Romania: il governo fa marcia indietro, la piazza no
Mezzo milione di persone nelle piazze della Romania. A scatenare l’ondata di proteste un’ordinanza che depenalizzava l’abuso d’ufficio. Il governo di Grindeanu ha ora deciso di ritirarla ma le strade non si svuotano
Quasi 500.000 persone sono scese nelle strade ieri sera in Romania per protestare contro il governo a guida social-democratica, in carica solo da un mese. Questo nonostante il governo in giornata avesse fatto un passo indietro e dopo cinque giorni di proteste avesse ritirato l’ordinanza d’urgenza numero 13 che, tra le altre cose, depenalizzava l’abuso d’ufficio. Nella capitale oltre 250.000 persone si sono radunate in Piazza Victoriei, davanti al governo di Bucarest, chiedendo le dimissioni del primo ministro Sorin Grindeanu.
Manifestazioni così ampie non si erano viste dai giorni della Rivoluzione romena dell’89 quando cadde il regime comunista di Nicolae Ceaușescu e quando la gente chiedeva, dopo anni di autoritarismo, la libertà. A 27 anni distanza, la gente scende di nuovo in piazza, dopo le elezioni politiche democratiche dell’11 dicembre per difendere, questa volta, la lotta alla corruzione. Una corruzione dilagante, una delle cause della povertà del paese. “Giù le mani dal Dipartimento Nazionale Anti-corruzione“, ha ribadito nei giorni scorsi da Palazzo Cotroceni, sede della presidenza romena, anche il capo dello stato Klaus Iohannis.
Il passo indietro
E sotto la pressione della piazza, il primo ministro Sorin Grindeanu ha ritirato domenica pomeriggio la controversa ordinanza che modificava il codice penale e incoraggiava, a detta dei manifestanti, comportamenti corruttivi: dopo l’ordinanza d’urgenza venivano di fatto considerati fatti di rilevanza penale solo i reati di corruzione il cui danno superava i 44.000 euro.
Una legge ad personam, hanno sottolineato i critici del governo, una legge fatta su misura per il presidente del Partito social-democratico Liviu Dragnea, attualmente sotto processo e proprio per questo impossibilitato ad assumere lui stesso la carica di primo ministro.
Ma Dragnea viene comunque ritenuto colui che di fatto imposta la politica dell’attuale governo, una sorta di premier de facto. Liviu Dragnea ha però respinto tutte le accuse al mittente e si è detto preoccupato per la pace sociale del paese. Il governo invece ha invitato i partiti e la società civile a dialogare in merito alle proposte di legge inviate dall’esecutivo in parlamento, tra le quali una legge d’amnistia, che per l’opposizione sarebbe un altro strumento per liberare molti politici corrotti.
La marcia indietro è probabile sia avvenuta non solo per la pressione della piazza ma anche per quelle arrivate dalla Commissione europea, di molti paesi partner della Romania nell’UE ma anche nella NATO.
L’ambiguità
L’annullamento dell’ordinanza è già stato pubblicato ieri in Gazzetta ufficiale. Rimane però una grande ambiguità: il governo – formato da social-democratici e dai liberal-democratici del presidente del senato Calin Popescu Tăriceanu, presidente del Senato – ha al contempo elaborato un progetto di legge di riforma del codice penale che sarà aperto al dibattito pubblico per trenta giorni. Lo ha annunciato il ministro della Giustizia Florin Iordache.
Il progetto di legge sarà pubblicato solo in giornata sul portale del ministero della Giustizia e quindi al momento non si conosce cosa contenga. Va ad aggiungersi ad una serie di altre proposte di legge di riforma della giustizia in attesa di essere vagliate dall’assemblea parlamentare.
Crisi istituzionale
Ma ormai la Romania è divisa. Ed è quanto mai necessario un nuovo e vero dialogo istituzionale. Il PSD a dicembre ha vinto le elezioni con circa il 45% dei voti. Una maggioranza schiacciante mitigata però dalla bassa affluenza alle urne, attorno al 40% degli aventi diritto: un minimo storico per le elezioni democratiche del dopo Rivoluzione.
Il PSD chiede ora venga rispettato il voto democratico di dicembre, chiede che gli venga permesso di governare e accusa l’opposizione di voler rovesciare il potere legittimo. A breve il governo – che gode di ampia maggioranza parlamentare – dovrà fare i conti anche con una mozione di sfiducia avviata dall’opposizione. Ci sono inoltre da notare anche le prime defezioni in seno alla maggioranza: alcuni membri del PSD hanno preso le distanze dalla politica del governo circa le misure che riguardano la giustizia. Tra di loro anche l’ex ministro del Commercio, Florin Jianu.
La partecipazione alle manifestazioni – si è arrivati ormai al sesto giorno di proteste – è stata molto variegata e si sono viste anche tante famiglie con bambini. Ieri, alle 9 di sera, a Timișoara – la città simbolo della Rivoluzione dell’89 – ma anche a Cluj, Iași, Sibiu e ovviamente nella capitale Bucarest la folla cantava in coro l’inno nazionale: "Risvegliati romeno!”. In segno di solidarietà ci sono state proteste dei romeni anche a Londra, New York, Roma, ma anche a Sofia, in Bulgaria dove anche alcuni cittadini bulgari hanno protestato davanti all’ambasciata del paese vicino.
Nella serata di domenica, un gruppo di sostenitori del PSD (circa 1000, secondo Digi 24) si sono radunati davanti a Palazzo Cotroceni, sede della presidenza, per protestare contro le prese di posizione di Iohannis. Intanto il capo dello stato intende intervenire martedì davanti alle Camere riunite del Parlamento per ribadire l’importanza della lotta alla corruzione.
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