Romania: casa dolce casa
Una legge del 2001 prevede la restituzione di immobili e terreni sequestrati nel 1947. Lo Stato promette risarcimenti ma non ha soldi. Molti cittadini si sono allora rivolti alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo.
Libero mercato? Democrazia? Una grave ingiustizia compiuta dal regime comunista continua ancora oggi ad essere presente nella società romena. Il diritto alle proprietà confiscate dai comunisti quasi 50 anni fa, viene riconosciuto in teoria e pure garantito dalla nuova Costituzione, ma in pratica i dati sulle restituzioni non sono molto incoraggianti.
Se per le proprietà agricole le cose si sono più o meno mosse nella direzione giusta, per la restituzione degli immobili nazionalizzati, i risultati sono poco soddisfacenti. Dall’entrata in vigore della legge n. 10/2001 che stabilisce le modalità per la restituzione degli immobili ed il risarcimento dei vecchi proprietari, solo il 10% dei vecchi proprietari è entrato in possesso delle proprietà confiscate abusivamente nel 1947 e nazionalizzate. Decine di migliaia di persone hanno subito la violenza di vedersi portare via le case dove i genitori ed i nonni avevano vissuto. Molti hanno lasciato il paese mentre i più si sono trasferiti in case e appartamenti più piccoli, più stretti, perché il regime stabiliva anche i metri quadrati delle abitazioni e la gente si doveva adeguare.
Dopo la caduta del regime comunista – che confiscò tutto quello che poteva, dai terreni alle case, oltre che la libertà di pensiero, espressione o movimento – le leggi hanno aperto la porta al diritto di proprietà. Tuttavia è stato specificato che non saranno restituiti gli immobili considerati di interesse pubblico come scuole, ospedali, uffici pubblici. La lista degli immobili che non si possono toccare è lunga.
La Romania è tra gli ultimi Paesi in Europa, se non proprio l’ultimo, per ciò che riguarda la restituzione delle case nazionalizzate. La prima domanda che ci si pone è perchè? Perchè la Romania, candidata ad entrare nell’Unione Europea nel 2007, non riesce a risolvere questo importante e delicato problema?
Chi è riuscito a presentare domanda per rientrare in possesso delle proprietà confiscate dal regime – allegando documenti comprovanti la sua qualità di proprietario o di erede – non è detto riuscirà a riavere la propria casa. Le autorità hanno emesso sentenze per 75.000 immobili. Di questi però solo 12.500 riguardano la restituzione dell’immobile, il resto consiste in risarcimenti in denaro ed in titoli di società commerciali.
La tendenza generale degli ex-proprietari è, nei casi in cui non possono ricevere la loro casa, di accettare risarcimenti in denaro anziché in titoli. Situazione incredibilmente senza speranza, visto che lo Stato ha a più riprese dichiarato di non avere la copertura finanziaria per i risarcimenti. Non si sa ancora quindi per quanti anni i cittadini dovranno aspettare prima di essere risarciti. Di sicuro, il ritmo delle restituzioni rallenterà visibilmente, visto che si avvicinano le elezioni. Davanti ai rinvii sine die, gli ex proprietari, per la maggior parte persone anziane, ritengono che il Governo attenda solo di sanare il problema con la loro morte naturale.
Attualmente la somma totale dei risarcimenti che il Governo dovrebbe pagare supera i 9 miliardi di dollari. Non pochi sono i casi in cui i proprietari hanno subito in sostanza una doppia violenza – una nel 1947 con la nazionalizzazione forzata ed una dopo l’89 quando molti immobili furono venduti agli inquilini, lasciando però il vero proprietario senza alcun diritto, con l’unica opzione di andare di fronte ad un giudice.
