Ricostruzione sotto scorta
I tentativi di ricostruzione di alcune case albanesi nella località di Brdo, presso Mitrovica, innescano una serie di proteste da parte dei serbi del luogo, sfociate in scontri tra i dimostranti e le forze internazionali. L’analisi della nostra corrispondente
Gli scontri delle settimane scorse tra alcune centinaia di serbi e le unità speciali della polizia Eulex e Kfor, culminati il 27 aprile col ferimento lieve di un manifestante, avvenuti in località Brdo, nei dintorni di Mitrovica, non sono giunti inaspettati. I disordini sono scoppiati dopo che i serbi si sono opposti all’avvio dei lavori su cinque delle sette case albanesi che verranno ristrutturate nell’insediamento serbo di Brdo. Le forze di polizia Kfor e Eulex hanno garantito la sicurezza dei lavori tenendo lontani i manifestanti.
In un comunicato stampa Eulex, si dichiara che si è trattato di "azioni violente di un piccolo gruppo di persone" e che la polizia è stata costretta ad usare gas lacrimogeni e bombe antisommossa dopo che ci sono stati "alcuni ferimenti lievi in seguito al lancio di due bombe a mano contro i poliziotti e i soldati Kfor".
Condannando l’azione della polizia Eulex, il consiglio della sezione nord della città si è riunito in seduta straordinaria per cercare di normalizzare la situazione e per concordare un incontro urgente con i ministri serbi di polizia e sicurezza, che deve ancora avere luogo.
Nel frattempo, circa un centinaio di serbi continua a protestare nella zona. Nel mese di aprile si sono susseguiti diversi incidenti, e i lavori di ristrutturazione sono stati spesso rimandati. I media albanesi hanno realizzato molti servizi sulle tensioni al nord, riportano le dichiarazioni di funzionari kosovari che accusano i serbi di provocare disordini.
Il quotidiano di Pristina Koha Ditore, con un articolo intitolato "Ricostruzione sotto le armi", informa che cecchini francesi, poliziotti Eulex e poliziotti kosovari "sorvegliano attentamente qualsiasi movimento" nella località di Brdo, per prevenire qualsiasi sorpresa. Il presidente kosovaro Fatmir Sejdju ha accusato Belgrado di nascondersi dietro alle recenti azioni dei serbi. "Gli ultimi incidenti a nord sono stati provocati da persone che hanno eseguito ordini da Belgrado", ha affermato Sejdiju, chiedendo alla comunità internazionale di "esercitare delle pressioni sulla Serbia per fermare gli scontri".
Dall’altra parte, i funzionari serbi mettono in evidenza altre questioni. Il segretario di stato al ministero per il Kosovo, Oliver Ivanović, definito dai rappresentanti internazionali come un politico pragmatico e moderato, e accusato dai serbi del posto di essere "tiepido e poco incisivo" nell’affrontare la questione kosovara, ha dichiarato alla radio locale KIM che "il tentativo di ritorno degli albanesi in una tale situazione, senza il consenso della comunità serba locale, appare come una mossa esclusivamente politica".
"Il ritorno a Brđani non è possibile senza l’approvazione dei serbi che vivono nella zona. Del resto, i serbi non hanno fatto ritorno in nessun luogo prima di raggiunge una sorta di accordo con i loro vicini albanesi. A Istok, Klin, Peć, Prizren, ovunque era presente questa condizione. L’Unhcr ha completamente abbandonato la questione, gli albanesi hanno deciso autonomamente di ritornare e la Kfor gli ha fornito assistenza, cosa mai successa prima d’ora. Credo che in questo modo la Kfor si sia messa in una posizione seriamente complicata dalle conseguenze imprevedibili", ha sottolineato Ivanović.
Il villaggio di Brdo costituisce uno dei punti nevralgici della parte settentrionale di Mitrovica insieme alla multietnica Bosnjačka Mahala, Tri solitera e Suvi Do. Brdo è un insediamento completamente serbo, composto da tre strade e un cartello con scritto "Brđani", ovvero il nome dei suoi abitanti. Brđani si trova nella parte nord-occidentale della città, a 550m sul livello del mare, un po’ più in alto rispetto al centro di Mitrovica. Anche se la parte settentrionale si estende per meno di 2 chilometri quadrati, l’insediamento non si vede dal centro città perché è situato dietro al monte Kukavica. Brđani si collega geograficamente alla parte albanese del villaggio multietnico di Suvi Do, spesso scenario di incidenti, ed è facilmente raggiungibile dal villaggio albanese di Vidomiriće; l’intera zona è divisa dal nucleo centrale e dalla strada principale che si collega al ponte più importante. I serbi di questa località sono particolarmente sensibili a qualsiasi tentativo di ritorno della popolazione albanese nella propria parte di città per via del corridoio aperto con la parte albanese. I serbi sono convinti che potrebbero essere costretti con la forza a lasciare le proprie case.
