Romania: contadino, credente e omosessuale
Si è da poco svolta in molti paesi del mondo la settimana del Gay pride. Anche in Romania. La storia di Cristi Marcu. Un incontro
(Pubblicato originariamente da Scena9, selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e OBCT)
L’8 febbraio scorso la proiezione del film “Soldati. Storie di Ferentari” presso il Museo del contadino romeno, a Bucarest, è stato interrotto da alcuni militanti ortodossi. A loro avviso il museo sarebbe dovuto essere un luogo sacro e l’omosessualità non esiste nelle zone rurali del paese. In risposta l’illustratore Paul Mureșan aveva pubblicato una vignetta sulla quale si poteva leggere “Un contadino romeno gay non è né meno romeno e nemmeno meno contadino. Ed in più è molto dotato con le sue mani”. Vignetta ispirata da Cristi, il compagno di Paul.
Cristi Marcu ha 38 anni, vive a Sălicea, un piccolo villaggio della Transilvania. Vi ci si è trasferito quando aveva 15 anni, in fuga da un padre alcolizzato. Cristi è andato così a vivere con sua nonna, che oggi ha 88 anni. Quest’ultima è seduta in giardino, alla televisione guarda Trinitas, un canale televisivo religioso. È presente anche Paul Mureșan. “Lo sa tutto il villaggio”, spiega Cristi, relativamente alla sua relazione con Paul.
Paul si cambia, indossa i suoi vestiti da giardinaggio, fa partire una canzone di Arcade Fire sul suo telefonino ed inizia a tracciare solchi per seminare. Dopo lunghi giorni trascorsi seduto sui suoi disegni e concentrato su temi difficili è per lui un sollievo lavorare la terra. Ha appena finito un’animazione sulla paura della morte per la quale ha realizzato quasi 10.000 illustrazioni. Fu anche con un disegno che confessò ai suoi genitori di essere gay. Cristi osserva Paul lavorare. "Sono così felice che gli piaccia stare qui".
“Spesso mi siedo e penso agli ultimi dieci anni”, racconta Cristi. “Dal 2008 al 2015 ho attraversato un periodo morto, durante il quale non ho fatto assolutamente nulla. Solo sopravvivenza. Quindici anni fa qui c’erano fiori dappertutto. E mi sono ritrovato a non averne più nessuno. Ho sempre amato i fiori ma non avevo più l’energia di occuparmene”.
Cristi racconta del suo passato. È da quando ha 12 anni che è consapevole di essere attratto dagli uomini ma per molto tempo non ne ha mai parlato con nessuno. Riteneva ciò che sentiva “un abominio”. Durante la sua adolescenza Cristi ha provato ad avere relazioni con delle ragazze ma non funzionava. Così, ha smesso di cercare una qualsiasi intimità. Non conosceva persone LGBT. Il suo solo contatto con il mondo gay era attraverso i film e poi attraverso mIRC, la prima piattaforma di chat in Romania. Sino ai 35 anni Cristi non ha avuto più di 3 o 4 relazioni sessuali, tutte vissute con vergogna e considerate delle “sbandate”. Quando era in compagnia, faceva battute sugli omosessuali per sviare qualsiasi sospetto.
Arrivato a Sălicea, Cristi ha iniziato a ristrutturare la casa della nonna, ha piantato verdure e fiori, allevato animali. Nel 2005 sua madre si è ammalata gravemente e lui si è preso cura di lei. Un compito che lo ha mantenuto lontano dai suoi conflitti interiori. La sua morte, l’ha fatto sprofondare nella disperazione. È proprio in quel momento che qualcuno di inatteso è entrato nella sua vita. La mattina del primo settembre 2015 Cristi si è svegliato con un pensiero chiaro in testa: “Non sono solo”. La sera precedente, ad una festa, un amico al quale non parlava da un anno gli aveva confessato di essere gay. “Allora mi sono detto che c’era qualcun altro che conoscevo e che doveva attraversare le stesse cose che attraversavo io e viveva bene, nessuno gli aveva tagliato la testa”.
