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Rifugiati siriani in Armenia: non c’è ritorno

Sono 17.000 i siriani della comunità armena ad aver cercato rifugio in Armenia. Molti di loro non hanno intenzione di tornare nel paese d’origine. Un reportage

13/11/2017, Armine Avetisyan -

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(Pubblicato originariamente da OC Media il 27 ottobre 2017)

Quando la famiglia Rshtuni, nel 2012, arrivò a Yerevan da Aleppo, come molte altre famiglie armeno-siriane in fuga dalla guerra, pensava di trattenersi solo qualche mese, in attesa arrivasse la pace. Facevano parte della prima grande ondata di rifugiati. Per la fine del 2012 erano già 6.500 i siriani in Armenia, a 4.900 di questi era stata garantita la cittadinanza, ad altri 425 uno status da rifugiati.

“Durante il genocidio del 1915 la nostra famiglia è riuscita in qualche modo a sopravvivere e ci siamo trasferiti in Siria. Sono figlia di una famiglia di rifugiati ed ora mi trovo ad essere rifugiata io stessa. Abbiamo lasciato tutto ad Aleppo: la nostra casa, le nostre proprietà, il lavoro. Mio marito aveva la sua attività, produceva componenti per ascensori, ma non abbiamo potuto portare tutto con noi in Armenia. Abbiamo saputo da parenti che l’azienda di mio marito è stata saccheggiata, ne sono rimaste stanze vuote”, racconta Yoland Rshtuni.

Sentendo della situazione in continuo deterioramento in Siria, dalla stampa e da parenti ancora nel paese, la famiglia Rshtuni si è resa presto conto che non sarebbe rientrata rapidamente in Siria.

“Non siamo abituati a chiedere soldi e quindi abbiamo iniziato a chiederci di che attività ci fosse bisogno a Yerevan e come si potesse guadagnare del denaro”, dice Yoland.

Dopo aver provato, fallendo, a trovare lavoro da dipendenti hanno deciso di avviare un’attività producendo torte e dolci.

“Nel 2014 abbiamo frequentato corsi di cucina ed ora produciamo prodotti con il nostro marchio: cuciniamo meravigliosi biscotti e torte che vendiamo in gran parte attraverso Facebook. Non abbiamo neppure un appartamento come ufficio o un negozio all’angolo. Abbiamo solo affittato una casa molto piccola”, racconta Yoland.

Il marito di Yoland sta pianificando, a breve, un viaggio ad Aleppo per provare a vendere la loro casa, ancora in piedi. Vogliono comperarsi una casa in Armenia ed aprire il negozio dei loro sogni.

Rifugiati in Armenia

Prima del 2011 erano 80.000 i membri della comunità armena a vivere in Siria, 60.000 di loro ad Aleppo. Secondo il ministero armeno per la Diaspora 17.000 di loro si sarebbero ora trasferiti in Armenia, quasi tutti a Yerevan.

“Quando è arrivato il primo grande gruppo di armeno-siriani il governo ha immediatamente iniziato ad aiutarli. Nessun armeno deve essere obbligato a stare all’estero e questo è ancora il nostro obiettivo”, afferma Firdus Zakaryan, a capo dello staff del ministero della Diaspora.

“Quando arrivarono, erano certi che si sarebbe trattato di una situazione momentanea e che sarebbero rientrati molto presto. Purtroppo il destino riservava loro un futuro molto diverso. Nel tempo molti hanno iniziato a fare varie cose ed ora stanno mettendo radici qui in Armenia. Molti hanno cambiato idea sul rientrare e specialmente i giovani proprio non intendono farlo, essendosi abituati alle modalità di vita in Armenia. Qui si sentono a casa”, prosegue Zakaryan.

Secondo il ministero sono più di 500 i rifugiati siriani ad aver avviato un’attività economica in Armenia.

“Mi spiace di non essere nato qui”

“Il 2012 è stato l’anno più crudele della mia vita. Siamo fuggiti da Aleppo e siamo arrivati a Yerevan; non avevamo nulla. Ho lasciato là parte della mia vita, i miei amici, i miei libri… Ho sempre vissuto in una bella casa e qui ho dovuto abituarmi ad essere un rifugiato. Ma il tempo ha aiutato a sanare le ferite nella mia famiglia”, racconta Karo Haroyan, 23 anni.

