Romania: 1989, la rivoluzione confiscata
L’ex presidente romeno Ion Iliescu sarà processato per crimini contro l’umanità, insieme ad alti membri della leadership politica e militare che guidò la rivoluzione del 1989 contro il dittatore comunista Nicolae Ceaușescu. Le reazioni nel paese
A 30 anni dalla Rivoluzione romena e ormai a ridosso della campagna elettorale per le elezioni europee (inizierà il 27 aprile), la procura militare romena ha annunciato di aver concluso l’inchiesta giudiziaria sul dossier “Rivoluzione 1989”. Di conseguenza i fascicoli verranno ora inviati al tribunale dove si apriranno i processi che vedranno coinvolti i principali leader della rivoluzione che fece cadere il regime comunista di Ceaușescu. Tra questi, in primis, l’ex presidente romeno Ion Iliescu, 89 anni, sarà processato per “crimini contro l’umanità”, accusa che riguarda il suo ruolo negli eventi sanguinosi dell’89.
In questo modo la giustizia romena “compie un proprio dovere d’onore rispetto alla Storia”, ha annunciato Augustin Lazar, capo procuratore della Romania. L’inchiesta dei procuratori militari romeni rappresenta a suo avviso una visione “limpida dei dossier storici della Romania”. Non è stata ancora comunicata, invece, la data in cui prenderà avvio il processo a Ion Iliescu.
Le accuse
Iliescu è accusato di aver presieduto nel dicembre del 1989 la costituzione di un’organizzazione (il Cfsn – il Consiglio del Fronte per la Salvezza Nazionale) il cui scopo era di conquistare il potere e allo stesso tempo di legittimarsi politicamente. Un’organizzazione che secondo i procuratori “ha utilizzato la televisione per creare diversione e per la propagazione della disinformazione dopo la fuga di Ceaușescu da Bucarest il 22 dicembre”. Anche il processo e l’esecuzione di Nicolae Ceaușescu e della consorte Elena, il 25 dicembre, avrebbe fatto parte dell’operazione guidata da Iliescu.
L’accusa ha ricostruito il periodo di cinque giorni in cui Iliescu prese il potere dopo la fuga di Ceaușescu. Durante le manifestazioni contro il regime comunista vennero uccise 862 persone e altre 2150 sono rimaste ferite. Ma solo 200 persone persero la vita – secondo i procuratori – per ordine di Ceaușescu. Si continuò a sparare e morire a Bucarest anche dopo la fuga di quest’ultimo. Alla popolazione venne comunicato che erano dei “terroristi” a farlo. Terroristi misteriosi, senza volto, senza nome. Un mistero che rimane anche a 30 anni di distanza. Secondo la procura questi fatti farebbero parte di “una vasta azione di diversione e disinformazione“ e dietro vi sarebbero Iliescu ed altri leader della Rivoluzione. “Con sparatorie caotiche e fratricide si intendeva creare una psicosi generalizzata”, si legge nell’inchiesta giudiziaria.
Dopo la caduta di Ceaușescu, Ion Iliescu godette di grande popolarità nonostante sia sempre stato accusato dai suoi avversari di aver confiscato la Rivoluzione al popolo. Nel febbraio 1990 Iliescu venne confermato presidente ad-interim da un Parlamento in transizione, il 20 maggio dello stesso anno, come candidato del Fronte della Salvezza Nazionale (FSN), venne eletto capo dello stato con l’85% dei voti. Iliescu, un ex membro della nomenclatura comunista con studi a Mosca (ma entrato in conflitto con Ceaușescu negli anni ’80) ricoprì questa carica dal 1989 al 1996 e poi dal 2000 al 2004, anno in cui la Romania aderì alla Nato.
Reazioni
Per il presidente della Romania Klaus Iohannis l’arrivo di questi fascicoli del dossier Rivoluzione ’89 in tribunale rappresenta un passo estremamente importante per stabilire la verità perché, si legge in un comunicato rilasciato da Palazzo Cotroceni, sede della presidenza, “i crimini della Rivoluzione non devono rimane impuniti”.
Ad apprezzare le finalità dell’inchiesta da parte dei procuratori militari anche il noto giornalista e analista politico Cristian Tudor Popescu. Popescu racconta di essere stato lui stesso chiamato per due volte a testimoniare e aggiunge di aver incontrato in quelle occasioni dei procuratori militari “decisi, professionali e determinati a trovare la verità”.
“Tranne Nicolae e Elena Ceaușescu, nessuno doveva morire per colpi di arma da fuoco in Romania dopo il 22 dicembre… perché invece ci sono stati dei morti? – si è chiesto Popescu ai microfoni di Radio Europa FM – perché alcuni alti responsabili politici e militari avevano bisogno di coprire ciò che avevano fatto prima del 22 dicembre”.
Il giornalista ha poi raccontato che sotto i suoi occhi erano morte inutilmente delle persone “mentre i proiettili rimbalzavano sull’asfalto e ti arrivavano in testa, perché tutti sparavano contro tutti, non si capiva niente”. Popescu poi ha ricordato che in qualità di giornalista chiese all’ex presidente Iliescu perché non avesse ordinato alla gente di ritirarsi nelle proprie abitazioni. Iliescu avrebbe risposto che non potevano prendere una tale decisione, in quanto avrebbero perso la fiducia della popolazione. Ecco che per Popescu, Iliescu preferì far morire la gente in strada piuttosto di perdere il proprio capitale elettorale.
Tra i leader della Rivoluzione dell’89 rinviati a giudizio per crimini contro l’umanità vi sono l’ex presidente Ion Iliescu, l’ex vice premier Gelu Voican Voiculescu, l’ex comandante dell’aviazione militare, il generale Iosif Rus. Non rinviato a giudizio invece, per mancanza di prove, l’ex primo ministro Petre Roman.
Il dossier sulla Rivoluzione romena è composto da oltre 33.000 pagine. Secondo l’accusa, il Consiglio del Fronte della Salvezza Nazionale diede ordine all’esercito di sparare anche dopo il 22 dicembre, dopo la fuga di Nicolae Ceaușescu.
Non tutti concordano però con le conclusioni dei procuratori militari. Andrei Ursu, figlio del dissidente anticomunista Gheorghe Ursu, insieme ad altre undici personalità romene ha inviato una lettera aperta di protesta al procuratore generale Augustin Lazar. I firmatari chiedono perché nel dossier inviato al tribunale manchino proprio i membri della Securitate, l’ex polizia politica, che ha sparato alla gente nel dicembre del 1989. “Abbiamo notato con stupore che dall’accusa mancano i principali colpevoli, responsabili delle 1200 vittime della Rivoluzione, cioè i membri del Dipartimento della Sicurezza dello Stato” si legge nella lettera aperta i cui firmatari ritengono “un insulto” la pretesa di sostenere che chi allora sparava non sapeva cosa stava accadendo.
Durissima la reazione da parte del Partito Socialdemocratico (PSD) al potere in Romania. Il PSD difende dalle accuse Ion Iliescu, fondatore e presidente d’onore del partito. I leader del PSD accusano il procuratore generale della Romania, Augustin Lazar, di essere stato “ex agente della polizia politica comunista” e allo stesso tempo accusano il presidente Klaus Iohannis di essere ”il protettore dei securisti e degli esponenti dell’apparato repressivo di Ceaușescu”.
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