Romania: la casa del giornalista
“Non siamo cacciatori di pubblico”. Così si presenta Vlad Ursulean, fondatore della ‘Casa del giornalista’, un progetto che intende dare nuova vitalità al giornalismo nel paese
(Pubblicato originariamente da Dilema Veche il 6 ottobre 2016)
Reportage, interviste, articoli pluri-premiati. Tutto ad opera della ‘Casa del giornalista’. Di che cosa si tratta?
Siamo una comunità di giornalisti indipendenti che lavorano con strumenti che mettiamo a disposizione a chi è stufo di lavorare nel sistema dei media tradizionali, con tutte le sue problematiche e i suoi vincoli. Paradossalmente, quasi tutti i media romeni stanno facendo qualcosa che non è giornalismo. ‘La casa del giornalista‘ è un’iniziativa nata 4 anni fa da un gruppo di giornalisti che non erano nelle condizioni di esercitare la propria professione in modo corretto. Era inoltre il periodo della crisi economica, i giornalisti non ricevevano il salario da mesi.
Ci siamo incontrati e abbiamo discusso di tutte queste problematiche. Alcuni dei migliori giornalisti del paese non riuscivano a pagare l’affitto! Era diventata una questione di sopravvivenza per persone che, almeno a livello teorico, non dovrebbero aver avuto a che fare con queste situazioni.
Così ho iniziato a pensare a questa ‘casa’ con lo scopo di risolvere, prima di tutto, il problema di avere un luogo dove poter lavorare. Ma realizzammo, una volta seduti allo stesso tavolo, che avevamo gli stessi obiettivi: lottare contro la corruzione nei mass media ma anche cambiare la visione negativa che la società aveva del giornalismo. Abbiamo iniziato così, come un gruppo di persone che volevano svolgere al meglio il proprio lavoro.
Così, col tempo, avete iniziato a cambiare il giornalismo romeno?
Abbiamo tentato di fare molto di più di questo: abbiamo cercato di ‘modellare’ un pensiero libero. Riducendo ad esempio i vincoli che si trovano in una redazione tradizionale, vincoli inevitabili quando si lavora all’interno di un contesto che presenta una gerarchia. Se a questa si aggiunge la corruzione e la mancanza di professionalità dei mass media romeni, diventa impossibile crescere dal punto di vista professionale e diventare un vero giornalista.
Hai affermato che la Casa del Giornalista è una comunità di giornalisti che lavorano con un certo numero di strumenti. Quali sono questi ‘strumenti’?
Lo strumento attuale è un programma di residenza indirizzato a giornalisti che non hanno ancora avuto la possibilità di raccontare una grande storia perché privi di sufficienti risorse o tempo per passare un periodo lungo a svolgere ricerche per andare a fondo di una notizia che potrebbe avere un significativo impatto sociale.
Abbiamo creato questo programma per persone che hanno dei progetti. Selezioniamo i migliori e li sosteniamo in tutto quanto serva loro per lavorarci. Forniamo tutto, in maniera tale che possano lavorare solo su quella storia. E la cosa più importante: diamo loro il sostegno di una comunità. L’idea è di insegnare loro a far crescere i loro progetti, dall’inizio sino alla grande storia. E di farglielo fare in prima persona, cosa che difficilmente avviene in una redazione normale.
Siete un’alternativa alla stampa main stream?
Per quanto riguarda il pubblico, devo dire di no, perché non abbiamo gli stessi target. Tecnicamente, il 90% dei romeni guardano ogni giorno la TV. Quest’ultima ha un grande bacino di spettatori. Non vogliamo andare in quella direzione, sopratutto perché internet la frantumerà a tempo debito. Stiamo cercando di costruire un sistema di media parallelo che andrà lentamente a sostituire quello esistente. Non inseguiamo il pubblico. Non abbiamo degli spot pubblicitari, non riceviamo, al momento, alcun beneficio materiale dal pubblico.
Parlando di soldi… La Casa del Giornalista si basa su donazioni. State arrancando o funziona?
Fino ad ora abbiamo arrancato, ma ora sta andando molto bene. Non vi è una completa discrepanza tra il pubblico che ci segue e i soldi che riceviamo. Infatti, per noi, l’unico pubblico che conta è composto dalle persone che possono davvero comprendere quello che stiamo facendo. Recentemente, abbiamo triplicato il numero dei donatori tramite una campagna di crowdfounding e, al momento, abbiamo 500 persone che ci supportano tramite donazioni mensili di piccoli importi. Non abbiamo un finanziatore che può farci pressione.