Questo pensiero ha causato un effetto valanga. I giorni seguenti Cristi ha iniziato ad accettarsi com’era. Aveva 35 anni e non aveva ancora avuto una relazione seria. “È allora che mi sono riappacificato con Dio. Nelle mie preghiere, dicevo, ‘Mio Dio, è così, è così che tu mi hai fatto’. Cristi è credente. Per vent’anni ha cantato nel coro della chiesa. Faceva anche proselitismo tra gli amici ed i vicini per spingerli ad essere dei migliori credenti. Era il braccio destro del prete, che accompagnava in tutte le occasioni importanti e con il quale festeggiava la Pasqua.
Nel settembre 2015 è finalmente riuscito a riconciliare due mondi che si erano silenziosamente contrapposti in lui per anni: la sua fede cristiano-ortodossa e il suo orientamento sessuale. Ha continuato a cantare in chiesa ma ha allo stesso tempo iniziato a parlare della sua omosessualità alla propria famiglia, con gli amici e con qualcuno del villaggio. Un giorno, in taxi, il conducente parlava male degli omosessuali. Cristi ha allora deciso di cominciare con un mini-attivismo, gli ha allora detto di essere omosessuale. “Il conducente rispose: ‘bah, va bene, tu non fai male a nessuno’. La gente ha bisogno di vedere che dietro alle definizioni vi sono esseri umani”, racconta.
Alla fine del gennaio 2016 Cristi si è deciso ad andare a fare visita al prete del villaggio, che considerava da più di vent’anni un amico. Gli ha confessato la sua omosessualità, gli ha detto di essere depresso. Il prete lo ha indirizzato verso un confessore: “Prega, non arrenderti. Non fare nulla che ti possa condurre ad una vita gay, vivi in castità”, gli consigliarono entrambi. “La chiesa considera l’omosessualità come una malattia che può essere curata”. Il confessore gli ha raccomandato una “terapia della conversione”, un trattamento considerato dall’Organizzazione mondiale della sanità “medicalmente infondato” e “pericoloso per la salute”.
Il pensiero che lo feriva di più era quello di essere destinato ad una vita in solitudine, senza affetti. Il confessore gli aveva dato preghiere da ripetere tra cui il “Canone della penitenza”: “Io, peccatore e indegno, non sono degno del tuo amore”. Cristi ha pianto per una settimana intera ed ha cominciato a prendere anti-depressivi. In marzo è andato a trovare il fratello a Cluj e ricorda chiaramente la notte in cui ha compreso di dover fare una scelta. “Ero a letto e mi sono detto che dovevo abbandonare o una cosa o l’altra. Ma non potevo rinunciare a me stesso, ed allora ho abbandonato la chiesa, anche perché avevo già capito che la chiesa iniziava ad allontanarsi dentro me”. La settimana successiva Cristi ha iniziato ad uscire dalla depressione.
Cristi è ritornato a far visita al suo amico prete e gli ha chiesto qual era a suo avviso l’insegnamento più importante di Gesù. “Ama il tuo prossimo”, ha risposto il prete. “Non è l’insegnamento completo”, ha risposto Cristi. “Ama il tuo prossimo come te stesso. La parte più potente è quest’ultima e tu la dimentichi. Voi non insegnate alla gente ad amare se stessi, voi insegnate ad odiare se stessi. E se mi si è insegnato fin da quando ero piccolo ad odiarmi, ad odiare ciò che provo, che amore posso donare al prossimo?”.
Ha infine ammesso al prete di sentirsi abbandonato. “Avevo bisogno che per cinque minuti mettesse da parte la tunica e mi chiedesse come sto, da amico. Non l’ha fatto. Ed io ho pianto”.
Cristi ha rinunciato alla sua fede ma continua a coltivare una ricca spiritualità, convinto che tutte le filosofie sono parte di un grande puzzle. “Manca un ecumenismo di qualità e non riusciamo quindi a mettere insieme tutti gli elementi del puzzle. Se si prendessero tutte le religioni e si togliessero i dogmi, le leggi e i costumi si arriverebbe all’essenza, ad una sola cosa che può essere definita da un’unica parola: l’amore. Amore incondizionato. Quello che si dà al prossimo ma che si dà innanzitutto a se stessi”.
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