Negli anni ’90, gli albanesi del sud hanno costruito di tutta fretta le case in questo villaggio in direzione del vicino comune serbo di Zvečan. In base agli ultimi dati ufficiali del 1996, qui c’erano 218 case serbe e 73 albanesi. All’inizio del 1999 le case albanesi si trovavano ai confini del villaggio, e alcune anche nella zona della vicina Mali Zvečan, che si trova tra i due insediamenti serbi più grandi, Mitrovica nord e Zvečan. Durante i bombardamenti del ’99 la maggior parte delle case albanesi è andata in fiamme. Nei primi anni dopo la guerra, ci sono stati svariati tentativi di far ritornare la popolazione albanese in questa parte della città, ma sono quasi sempre finiti in proteste e incidenti, a cui hanno preso parte migliaia di serbi. Nel 2002, i soldati francesi della Kfor hanno diviso con una striscia gialla di oltre un chilometro i serbi di Brdo dagli albanesi di Suvi Do. Questa azione faceva parte dell’accordo non scritto raggiunto lo stesso anno tra serbi e albanesi del posto, con i rappresentanti di Unmik e Kfor, in base al quale in questa parte della città non si poteva costruire niente senza il consenso congiunto delle due parti. Sette anni più tardi, i serbi accusano la parte albanese di aver violato questo accordo e sostengono che è necessario modificare il reciproco sistema dei ritorni.
La questione della ristrutturazione delle case albanesi risale al 2008. Nel febbraio dello scorso anno l’assemblea kosovara ha promulgato una legge sui confini amministrativi comunali, in base alla quale il precedentemente citato comune di Suvi Do viene identificato come insieme territoriale di comuni della parte meridionale della città, come prevede anche il piano Ahtisaari per il Kosovo, di cui questa legge contiene molti elementi.
Una fonte di Osservatorio Balcani e Caucaso, che preferisce mantenere l’anonimato, sostiene che i problemi relativi alla ristrutturazione e costruzione delle case albanesi sono iniziati proprio nel periodo di approvazione della legge. "Mitrovica sud ha deciso unilateralmente, sulla base del piano Ahtisaari, di ‘annettersi’ la vicina comunità serba di Suvi Do, anche se questo villaggio si trova a Mitrovica nord. Da allora, il comune della parte meridionale della città rilascia i permessi agli albanesi che vogliono costruire a Suvi Do e a Brdo". Siniša Lazić, rappresentante dei Brđani che ha preso parte all’accordo del 2002, riconosce che questo è stato rispettato per qualche anno, ma nel 2008 è iniziata la nuova ondata di pressioni. "Questo è un comune serbo che riconosce l’amministrazione ONU, non il piano Ahtisaari", ha affermato Lazić.
Commentando la "linea gialla", un ex alto funzionario internazionale a Mitrovica, che vuole mantenere l’anonimato, ha dichiarato che, "indipendentemente dalla linea gialla, la carta di divisione tra la parte nord e quella sud, perfino secondo il piano Ahtisaari, indica proprio che l’intera altura sopra Suvi Do, comprendente la zona da ambo le parti della linea gialla, appartiene alla parte settentrionale della città".
"Così che anche in base al piano Ahtisaari, il comune a sud non ha agito secondo la legge quando ha permesso i lavori a Brđani. In base alla Risoluzione 1244, l’amministrazione legale del comune a nord spetta esclusivamente all’Amministrazione ONU per Mitrovica (UAM)", ha sottolineato il funzionario, aggiungendo che Eulex e Kfor "quando trascurano detta amministrazione non la rispettano e non agiscono legalmente".
Dall’altra parte, il sindaco del comune della parte meridionale di Mitrovica ed ex premier kosovaro Bajram Rexhepi, lo scorso agosto ha espresso "preoccupazione per l’intensificarsi dei tentativi del governo serbo di acquistare le case albanesi in questa parte di città a prezzi molto elevati", e quasi contemporaneamente il premier del Kosovo Hashim Thaci ha reso noto che il suo governo avrebbe investito due milioni di euro per rinnovare le case e per progetti infrastrutturali a Mitrovica nord. Nell’autunno 2008 le richieste di ristrutturazione delle case sono diventati sempre più frequenti, e ad ottobre e novembre sono iniziati i primi scontri interetnici.
Il periodo delle violenze coincide con la diminuzione del ruolo dell’Unmik, con la cosiddetta riconfigurazione e drastica riduzione del numero del personale che, a Mitrovica, in seguito a pressioni durate per molti mesi, ha significato de facto e simbolicamente la rimozione dell’amministratore regionale Gerald Gallucci da primo uomo dell’amministrazione Unmik. Questo americano ha fatto infuriare albanesi e singoli funzionari internazionali in Kosovo, che l’hanno definito "minaccia diretta del dispiegamento Eulex nel nord del Kosovo". L’amministratore, noto per le sue posizioni pragmatiche e dirette, ha sottolineato che il suo compito principale è quello di mantenere pace e stabilità a Mitrovica e, in quest’ottica, in quelle circostanze si riferiva anche alla questione della ricostruzione delle case albanesi.
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