Siete una ‘rampa di lancio’ per i giornalisti?
Siamo, più propriamente, una ‘via di fuga’ dalla stampa. Non assumiamo persone. Tutti qui, nella nostra comunità, stanno cercando risorse finanziarie indipendenti, hanno progetti, lavorano per pubblicare, in gran parte dall’estero. Noi cerchiamo di rendere tutti indipendenti. Siamo uno strumento, un importante stimolo a questo lavoro, così che se la Casa del Giornalista dovesse scomparire, le persone impegnate qui sarebbero in grado di continuare a fare giornalismo di qualità. Questo è il nostro obiettivo.
Hai lavorato nel settore dei media mainstream…
Benché abbia studiato giornalismo all’università di Bucarest, non ho mai avuto grande considerazione per la stampa romena. Ma ho avuto, con un gruppo di colleghi, quest’idea: cercare di cambiare le cose dall’interno, essere in grado di fare giornalismo di qualità che avrebbe influenzato la mentalità delle redazioni.
Quello che però abbiamo scoperto in queste redazioni era un sistema basato sul traffico di influenza tra i proprietari dei giornali. Avere un’alta posizione nella stampa romena, significa essere in mezzo al giro di soldi tra i diversi gruppi di potere. Negli anni ’90 il lavoro di un redattore capo era quello di trasportare soldi. Ora avviene in modo meno evidente, ma in genere, consiste nella stessa mansione.
Questo è il motivo per cui abbiamo delle figure pubbliche di cui ci chiediamo come abbiano fatto a raggiungere i vertici della gerarchia giornalistica. Molti di loro hanno iniziato come bravi giornalisti, ma in qualche modo se finisci nel fango, impari a sporcarti.
Ho lavorato per il giornale Romania Libera, per le pagine culturali. Ho iniziato lì perché pensavo che la cultura non fosse un target importante per la corruzione. Ho scritto, all’inizio, di eventi culturali ma lentamente ho iniziato a scrivere articoli di tema sociale e politico. Così sono passato all’area delle investigazioni e i miei articoli sono diventati materiale da prima pagina.
Cos’è andato storto?
Agire con libertà in una redazione significa complicare la tua strada. Non potevo ‘contaminare’ i miei colleghi, le persone pensavano che fossi un’anomalia, non coglievano il senso di quello che cercavo di fare. Poi venne la crisi economica. Metà di noi venne licenziata e i migliori giornalisti d’inchiesta dovettero stare in ufficio a tradurre articoli da altri siti. Dovevamo produrre contenuti velocemente, senza alcuna documentazione o originalità. Per me non era un buon compromesso.
Ritieni che i problemi finanziari spingano a cercare compromessi?
Le costrizioni economiche vi sono ovunque nel mondo. Tuttavia, se lavorassi, per esempio, per il New York Times e fossi costretto a compromettere il mio lavoro pur di mantenerlo, potrei fare molto rumore a riguardo e un secondo dopo mi verrebbe offerto un nuovo lavoro al Washington Post e il NYT ne uscirebbe screditato.
Ma in Romania, se qualcuno denuncia le pressioni, la reazione più diffusa è: ‘Ma dai, non è poi così male’. Il problema in Romania è che i giornalisti non hanno alternative. Non c’è un contesto sociale in grado di capitalizzare il giornalismo di qualità. Questo è quello che la Casa del giornalista sta cercando di fare: far capire alle persone che la stampa è qualcosa di importante e che la libertà di espressione è qualcosa per cui vale la pena di combattere. Stiamo cercando di creare una ‘mitologia’ del giornalismo che esiste negli altri paesi, una mitologia relativa all’importanza di una buona e libera stampa.
Per una stampa di qualità, abbiamo bisogno di un pubblico di qualità?
Nel primo anno della nostra esperienza il nostro focus è stato sul connetterci con il nostro pubblico. Abbiamo provato a spiegare come la manipolazione della stampa possa avvenire, come sia difficile costruire una storia ben argomentata e qual è l’impatto sociale di un’informazione. Lo facciamo ancora: lettori e giornalisti educati sulla stampa. Fondamentalmente, la nostra comunità cresce insieme al pubblico.
Sei un sognatore?
Assolutamente! Se uno sogna ‘un mondo migliore’ e pensa razionalmente ai passaggi per ottenere almeno qualcosa di questa perfezione e subito dopo li compie con pazienza e professionalità, si può cambiare un poco di questo mondo imperfetto. Lo possiamo fare.
editor's pick
latest video
news via inbox
Nulla turp dis cursus. Integer liberos euismod pretium faucibua