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Romania: eroe nel cinema, assassino nella realtà

Il commissario Moldovan è protagonista di alcuni dei film polizieschi più noti in Romania. Ma il personaggio da cui è ispirato è tutt’altro che eroico

05/01/2016, Yves Lelong -

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(Articolo pubblicato originariamente da Les Nouvelles de Roumanie)

Nel 1972 un film girato da Sergiu Nicolaescu, «Cu mâinile curate» (Operazione mani pulite) uscì su tutti gli schermi rumeni. Arrivò in poco tempo in cima al box-office. Il successo fu tale che si decise di dargli un seguito. Cinque altri furono i film prodotti tra il 1973 e il 1981, girati dallo stesso regista. Un ultimo episodio chiuse poi la serie nel 2008.

L’azione del primo film, "Operazione mani pulite", si svolge nel 1945. La guerra è appena conclusa, vi è una profonda povertà e il livello di criminalità è allarmante. Roman – interpretato da Ilarion Ciobanu – ex-comunista clandestino, viene nominato alla direzione di una delle sezioni di polizia più importanti della capitale. Avendo poca esperienza chiede l’aiuto del commissario Miclovan – interpretato da Sergiu Nicolaescu – un poliziotto dai metodi non convenzionali che prova un affetto particolare per la sua Smith & Wesson. Con scene d’azione degne di Hollywood “Operazione mani pulite” è un film i cui protagonisti hanno una caratterizzazione forte, che viene apprezzato e smuove entusiasmi ancor oggi, che ha 35 anni.

Una storia vera

All’origine del personaggio del commissario Miclovan – ribattezzato Moldovan nel secondo film – vi è un poliziotto realmente esistito, Eugen Alimănescu. Uscito dagli ambienti criminali di Bucarest venne arruolato nel 1945 come informatore da parte della prefettura di polizia della capitale rumena. La situazione di Bucarest nell’immediato dopoguerra era effettivamente spaventosa. Crimini, stupri, rapine a mano armata erano all’ordine del giorno e autori ne erano soprattutto soldati dell’Armata rossa che agivano in piccoli gruppi organizzati. I delinquenti rumeni si lanciarono nella stessa direzione ed alcuni di loro arrivarono sino ad indossare l’uniforme russa.

La polizia rumena stava subendo una profonda riorganizzazione. La situazione era complessa, per non dire caotica. Il personale formato e con esperienza tra le due guerre veniva sostituito da chi si dimostrava devoto al nuovo regime comunista.

Eugen Alimănescu era tra questi. Nominato rapidamente alla testa di un’unità speciale, diverrà uno dei poliziotti rumeni più celebri del dopoguerra. La sua brigata si chiamava “Lampo”, era composta da 22 giovani comunisti ed aveva la missione di estirpare la criminalità dalla capitale e dalle altre città del paese.

La brigata di Alimănescu divenne rapidamente celebre per le sue azioni di forza. Il poliziotto, promosso ufficiale già nel 1946, agiva secondo il principio: nessun prigioniero.

Alcuni testimoni riportano che i membri dell’unità speciale facevano le somme solo dopo aver sparato. Lasciarono dietro di sé centinaia di morti, a volte con i cadaveri abbandonati per strada per qualche giorno, alla vista degli altri delinquenti e dei passanti. Alimănescu nutriva in questo modo un bisogno di giustizia di una popolazione spaventata da una criminalità onnipresente. Divenne un vero e proprio eroe nazionale.

Chi veniva accusato di un crimine veniva ucciso nel momento della sua cattura o poco dopo. Si invocava allora il pretesto del tentativo di fuga. Traian Tandin, ex poliziotto divenuto poi scrittore, autore di un’opera su alcuni celebri casi giudiziari, presenta così il modo d’operare di Alimănescu: “Aveva un metodo radicale per sbarazzarsi a Bucarest dei delinquenti. Quando li catturava, non li arrestava. Li abbatteva sul posto. Poi, nel suo rapporto, scriveva che avevano tentato la fuga, che non si erano fatti riconoscere, che avevano risposto con un’arma e via dicendo”. Le azioni del “commissario di ferro”, com’era soprannominato, erano sostenute in modo discreto dal ministro degli Interni Teohari Georgescu. I due uomini si sarebbero conosciuti prima della Prima guerra mondiale.

