Rigassificatori nel golfo di Trieste: Slovenia e Croazia dicono no
La Regione Friuli Venezia Giulia chiederà al Governo nazionale un’integrazione di documentazione sul progetto di realizzazione nel Golfo di Trieste di impianti di rigassificazione. Per meglio valutarne l’impatto ambientale. Sui rigassificatori nel golfo si va comunque avanti. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Di Fabio Dalmasso
«Rigassificatori, colpo d’accelleratore». «Sì del Governo ai rigassificatori». «Accordo sui rigassificatori. Quattro in soli due anni». I giornali del 19 agosto riportavano con grande risalto la nascita, sancita il giorno precedente, di una "cabina di regia" governativa deputata a risolvere il problema dei rigassificatori in progetto in tutta la penisola: il premier Prodi, il sottosegretario Enrico Letta, il ministro per lo sviluppo Bersani e quello per l’ambiente Pecoraro Scanio hanno deciso di rompere gli indugi e dare il via a quella che sembra essere la vera sfida dei prossimi anni, la corsa al gas. I tagli dello scorso inverno sulle forniture ”sovietiche” hanno messo in allarme i paesi europei che fanno della Russia il principale stato fornitore: anche l’Italia, che importa il 29% del proprio fabbisogno dalla terra di Putin, ha cercato di correre ai ripari, intensificando i rapporti economico diplomatici con i paesi produttori di gas e cercando soluzioni alternative per scongiurare un inverno di freddo. Per quanto riguarda il primo aspetto Prodi si è adoperato in anticipo e il 20 luglio ha firmato un accordo con la Gazprom per stabilire i termini delle future forniture, con in cambio la possibilità dell’Eni di puntare al gas e al petrolio russo.
Il recente accordo tra Russia e Algeria ha messo in agitazione l’intero comparto energetico nazionale ed europeo: la paura di un cartello del gas, con una quasi monopolizzazione del mercato, ha spinto il Governo italiano a intensificare le relazioni politiche con i due paesi, giungendo ad accordi che dovrebbero garantire un approvvigionamento sicuro per il prossimo inverno. Ma se nell’immediato il problema può essere arginato, nel lungo periodo la situazione sembra essere più complicata: il gas, infatti, non viene usato unicamente per il riscaldamento, ma anche per la produzione di corrente elettrica; attualmente la quota del gas nella generazione della corrente è del 49%, ma in futuro aumenterà fino al 60%, facendo dell’Italia il paese al mondo che dipende maggiormente dalle importazioni del gas. In questo contesto risulta grave la mancanza di un vero e proprio piano energetico nazionale che possa coordinare le diverse iniziative, puntando l’attenzione anche su forme di energie alternative, come l’eolica e la solare. Per il momento, però, il Governo italiano ha deciso di puntare molto sui rigassificatori, ma l’iter per i molti progetti si presenta tutt’altro che semplice e affiancare nuovi terminal a quello di La Spezia sarà un’opera con molti rischi, soprattutto politici.
Attualmente la situazione si presenta con tre progetti autorizzati e finanziati (Livorno, Brindisi e Rovigo) e altri otto fermi alla fase progettuale, di cui due individuati in Sicilia e due nel golfo di Trieste. L’Alto Adriatico si troverebbe così ad avere tre impianti di rigassificazione in uno spazio piuttosto limitato e tale scelta non è del tutto casuale: la zona delle Venezia Giulia ha sempre rappresentato una porta estremamente importante per il mercato dell’Europea orientale e lo sanno bene Endesa e Gas Natural, le due multinazionali che hanno progettato i terminal nel golfo di Trieste e nel vallone di Zaule, vicino a Muggia. Ma come a Livorno e a Brindisi, anche a Trieste la popolazione ha detto no e si è mobilitata contro quella che viene descritta come l’ennesima prova di forza del governatore delle Regione Friuli Venezia Giulia, Riccardo Illy, sulla cui figura piovono accuse di despota.
L’ex sindaco di Trieste non fa nulla per passare inosservato: eletto come rappresentate del centro sinistra, Illy è un abile imprenditore che affonda la politica con una logica prettamente manageriale, senza troppe distinzioni politiche: il progetto dell’euroregione l’ha portato a stringere rapporti con governanti di qualsiasi colore politico, mentre a inizio giugno aveva firmato una lettera, con i presidenti delle regioni Piemonte e Lombardia, per sollecitare l’iter di realizzazione del tracciato Tav. Il sogno di fare diventare la regione un centro nevralgico dei traffici e degli scambi economici lo fa apparire, agli occhi degli ecologisti e di una certa sinistra, come una persona sensibile unicamente al profitto.
