Romania: paese d’immigrazione
Un cambio di paradigma. Non è più esclusivamente un paese che esporta manodopera. Ora in Romania alcuni imprenditori richiedono lavoratori stranieri. Un’imprenditore tessile dell’est del Paese ha recentemente richiesto 1500 lavoratrici cinesi
Ha fatto discutere l’annuncio di un imprenditore romeno della città di Bacau (nell’est del paese) che ha dichiarato di voler assumere per la sua azienda tessile più di mille operaie dalla Cina. Il fatto può sembrare strano, soprattutto per un paese conosciuto come grande esportatore di manodopera.
Cristina Curpanaru, direttrice economica nell’azienda tessile di Bacau ha chiesto al ministero romeno del lavoro di poter assumere 1500 cinesi. La direttrice spiega le motivazioni che l’hanno condotta ad una tale scelta: "Ho assunto persone disabili, uomini, ma abbiamo ancora bisogno di lavoratori. Le donne di Bacau non vogliono usare la macchina da cucire. Stanno a casa, incassano l’aiuto di disoccupazione e ricevono soldi dai parenti che sono andati a lavorare in Spagna".
Già, in Spagna, come in Italia, Germania, Irlanda e in altre parti del mondo oltre 2 milioni di romeni lavorano contribuendo con le loro rimesse al 4% del PIL della Romania. Hanno lasciato il paese per guadagnare di più o spesso spinti dalla disperazione della lotta quotidiana contro la povertà. Ma la povertà viene percepita in modo differente da un paese all’altro. Gli stipendi che potrebbero guadagnare in Romania non interessano più molti romeni che lavorando all’estero possono invece ottenere dieci volte di più. Possono essere attraenti invece per altri e i sindacati che sentono la concorrenza reagiscono ai cambiamenti che riguardano il mercato di lavoro.
Al di là delle preoccupazioni che riguardano l’assunzione di lavoratori stranieri al posto di romeni, i sindacati chiedono regole precise ed una legislazione a tutela dei dipendenti. Bogdan Hossu, il leader della confederazione Cartel Alfa, si dichiara preoccupato in quanto in Romania "non c’è un quadro legislativo adeguato per amministrare correttamente tali situazioni".
I sindacati, che si stanno battendo in questi anni anche per assicurare condizioni decenti di lavoro per i romeni che lavorano all’estero, dichiarano di impegnarsi anche a favore degli stranieri in Romania. I motivi per cui gli imprenditori autoctoni cercano manodopera all’estero sono conseguenza, secondo il leader sindacale Hossu, "della mancanza di azione delle autorità romene per creare condizioni di lavoro decenti e una politica salariale adeguata" che "spingono i lavoratori romeni a non accettare determinati impieghi, creando alcuni fenomeni paradossali".
E’ il caso dell’azienda tessile di Bacau che sembra solo l’inizio di una nuova configurazione del mercato di lavoro romeno. In Romania l’indice di disoccupazione si aggira intorno al 5,9% mentre lo stipendio minimo è di 86 euro mensili. Tuttavia il paese occupa il 41-esimo posto in Europa per la retribuzione oraria. Accanto all’Albania, Ucraina, Bulgaria, Bielorussia, la Romania è uno dei paesi con un livello salariale più basso: 1 euro all’ora, minimo netto. Mentre in Ungheria la retribuzione oraria rappresenta il 12% di quello registrato in Danimarca. Prendendo sempre a riferimento la Danimarca, in Polonia un’ora viene pagata il 13%, in Slovacchia il 10%.
In vista dell’entrata della Romania nell’UE, prevista per il gennaio 2007, si stanno investendo molti fondi in aprticolare nelle infrastrutture e in opere edili. Un altro campo oramai carente di manodopera. Le aziende edili sono le più colpite dalla migrazione dei lavoratori verso Italia, Israele, Germania, Spagna. Si stima che oltre 200.000 muratori romeni lavorano all’estero per uno stipendio che va dagli 800 ai 1000 euro. Nei prossimi 3 – 4 anni la Romania avrà bisogno di 50.000 muratori che non sono più disponibili sul mercato interno. Ad annunciarlo è la Federazione generale del sindacato dei costruttori. Secondo i sindacalisti la Romania arriverà al punto di importare manodopera dalla Repubblica Moldova, dall’Ucraina, dal Pakistan, dall’India o dalla Turchia.
Occorrono lavoratori per costruire strade, per costruire abitazioni: il paese registra una situazione deficitaria con 0,8 camere per persona rispetto alle 3,4 nei paesi sviluppati. Secondo uno studio elaborato dall’Istituto nazionale di statistica, nell’Unione Europea per le infrastrutture il livellodi investimento è di circa 712.000 euro/kmq di territorio mentre in Romania vengono destinati solo 31.000 euro/kmq. Si tratta di un 25% del Pil europeo contro un 10% del Pil in Romania.
Tuttavia il ritmo di crescita accelera e si costruiscono sempre più palazzi. A gennaio del 2006 gli investimenti sono cresciuti del 20% rispetto al periodo precedente. Come si è verificato anche nel caso dei nuovi paesi dell’Europa centrale e dell’est, ora membri dell’UE, la migrazione della manodopera ha un effetto boomerang. La Lituania ad esempio si è trovata ad affrontare la mancanza di lavoratori nell’edilizia e di conseguenza ha dovuto incoraggiare l’assunzione di lavoratori bielorussi o russi. La storia si ripete anche in altri paesi baltici o ex comunisti che pian piano stanno perdendo la capacità di attrarre gli imprenditori stranieri in virtù di una manodopera autoctona a basso prezzo. Si scopre così anche nel caso della Romania che il paese non è solo un esportatore di manodopera ma anche un importatore.
Secondo i dati del ministero del Lavoro di Bucarest sono stati registrati solo 3500 permessi di lavoro, la maggior parte per cittadini provenienti dalla Repubblica Moldova, Turchia, Cina e Francia. Irrilevante comunque per riempire il vuoto lasciato dagli emigrati. Gli investitori non hanno bisogno di permesso di lavoro se hanno un’attività del volume di almeno 50.000 euro oppure se assumono 12 lavoratori romeni. L’anno scorso in seguito ai controlli per 76 datori di lavori si è scoperto che 172 stranieri lavoravano in nero. Spesso la corruzione e la burocrazia impediscono la loro regolarizzazione.
Nella prospettiva dell’adesione all’UE gli esperti anticipano inoltre un afflusso di manodopera altamente qualificata dall’UE verso la Romania nel caso in cui compagnie occidentali decidano di aprire uffici, portando propri manager mentre i romeni svolgeranno a loro avviso compiti esecutivi. Dall’altra parte diversi studi indicano che le grande aziende straniere si stanno orientando sempre più verso la manodopera autoctona altamente qualificata. Desta però preoccupazione per il mercato interno del lavoro la concorrenza che sta arrivando dai paesi poveri dell’Oriente e dell’Africa da dove ci si aspetta un’ immigrazione di lavoratori, mentre in Romania in molti hanno perso il lavoro nel settore industriale e agricolo.
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