La repressione degli anticomunisti

Ai tempi della creazione della Direzione generale della milizia, il 23 gennaio 1949, Alimănescu venne nominato maggiore per poter divenire capo-servizio alla direzione della polizia giudiziaria. Missione: partecipare con truppe del ministero degli Interni alla liquidazione dei movimenti di resistenza anticomunista. Tra il 1949 ed il 1951 coordinò l’eliminazione di gruppi di resistenza in Bucovina, Fagaras, Gorj, Banato e altrove. Avrebbe ucciso con crudeltà decine di uomini, oppositori del regime comunista. Li avrebbe poi fatti inumare in luoghi segreti.

Tandin aggiunge: “Nel corso dell’estate del 1949 si tenne una riunione al più alto livello presso il ministero degli Interni. Vi era il ministro, il direttore della Sicurezza e i loro collaboratori. Venne presa la decisione di liquidare in maniera extra giudiziaria e nelle condizioni più discrete possibili tutti coloro che facevano parte dei piccoli gruppi di resistenza anticomunista, condannati a più di 15 anni di prigione. Alimănescu venne incaricato di condurre a buon fine l’operazione nel corso del 1950: 6 membri del gruppo Spiru Blănaru, 13 del gruppo del maggiore Nicolae Dabija e più di 30 membri della resistenza di Drobrogea, rinchiusi nelle carceri di Gherla, Aiud e Piteşti furono giustiziati segretamente”.

C’è un altro fatto ormai sostenuto da prove evidenti: Alimănescu nel corso delle sue inchieste torturò e violentò, le sue tecniche di interrogatorio erano brutali e crudeli. Una nota ritrovata negli archivi della Securitate, la polizia segreta del periodo del regime, fa riferimento alla ricerca dei fratelli Arnăuțoiu, fuorilegge anti-comunisti. I loro supposti complici vennero sottoposti ai peggiori supplizi e torture: colpiti con dei bastoni, sospesi con le mani dietro alla schiena, bruciati. Anche adolescenti, ragazzi o ragazze, non evitavano la tortura, come attestato da un’altra nota rinvenuta. Matilda Jubleanu, 17 anni, venne torturata, appesa per le mani, minacciata d’essere bruciata affinché rivelasse dove fossero fuggiti i suoi genitori. Le violenze sulle donne erano un’altra costante dei metodi del “giustiziere”.

L’epilogo

D’improvviso però, per una ragione sconosciuta – probabilmente perché era divenuto completamente incontrollabile – il partito comunista decise il 12 aprile del 1951 di mettere da parte Alimănescu. Venne condannato al carcere per aver distolto dei fondi dalle casse delle contravvenzioni. Trascorse due anni di reclusione, pare, sotto falso nome in un campo di lavoro del cantiere per la costruzione del canale Danubio-Mar Nero. Ad Alimănescu non sarebbe stato affidato lavoro fisico ma sarebbe stato assegnato ad un ufficio: detenuti comuni pare abbiano tentato di linciarlo. Ma questo periodo della vita del poliziotto rimane oscuro e vi sono solo poche informazioni.

Un’ultima nota ritrovata negli archivi della Securitate riassume la sua vita in modo molto succinto: “Alimănescu Eugen, sergente maggiore della polizia/milizia, nato il 27 luglio 1916 a Slatina. Internato nel 1951 in un campo di lavori forzati. Dossier classificato il 26 dicembre 1951. Atto di decesso registrato nel 1958”.

Alimănescu è stato liquidato per motivi sconosciuti ma negli anni successivi la propaganda comunista ha continuato ad alimentare il mito del poliziotto incorruttibile, come sarebbe stato Eugen Alimănescu, soprannominato «l’Eliot Ness della Romania». Infine la leggenda è stata perfezionata con la serie di film realizzati da Sergiu Nicolaescu, che si iscrivevano perfettamente nella linea tracciata dal regime.

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