Come molti siriano-armeni la sua famiglia aveva una propria attività ad Aleppo – producevano gioielli in argento artigianali e souvenir – una propria casa ed una vita agiata.

“Mio padre è un buon artigiano, io lo aiuto ma non sono alla sua altezza, io mi occupo delle vendite. Ho anche un lavoro fisso: sono manager per un’azienda molto conosciuta. Ora conduciamo una vita senza privazioni, siamo anche riusciti a comperarci un appartamento. Ora sono felice. Anche se qualcuno insistesse, io non tornerò indietro”, continua Karo.

Come molti altri, anche Karo, all’inizio ha impiegato del tempo per adattarsi alle modalità di vita in Armenia. L’armeno occidentale, parlato dalla maggior parte degli appartenenti alla diaspora, anche da quelli siriani, è solo in parte simile a quello orientale, parlato in Armenia. Karo ha ormai imparato la lingua locale.

“Ma ci differenziavamo anche per il modo di vestire, taglio di capelli, stile di vita. All’inizio è stato difficile ma l’Armenia ci ha accolti a braccia aperte e non ci siamo mai sentiti stranieri. Mi sono adattato a Yerevan e i cittadini di Yerevan hanno preso un po’ di cose da noi. Ora vi è un bel mix”.

I genitori di Karo ogni tanto pensano di rientrare in Siria ma concordano che sarebbe più sicuro fermarsi per sempre in Armenia.

“Mia sorella non è venuta con noi. Lavora per la Croce Rossa, dice che  casa sua è la Siria. Se i miei genitori pensano a rientrare è solo per stare vicino a lei. Ma, per quanto mi riguarda, non c’è un posto migliore di Yerevan dove vivere”, racconta.

“Spesso altri stranieri, ad esempio tassisti, quando scoprono dal mio accento che non sono nato qui sono sorpresi del fatto che io voglia restare. Mi dicono ‘Vattene prima che sia troppo tardi’. Non dico qui sia un paradiso, vi sono delle difficoltà, ma questo è il mio paese, mi spiace non essere nato qui”, continua Karo.

Il sapone di Yerevan

Shant Khayalyan ha 40 anni ed è arrivato in Armenia dalla Siria nel 2013. La sua storia è simile a molte altre: è arrivato a Yerevan con nulla e sperava la guerra terminasse rapidamente. Ora è un conosciuto produttore di sapone a Yerevan e non pensa di rientrare.

“E’ da tre anni che produco sapone organico. Utilizzo fiori ed erbe raccolte sui monti e nei campi dell’Armenia; poi l’ingrediente principale è l’olio di oliva. Produco anche shampoo e altri oli. La domanda è alta, vendo 25 tipi di sapone e 16 di shampoo e non solo in Armenia ma esporto anche in Georgia e Svizzera. Produco circa 10.000 saponi e shampoo al mese”, dice Shant.

Ha avviato la sua attività grazie al sostegno del Centro per lo sviluppo della piccola e media impresa dell’Armenia e all’ufficio dell’Unhcr di Yerevan gli hanno garantito un prestito di 12.000 euro con un tasso di interesse solo al 4%. Lui ed altri 110 imprenditori-rifugiati hanno beneficiato del programma per avviare una propria attività.

Vi sono anche altre modalità di aiuti forniti dal governo o altre organizzazioni, tra queste ad esempio la copertura delle spese scolastiche per 400 studenti e assistenza per gli alloggi.

“Li aiutiamo ad affittare delle case: a seconda del numero dei componenti familiari ricevono sussidi diversi ma il nostro scopo non è quest’assistenza di breve periodo", spiega Anahit Hayrapetyan, coordinatore delle relazioni internazionali presso l’ufficio Unhcr di Yerevan.

"Vi è un detto molto saggio: dai ad una persona un pesce e lo sfamerai per un giorno; insegnale a pescare e la nutrirai per la vita intera. Noi proviamo a fare esattamente questo", continua, aggiungendo poi che molti siriano-armeni sono ora stimati uomini d’affari che hanno portato, in Armenia, una nuova cultura, nuovi colori, nuove idee.

 

Quest’articolo è stato realizzato con il sostegno di FES.

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