Se solo il 10% è riuscito a riavere le proprie case, gli altri sono impantanati in processi interminabili contro lo Stato romeno che nei fatti non riconosce il diritto di proprietà tanto decantato. In Romania la burocrazia giudiziaria è allarmante e allora chi ha avuto la forza si è orientato verso la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo. Al momento sono in corso 180 cause di cittadini romeni contro lo Stato. In 52 dei casi, la Corte ha dato ragione agli ex proprietari. Su altri 86 casi deve ancora pronunciarsi. Ciò significa che attualmente la Romania è obbligata dalla Corte Europea a risarcimenti del valore di 3,6 milioni di euro.
Molti si chiedono perché lo Stato preferisca risarcire con denaro dei contribuenti poi obbligati a pagare nuove tasse, invece di restituire gli immobili. Le autorità invocano l’interesse pubblico. Per esempio l’attuale sede del Ministero degli esteri è stato richiesta dall’ex proprietario, ma le autorità ritengono non sia disponibile una sede alternativa. Inoltre l’immobile viene valutato intorno ai 3 milioni di dollari ma il Governo dice di non aver soldi per un tale risarcimento.
Secondo le ultime statistiche solo un quarto degli immobili nazionalizzati verrà restituito. Gli ottimisti ritengono questo avverrà entro 10 anni.
Le restituzioni dei beni che sono appartenuti ad istituzioni religiose o a minoranze sono oggetto di una legge speciale. Ma nemmeno in questo caso le restituzioni si fanno a ritmo serrato, anzi. Questa lentezza ha spinto a muoversi lo stesso Giovanni Paolo II che ha richiesto procedure di urgenza per i beni della chiesa cattolica o greco-cattolica della Romania.
Se la maggior parte delle richieste di restituzione riguardano appartamenti o case ve ne sono altre del tutto particolari. Anche i castelli vengono infatti rivendicati. Conosciuta anche come "il Paese dei castelli" la Romania si trova davanti a decine di rivendicazioni di questi immobili entrati ormai a far parte del patrimonio culturale e storico pubblico. L’ex re della Romania, Mihai I è riuscito ad entrare in possesso di uno di questi ed ha ottenuto il diritto di utilizzarne un altro. Le sue altre richieste formano oggetto di procedimenti in atto.
La legge 18/1991 riconosce il diritto anche alla restituzione della proprietà dei terreni. Tuttavia i contadini, per cui la terra era tutta la loro vita, sono potuti entrare in possesso al massimo di 50 ettari di terreno arabile e di 10 di foresta, a testa. Il problema delle restituzioni non è stato risolto completamente nemmeno in questo caso. Lo stato deve rilasciare ancora 150.000 titoli di proprietà. Finora ne sono stati emessi 4.139.768 per terreni agricoli e 507.949 per terreni boschivi.
Ed in questa fase di restituzioni non mancano certo denunce e contrasti tra ex-proprietari. Spesso si tratta di agricoltori che non riescono ad accordarsi sui rispettivi confini. C’è inoltre chi ha ricevuto quasi tutto, chi ha ricevuto poco e chi non è riuscito a ricevere niente perché non è stato in grado di dimostrare che la terra fosse sua.
Traumatizzati dalla collettivizzazione forzata dei comunisti, i contadini hanno preferito lavorare in proprio da soli la terra restituita. Situazione impossibile nella maggior parte dei casi per la mancanza di attrezzatura e mezzi finanziari. Ora, le autorità stanno cercando di modificare la mentalità degli agricoltori romeni tramite diversi progetti europei. Si spinge nella direzione dell’associazione di più contadini in modo si possa intraprendere un’agricoltura non di mera sussistenza e capace di stare sul mercato europeo, che sia in grado di utilizzare crediti e consulenze che l’Unione mette a disposizione.
Nel caso degli agricoltori romeni quindi la restituzione dei terreni è solo un primo passo. Inutile se non viene fornita loro anche assistenza, mezzi finanziari e sostegno per adottare politiche commerciali efficaci che permettano loro di riuscire a vivere del proprio lavoro ed alla Romania di sfruttare il proprio potenziale agricolo.
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