Nel caso dei rigassificatori Illy non ha mai celato il suo sincero entusiasmo per i due progetti sin dalle prime battute: conscio delle difficoltà che avrebbe potuto trovare con la vicina Slovenia, il 4 aprile 2006 scrisse una lettera al Premier sloveno Janes Jansa dichiarando la propria disponibilità nel fornire al Governo sloveno tutte le informazioni in possesso dell’Amministrazione regionale; medesime rimesse vennero fatte in precedenza al ministro degli esteri sloveno, Dimitri Rupel, durante un incontro ad Ancorano. La premura di Illy nell’avvicinare e cercare di assicurarsi il sostegno sloveno non era dettata unicamente dalla necessità di avere buoni rapporti di vicinato: secondo alcuni Illy potrebbe contare sul sostegno americano e su quello di importanti multinazionali molto interessate al processo di liberalizzazione del mercato energetico, in particolare di quello del gas. Partendo da queste basi è ovvio che il governatore del Friuli Venezia Giulia faccia di tutto per poter stabilire ottime relazioni e accordi commerciali con la Slovenia e la Croazia, usando, soprattutto con la prima, promesse e minacce per disincentivare il Governo a porre freni sui progetti. Se da una parte Illy ha garantito grandi vantaggi sulle offerte di gas a prezzi bassi, dall’altra ha ricordato alla Slovenia che eventuali ostacoli potrebbero spingere la regione ad aprire vecchie diatribe di carattere ecologico che metterebbero in imbarazzo Lubiana, come ha fatto intendere anche L’Assessore regionale alla pianificazione Lodovico Sonego. I vari tentativi di avvicinamento, fatti di lusinghe e velate minacce, rientrano però in un preciso obbligo sancito dall’articolo 39 del nuovo Codice dell’Ambiente (D. Lgs. 152/2006) che dice: "Qualora l’opera o l’intervento possa avere effetti significativi sull’ambiente di un altro Stato membro dell’Unione Europea, ovvero qualora lo Stato membro che potrebbe essere coinvolto in maniera significativa ne faccia richiesta, al medesimo Stato devono essere trasmesse quanto meno: a) una descrizione del progetto corredata di tutte le informazioni disponibili circa il suo eventuale impatto transfrontaliero; b) informazioni sulla natura della decisione che può essere adottata". Lo Stato membro potrà quindi far avere una sua opinione sul progetto, anche dopo aver consultato autorità competenti e il pubblico interessato.
Stando alle reazioni di Lubiana le promesse e le lusinghe di Illy non hanno sortito l’effetto desiderato, anzi, hanno spinto il Governo sloveno a prendere una posizione decisamente critica verso i due progetti, che verrebbero a trovarsi a pochi chilometri dai confini. Lubiana sembra poco interessata ai rigassificatori, anche perché a fine maggio ha avuto un incontro con la controparte russa proprio sul problema energetico e sembra più propensa a guardare ad Est che non al golfo di Trieste. La Slovenia acquista dalla Russia il 55% del proprio fabbisogno di gas, mentre il restante 45% arriva dall’Algeria, esattamente i due paesi che hanno firmato l’accordo tanto contestato; durante la crisi del gas del 2005 – 2006, la diminuzione delle forniture all’Ucraina da parte sovietica causò il crollo del 50% del gas giunto alla Slovenia. I contratti tra Gazprom e Geoplin, la compagnia slovena del gas naturale, sono scaduti alla fine del 2005 e Lubiana ha tutti gli interessi per rinnovarli, stringendo con Mosca accordi commerciali, cosa che Putin non può che vedere di buon occhio dato che la Slovenia è uno dei pochi paesi creditori verso la Russia e nuovi accordi potrebbero favorire lo spostamento della bilancia commerciale in favore di Putin. Oltre al fattore puramente economico, per Mosca è estremamente importante mantenere con la Slovenia gli ottimi rapporti economici – diplomatici avuti sin ora: sia per stabilità politica che per sicurezza economica, il territorio sloveno rappresenta un’ottima testa di ponte per espandere la propria egemonia energetica in Europa, un mercato che fa gola alla Gazprom. Lubiana, da parte sua, affiancherebbe alle obiezioni ecologiche ambientali anche quelle in termini di convenienza per opporsi ai rigassificatori triestini: nel caso che Gazprom assicuri alla Slovenia la quantità di gas necessaria al proprio fabbisogno, che valore avrebbero le promesse di Illy per Jansa?
