del paese.
Per quanto ambiguo e spesso corrotto, risulta difficile credere che anche tragici eventi di cronaca nera possano essere sempre imputati al Partito social-democratico, o alla corruzione. La corruzione sta diventando in Romania un’eminenza grigia astratta responsabile di ogni magagna che affligge il paese, e ogni occasione è buona per indignarsi contro le inefficienze del sistema. A ciò va aggiunto l’astio sempre crescente della popolazione nei confronti delle forze dell’ordine. Un rancore nato circa un anno fa, a seguito della manifestazione della diaspora terminata in violenza del 10 agosto 2018, quando manifestanti pacifici vennero massacrati senza apparente motivo dalla gendarmeria.
Per questo un evento di cronaca nera diventa l’ennesimo pretesto per scendere in piazza e mostrare indignazione contro il sistema. A volte, tuttavia, la spiegazione più banale è anche quella più semplice. La povera Alexandra è stata vittima di un uomo crudele e di poliziotti incompetenti: due tragiche fatalità, di cui difficilmente si può accusare il PSD.
Il modo in cui la gente reagisce a questi eventi ci dice però molto sulla situazione del paese e sul sentir comune: i romeni si sentono vittime di una struttura più grande di loro, alla quale imputano ogni problema che li affligge. Un sentimento che è un po’ figlio della storia e del retaggio comunista: lo stato è ritenuto responsabile di qualsiasi cosa accada, sia essa bella o brutta, e il più delle volte purtroppo è brutta.
Abituarsi alla libertà significa anche abituarsi al destino, anche tragico. Il non saper rassegnarsi al fato e il dover cercare sempre una motivazione superiore, più oscura, è un altro segno della transizione post-comunista mai terminata.
Che le istituzioni pubbliche, specialmente nella remota periferia contadina, non siano efficienti e spesso si limitino ad essere vere e proprie prebende da offrire in cambio di voti, è fuor di dubbio. Che la colpa sia solo del sistema PSD e non di una cultura politica generalizzata e trasversale esistente da almeno un secolo è, tuttavia, difficile da sostenere. A ciò vanno aggiunte una formazione scadente impartita alle forze dell’ordine, e un totale stato di abbandono della provincia profonda.
È improbabile che la fine dell’egemonia politica del PSD possa risolvere nel breve questi problemi, ed è del tutto impossibile che un cambiamento politico segnerà la fine delle fatalità tragiche.
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