Romania: come il potere controlla il voto delle minoranze
Il governo romeno stanzia 25 milioni di euro all’anno per le organizzazioni che rappresentano le 17 minoranze del paese. Denaro che nessuno controlla come venga speso. In cambio in parlamento le minoranze votano quasi sempre a favore del governo
(Pubblicato originariamente da Recorder, selezionato e adattato da Le Courrier des Balkans )
Ogni anno, il governo romeno stanzia oltre 25 milioni di euro per le organizzazioni che rappresentano le minoranze nazionali. Ufficialmente, questi soldi devono essere spesi per la conservazione dell’identità culturale di ogni comunità. I meccanismi di controllo di questi sussidi sono però praticamente inesistenti e il denaro viene nei fatti utilizzato per pagare dell’altro: dalle berline di lusso a gadget all’avanguardia, se non finisce direttamente sui conti bancari personali dei presidenti delle associazioni. Dato che i parlamentari rappresentanti le minoranze votano quasi sempre con il governo, quest’ultimo preferisce chiudere gli occhi e tutti sono contenti.
Questi finanziamenti, concessi a fondo perduto, dovrebbero essere garantiti per legge salvo che la legge quadro sulle minoranze è bloccata in Parlamento da più di dieci anni. Per il momento quindi questi fondi sono concessi ogni anno via decreto governativo. Ciò significa che dipendono dalla buona volontà del governo che quindi ottiene in questo modo l’obbedienza dei rappresentanti delle minoranze che non intendono farsi sfuggire questa manna. Ciò è particolarmente evidente nelle dinamiche in Parlamento: i 17 deputati che rappresentano le minoranze seguono generalmente la linea governativa e questo è avvenuto soprattutto in questi ultimi due anni.
Ad esempio nell’estate del 2018 contestati emendamenti al codice penale sono stati adottati proprio grazie ai loro voti e sono state le minoranze nazionali a fare la differenza quando è stata adottata la mozione di sfiducia contro il primo ministro Sorin Grindeanu. "Siamo in una situazione di fragilità permanente perché ogni anno la concessione di fondi dipende dalla buona volontà della classe politica. Ma non direi che il nostro voto è controllato. Ogni deputato vota secondo coscienza", assicura a Recorder Varujan Pambuccian, a capo del gruppo parlamentare delle minoranze nazionali.
Appropriazione indebita
Le associazioni delle minoranze rendicontano su come utilizzano i loro fondi al Dipartimento per le relazioni interetniche (DRI), che è subordinato al governo. Un’agenzia che però al suo interno non ha alcun ufficio dedicato alle verifiche sulle rendicontazioni. In altre parole, le associazioni segnalano quando vogliono e ciò che vogliono, senza che nessuno controlli se stanno dicendo la verità. Ad esempio un controllo dell’Anaf (l’Agenzia nazionale di amministrazione fiscale) ha rilevato che l’Unione dei bulgari del Banato non ha pagato i contributi previdenziali ai propri dipendenti per dieci anni, mentre Petronela Csokany, la contabile dell’associazione, ha prelevato somme ingenti dei fondi stanziati dal governo e li ha trasferiti sul proprio conto personale. Nel frattempo l’Unione dei bulgari del Banato inviava rendicontazioni impeccabili al DRI. Oggi, Petronela Csokany è parlamentare in rappresentanza della minoranza bulgara.
I finanziamenti concessi a queste organizzazioni sono aumentati costantemente negli ultimi anni e il modo in cui sono stati spesi è diventato sempre più inverosimile. Nell’ultimo rapporto sulle proprie spese inviato al DRI nel 2016, l’Associazione dei macedoni della Romania afferma di aver acquistato, tra le altre cose, una Volkswagen Touareg da 45.000 euro. Vi era necessità di quest’auto di lusso? Laura Ragobete, presidente dell’associazione, ha risposto a Recorder che il veicolo era necessario per trasportare i costumi della compagnia di ballo tradizionale per gli eventi a cui partecipava. Il DRI ha comunque chiesto spiegazioni su queste spese ma l’Associazione dei macedoni si è rifiutata di darle. Nel 2018 il governo le ha versato altri 3 milioni di lei (circa 650.000 euro) a fondo perduto.
Dato che rappresentano una minoranza numerosa, l’Associazione Fazione dei rom pro-europei ha ricevuto 3,7 milioni di euro per l’anno finanziario 2018. L’ultimo suo rapporto disponibile sul sito web del DRI risale al 2016. Vi si trovano riportati, al fianco dell’acquisto di computer e iPhone, 850.000 euro spesi per l’acquisto di un edificio per la propria sede e 300.000 euro spesi in automobili. Non sappiamo che tipo di auto l’associazione abbia acquistato o chi le usi. Il DRI non ha ricevuto la spiegazione ad una propria richiesta in merito e i rappresentanti dell’associazione si sono rifiutati di rispondere alle domande poste da Recorder.