A supportare tale ipotesi sono le parole stesse del ministro per l’economia sloveno, Andei Viziak, il quale ha dichiarato che "il progetto Gazprom costituirebbe l’alternativa ecologicamente migliore ai rigassificatori nel golfo di Trieste": il progetto al quale si riferisce Viziak è il cosiddetto gasdotto "Volta", una condotta che dall’Ungheria giungerebbe a Trieste dopo aver attraversato la Slovenia, di cui si è parlato in un incontro a giugno tra Janza e Miller, presidente della Gazprom. Il gas fornito sarebbe quello kazako e turkmeno e la Slovenia punta a coinvolgere l’Italia per poter diventare fornitrice di energia al nostro paese e, soprattutto, per poter avere un altro partner così da giustificare l’investimento nell’infrastruttura da parte della Gazprom.
Se a livello governativo si cercano mediazioni e contatti tra i diversi stati, la società civile slovena è nettamente contraria ai rigassificatori, posizionati al confine tra i due stati: alla manifestazione del 1° luglio erano molti i pescatori e i cittadini sloveni che si sono trovati al Molo Audace, a Trieste, per protestare contro i due terminal. La manifestazione era organizzata, oltre che dal combattivo Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, anche dal Comitato civile dell’Istria Slovena, l’associazione ambientalista croata Ekokvarner e dal settimanale lubianese Mladina, sul cui sito è apparsa una raccolta firme dal titolo "Salviamo il golfo di Trieste: no ai terminal di rigassificazione"; il giornale denuncia il pericolo legato alla costruzione dei due rigassificatori e chiede che i progetti vengano bloccati e si dichiari il golfo di Trieste ecosistema protetto, richiesta avanzata anche dal ministro dell’ambiente sloveno, Janez Podobnik, durante la conferenza internazionale dedicata alla "Strategia per lo sviluppo sostenibile dell’Adriatico" tenutasi a Portorose il 6 giugno scorso.
Un’altra iniziativa interessante è quella messa in piedi da sei designers e artisti sloveni che hanno creato una serie di sei tazzine dal chiaro nome "Anti – Terminal", visibili al sito http://antiterminal.blogspot.com. La scelta delle tazzine da caffé non è assolutamente casuale: il gruppo di artisti, infatti, prende direttamente di mira Illy, il re del caffé, e la sua politica di manipolazione del territorio a fini economico commerciali.
Anche la società croata non vede di buon occhio i due progetti nel golfo di Trieste: la presenza dell’associazione ambientalista Ekokvrner nella manifestazione del 1° luglio testimonia come anche a Zagabria la società civile non stia con le mani in mano di fronte alla proposta italiana: gli ambientalisti croati, anzi, avanzano una proposta alternativa, in vista anche del presunto terminal di rigassificazione che la società croata INA vorrebbe realizzare a Castelmuschio (Omisalj), sull’isola di Veglia. L’alternativa sarebbe un impianto comune per tutti tre i paesi, in mare aperto, a circa trenta chilometri dalla costa istriana a Sud di Pola, dove sarebbe possibile sfruttare delle piattaforme già esistenti. Se a livello governativo la posizione non è così netta come quella slovena, nella società civile croata l’opposizione ai terminal triestini sembra crescere e consolidarsi, formando un unico fronte da Trieste a Zagabria.
Il sogno di Illy si trova, quindi, di fronte alle dure prese di posizione sia di governi che di cittadini: le recenti dichiarazioni del ministro dell’Ambiente italiano sulla possibilità di quattro rigassificatori al massimo hanno scatenato la reazione immediata del governatore regionale che ha classificato come "approccio un po’ sovietico" le dichiarazioni di Pecoraro Scanio e criticato l’atteggiamento delle associazioni ambientaliste: "Dobbiamo tenere presente l’impatto ambientale delle opere, ma in un’ottica complessiva. E’ questo approccio che a volte manca alle associazioni ambientaliste o sedicenti tali. Guardano le cose una per volta. Prima dicono che c’è troppo inquinamento per il traffico in autostrada, poi quando si propone l’alta velocità dicono di no perché ci sono le grotte sul Carso. Stessa cosa per le centrali: si devono fare a turbogas perché inquinano meno? Beh vorrà dire che il gas andrà garantito". Lo scontro sui rigassificatori è aperto.
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