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Romania: la tortuosa strada verso le presidenziali

È crisi politica in Romania e nelle prossimi settimane l’esecutivo a guida socialdemocratica, ormai privo della maggioranza, rischia la sfiducia in parlamento. I politici romeni intanto si preparano per la tornata delle presidenziali prevista per inizio novembre

10/09/2019, Francesco Magno -

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L’autunno politico romeno si prospetta più che mai rovente, surriscaldato da un governo che annaspa da giorni dopo aver perduto la maggioranza in parlamento e delle elezioni presidenziali imminenti che si terranno il 10 novembre, con eventuale secondo turno il 24. Due vicende solo apparentemente slegate.

Un governo senza maggioranza

Fino alla fine di agosto l’esecutivo si è basato sulla coalizione tra il partito social-democratico (PSD) e l’ALDE (Alleanza dei Liberali e dei Democratici), una formazione sedicente liberale ma dall’apparato ideologico quanto mai fluido, guidata da un politico navigato come Călin Popescu Tăriceanu. Questi, dopo l’arresto dell’ex leader PSD Liviu Dragnea, sperava di trovare la strada spianata verso la candidatura alla presidenza della Repubblica in qualità di rappresentante della coalizione. Sul suo cammino si è interposta, tuttavia, la premier Viorica Dăncilă, che ha avocato a sé la candidatura relegando Tăriceanu al ruolo di puro comprimario all’interno dell’alleanza. Di fronte al rifiuto di Dăncilă, Tăriceanu ha risposto ritirando i propri ministri e togliendo l’appoggio parlamentare al governo, gettando ancor di più il PSD nel caos nel quale affoga dal giorno della condanna definitiva di Dragnea.

Dalla fine dello scorso mese il paese è di fatto retto da un esecutivo senza maggioranza. Nelle prossime settimane esso verrà sfiduciato dal Parlamento, ma con ogni probabilità resterà in carica ad interim fino alle elezioni presidenziali; portare avanti delle consultazioni e delle negoziazioni per la formazione di una nuova maggioranza in piena campagna elettorale aumenterebbe ancor di più la confusione. L’unica reale alternativa a questo scenario è la nomina di un governo tecnico che trascini il paese alla fatidica data del 10 novembre.

Iohannis può davvero perdere?

"Iohannis può davvero perdere?". È questa la grande domanda che gli osservatori si pongono poche settimane prima di una campagna elettorale dall’esito quasi scontato. Il presidente uscente, sostenuto dal partito liberale, gode ancora, infatti di un’ampia popolarità, e non sembrano esserci oppositori in grado di scalfirne la posizione. Come già sottolineato, il PSD proporrà il primo ministro Viorica Dăncilă, più per disfarsene che non per reale convinzione. Dăncilă è perennemente sbeffeggiata su quasi tutti i media nazionali a causa delle numerose gaffes incamerate in quasi due anni di premierato, e la popolazione non nutre alcuna fiducia nei suoi confronti.

Sembra addirittura impossibile che quest’ultima possa raggiungere il ballottaggio; una notizia funerea per quello che fino al 2016 era il partito più forte del paese. Con un PSD ormai ridotto al lumicino, l’unico vero avversario di Iohannis sarà il candidato della coalizione di centro-destra USR-PLUS, Dan Barna, un politico moderato, non ideologicamente lontanissimo da Iohannis, con posizioni progressiste nel campo dei diritti civili (fu l’unico a opporsi al referendum per la difesa della famiglia tradizionale tenutosi nell’ottobre 2018), ma che spesso si lascia andare a slogan anti-casta che rasentano il confine del populismo.

La coalizione che guida insieme all’ex premier Dacian Cioloș ha registrato un ottimo risultato alle europee e mira ad ottenere la maggioranza assoluta alle prossime elezioni parlamentari del 2020, dove proprio Cioloș ha già dichiarato di presentarsi come candidato premier.

Quale sarà il prossimo esecutivo?

Difficile fare previsioni su quel che sarà il nuovo governo. Se tutto verrà rimandato a dopo le elezioni, fondamentale sarà il ruolo che giocherà il nuovo presidente.

Qualora, come sembra, Iohannis venisse riconfermato, cercherà di dare una sua impronta netta alla nuova maggioranza, magari con l’inserimento diretto del partito liberale. Difficile immaginare un ulteriore incarico ad un esponente PSD (sarebbe il quarto primo ministro diverso espresso dai social-democratici nel corso della legislatura).

Nonostante la confusione politica, un dato importante emerge; qualunque sia l’esito delle presidenziali, che vinca Iohannis o Barna, la Romania avrà un presidente convintamente europeista. Il PSD, che negli ultimi anni ha incarnato le istanze più anti-europee e conservatrici, sembra ormai destinato ad un’inesorabile sconfitta, almeno fino alla comparsa del prossimo leader carismatico che, tuttavia, non si vede all’orizzonte.

La Romania si dimostra quindi un unicum nella regione. Altrove infatti le forze populiste sono ancora ben lontane dalla dipartita politica.

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