Romania, elezioni e informazione
Vitale, ma da difendere da possibili minacce e censure: il mondo dei media romeni alla vigilia delle elezioni dell’11 dicembre nell’analisi di Ioana Avadani, del Centro per il giornalismo indipendente di Bucarest
Domenica in Romania gli elettori si recheranno alle urne per decidere chi siederà sulle poltrone del nuovo parlamento di Bucarest. Una tornata importante che arriva dopo un anno di governo tecnico, un anno in cui in Romania è cresciuto sempre di più il divario tra chi si informa e chi no, chi lo fa soltanto tramite la tv e chi invece preferisce Internet e i social network. Un elemento importante anche in questa campagna elettorale, come spiega ad OBC Transeuropa Ioana Avadani, direttrice del Centro per il giornalismo indipendente di Bucarest .
Quale è lo stato di salute della libertà di stampa in Romania?
La libertà di espressione è ancora viva in Romania: nessun caso di censura sistematica, nessuna persecuzione sistematica dei giornalisti, internet libero e efficiente. Ma il diavolo sta nei dettagli. Ho detto “ancora”, perché esistono disegni di legge che aspettano di essere dibattuti e adottati che potrebbero ripenalizzare l’offesa e la calunnia, fattispecie che renderebbe di nuovo un reato gli insulti ai simboli dello stato. Il parlamento ha adottato una legge che elimina il canone per la radio e la televisione pubblica, senza sostituire i mezzi di finanziamento.
Esistono casi di giornalisti indagati a livello amministrativo perché si sono permessi di fare i complimenti pubblicamente al lavoro svolto da un media concorrente. Ci sono casi di organi di stampa che hanno deciso di non seguire o di seguire in maniera faziosa notizie che potevano essere imbarazzanti per i loro editori. Esistono delle campagne dirette contro figure pubbliche, specialmente contro personaggi chiave del sistema giudiziario.
Sono delle lotte intestine che dobbiamo combattere incessantemente. La libertà di parola non è “data”, è qualcosa che dobbiamo costruire, monitorare e ricostruire giorno dopo giorno.
Molti dei principali partiti sono accusati di corruzione e la frustrazione e disaffezione degli elettori cresce. Le elezioni di domenica potrebbero essere un’opportunità per nuovi leader o formazioni. La copertura mediatica della campagna elettorale ha dato spazio a tutti? O è stata polarizzata?
A pochi giorni dalle elezioni possiamo dire che questa sia stata la campagna più debole e meno impegnata di sempre. Molti partiti si sono concentrati sull’aumento delle retribuzioni – salari, pensioni, tagli alle tasse – promesse che non sono supportate da alcun solido calcolo di bilancio. Un partito ha garantito amnistie penali e fiscali, come se tutti fossimo criminali o evasori. Sono solo questo: promesse. Molte forze politiche hanno giocato la carta del nazionalismo, promettendo ancora di “restituire” ai romeni dignità, onore, orgoglio di essere romeni. Come se non fossero state queste stesse forze a governare il paese negli ultimi 26 anni. Tutte le critiche sono rivolte verso l’attuale governo ad interim, entrato in carica un anno fa con un mandato tecnico molto limitato.
C’è soltanto un nuovo piccolo partito che ha chance ragionevoli di entrare in parlamento dopo le elezioni dell’11 dicembre. Nato da un movimento civico, manca di una chiara ideologia e strategia politica e si regge sulla forza dei suoi membri più visibili. Nessuno dei partiti si è speso in campagna elettorale sul rispetto dei diritti umani. E, come di consueto, i media perpetuano il divario politico, dando priorità all’uno o all’altro partito.
Nel 2015 la diffusione della carta stampata ha continuato la sua discesa, mentre il traffico internet è cresciuto. Quanto il mondo dell’informazione è influenzabile da chi finanzia i media?
L’economia del settore media si è ripresa soltanto marginalmente e senza margini significativi. Ci sono però degli sviluppi che devono attirare la nostra attenzione. L’anno scorso sono state lanciate alcune nuove stazioni radio – in un mercato dominato dai network commerciali – e alcune settimane prima delle elezioni, sono apparsi nuovi quotidiani, contro il trend dominante del passaggio all’online.
Bisogna capire se questi organi di stampa siano genuini o soltanto strumenti per la campagna elettorale.
La tv resta la principale fonte di informazione in Romania. Ma anche in questo settore gli scandali continuano a scuotere la credibilità delle reti. Che ne pensa?
Le reti televisive restano la principale fonte di informazione, ma la loro credibilità è intaccata. Non è solo la loro faziosità politica che le sta danneggiando, ma il modo in cui a volte insultano l’intelligenza dei telespettatori. Quando una rete decide di non seguire eventi che portano 10mila manifestanti in strada nella capitale, non è manipolazione, è stupidità. Questo genere di reti tv scelgono di soddisfare i bisogni informativi e emozionali della loro audience e non sono molto preoccupati della qualità del giornalismo proposto. Anche se i dati di audience sono in calo, chi continua a seguire questi canali in genere ritiene del tutto genuino ciò che vede o sente, senza esercitare alcun pensiero critico.
E’ rilevante che il consumo di notizie online sia in crescita. Uno studio pubblicato nel 2015 rivela che i romeni passano 340 minuti al giorno a guardare la tv e 271 minuti al giorno a navigare su Internet (la media mondiale è di 109 minuti al giorno). Il modo in cui i social media lavorano in Romania ha dimostrato che i media tradizionali hanno perso il loro monopolio sulla diffusione delle notizie e che non c’è modo di nascondere un tema al pubblico. Le elezioni presidenziali del 2014 e i movimenti di protesta sui social dal 2013 in poi hanno dimostrato che i social media compensano e in parte sostituiscono il ruolo svolto dai media tradizionali fino ad ora.
La cancellazione del canone radio-tv, deviato interamente alle finanze del governo, potrebbe danneggiare i media pubblici?
Sì, in modo definitivo e importante. Il servizio pubblico è nato così, finanziato con una tassa pagata da tutte le famiglie. Era un collegamento organico tra l’emittenza pubblica e i cittadini. Anche se tv e radio pubblica sono state regolarmente accusate di contenuti politicizzati, soprattutto dopo il 1989. Cambiando il modello di finanziamento dal canone a una voce di bilancio dedicata potrebbe portare a un controllo politico ancora maggiore. Non soltanto i consigli di amministrazione possono essere liquidati sulla base dei report annuali del parlamento, ma il loro bilancio può essere deciso dallo stesso parlamento. Questo modello funziona bene in altri paesi europei, ma in Romania, dove esistono meccanismi di controllo politico, la prudenza è d’obbligo.
Non c’è alcun obbligo per il parlamento di discutere i report del network pubblico entro certi tempi, possono passare anni senza alcun dibattito, un lasso di tempo in cui coloro che li dirigono possono godere di un”immunità” arbitraria. Per questo motivo siamo preoccupati da questa decisione, presa senza alcuna consultazione pubblica o professionale. E’ stata una mossa puramente politica, populista – “guardate, tagliamo le tasse, votate per noi!” – che aggrava le nostre preoccupazioni.
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