Dato che c’è sempre più denaro pubblico destinato a queste associazioni che rappresentano le minoranze, alcune di esse sono state di fatto monopolizzate da gruppi di interesse, perdendo quasi completamente il loro obiettivo iniziale, quello di rappresentare gli interessi delle minoranze. Queste associazioni non forniscono alcuna relazione in merito alle proprie attività, non sono responsabili di fronte a nessuno e vengono rinnegate dalle stesse comunità che dovrebbero rappresentare. È il caso ad esempio dell’associazione Lega degli albanesi, guidata da Bogdan Alin Stoica, che non ha alcuna origine albanese e che ha assunto amici e la moglie nell’associazione finanziata dai soldi dei contribuenti. Nel 2018, la Lega degli albanesi ha ricevuto oltre 430.000 euro dal governo e il deputato Bogdan Alin Stoica ha votato quasi sempre a favore della maggioranza.
"Il problema delle origini è un problema molto soggettivo", replica Bogdan Alin Stoica. "Non so come si possano provare le proprie origini. È fuori discussione dal mio punto di vista. Rappresento questa comunità in Parlamento perché sono stato eletto per farlo". Per 20 anni, dal 1996 al 2016, il seggio della Lega degli albanesi è stato appannaggio di Oana Manolescu, la cui origine albanese era già contestata. Andata in pensione, è stato il suo autista, Aurel Stoica, a prendere il comando dell’associazione, e fu suo figlio Bogdan a candidarsi alle elezioni legislative.
Oltre alla Udmr (Alleanza democratica dei magiari di Romania, il principale partito della minoranza ungherese), vi sono 17 associazioni di minoranza che hanno un seggio garantito in Parlamento secondo il modello adottato nel 1990. Per ognuna di esse, tuttavia, vi è un problema di rappresentatività dato che le comunità che rappresentano sono quasi sparite. La minoranza macedone contava, secondo l’ultimo censimento del 2011, 1264 membri. Ma stranamente l’Associazione dei macedoni ha ottenuto 5500 voti nelle ultime elezioni parlamentari del dicembre 2016, ottenendo un seggio in Parlamento. Lo stesso avviene con gli albanesi che non sono che qualche centinaio ma la loro associazione ha ottenuto più di 4000 voti.
Divide et impera
La Romania ha cominciato a concedere diritti alle minoranze 100 anni fa, dopo la Prima guerra mondiale. "Le minoranze sono state una parte costituente della nazione romena fin dall’inizio e sono menzionate nella Proclamazione della Grande Unione del 1918", spiega Varujan Pambuccian, a capo del gruppo parlamentare delle minoranze nazionali.
Con il regime comunista, i diritti delle minoranze sono stati ridefiniti. Solo due minoranze hanno ottenuto diritto di rappresentanza: gli ungheresi e i tedeschi. Dopo la rivoluzione del 1989, il desiderio delle minoranze di veder riconosciuti i loro diritti democratici ha incontrato il pragmatismo di chi era al potere. Il Fronte di salvezza nazionale di Ion Iliescu era un partito monolitico che aveva tutto l’interesse a frammentare ciò che rimaneva dei posti in Parlamento, secondo il principio del "divide et impera". A quel tempo, con una semplice registrazione in tribunale, era possibile creare un’associazione con la quale si poteva concorrere alle elezioni per rappresentare una minoranza.
Premiati con dei comodi posti a sedere in parlamento e finanziamenti a fondo perduto, i rappresentanti delle minoranze sono sempre stati vicini a chi era al governo. Oggi, alcuni di loro sono comunque oggetto di procedimenti giudiziari. La parlamentare dei Bulgari di Romania Petronela Csokany è accusata di evasione fiscale per non aver pagato i contributi previdenziali per i propri dipendenti per una somma vicina ai 900.000 euro di arretrati. E Nicolae Păun, ex deputato della Fazione dei rom pro-europei è stato accusato di appropriazione indebita di fondi destinati al partito di cui era presidente onorario.
Nel frattempo Daniel Vasile, attuale deputato della Fazione dei rom pro-europei, sentito da Recorder, giustifica così il diritto di una ong che opera per una delle comunità più povere della Romania di acquistare iPhone per i suoi dipendenti: "Tutte le istituzioni pubbliche hanno iPhone, mostrami istituzioni pubbliche in cui non hanno acquistato iPhone o automobili. Abbiamo un decreto governativo che accetta questo tipo di spesa ".
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