Ricomincio da Stolac
Cittadina a maggioranza croata a oriente della Neretva, Stolac rappresenta le contraddizioni ma anche le speranze della Bosnia di oggi. L’eredità della guerra recente e l’andamento del processo di ritorno nel reportage del nostro corrispondente
La città di Stolac (40 chilometri a sud-est di Mostar) è uno dei pochi comuni controllati dai croati della Bosnia Erzegovina (BiH) situato a est del fiume Neretva.
Stolac non è una grande città, piuttosto una cittadina. L’ultimo censimento, quello del 1990, ci dice che nel comune di Stolac vivevano 18.600 persone.
La composizione della popolazione era la seguente: bosgnacchi (bosniaco musulmani) 44%, croati 33%, serbi 21%, e gli "altri" solo il 3%. Come si vede, la percentuale dele famiglie miste era minima, il tre per cento, inclusi gli jugoslavi, molto più bassa rispetto a quella di Mostar dove coloro che si dichiaravano jugoslavi erano il 12%.
All’inizio della guerra, nel 1992, come nel resto della valle della Neretva, musulmani e croati erano alleati conto i serbi. I serbi hanno occupato alcune località nei pressi della citta da dove hanno bombardato Stolac, e poi hanno ottenuto il controllo sul villaggio di Berkovici che riamane sotto il loro controllo anche oggi.
Croati e musulmani insieme sono riusciti ad allontanare i serbi dalla città, rimanendo uniti. Sì, ma solo fino al luglio del 1993 quando, seguendo la politica fatta a Mostar, i soldati dell’HVO (esercito croato in Bosnia Erzegovina) hanno cacciato via i musulmani, rendendo la città esclusivamente croata. L’espulsione dei musulmani è stata accompagnata dalla distruzione dei monumenti storici del periodo turco (il centro Begovina, le moschee a altro). Tutto quello che ricordava il periodo turco dava fastidio ai soldati dell’HVO e veniva così va distrutto o danneggiato.
I musulmani cacciati da Stolac si sono fermati a Mostar, mentre una parte di loro è andata a Sarajevo e poi ancora più lontano verso la Svezia, la Norvegia e gli Stati Uniti.
La maggior parte di loro, tuttavia, non si è allontanata molto dalla città nativa, rimanendo a Mostar a soffrire, assieme ai musulmani della città, i bombardamenti, la mancanza di cibo, di acqua e di luce per due anni.
Quando è finita la guerra, dopo gli accordi di Dayton anche i musulmani di Stolac speravano di tornare presto a casa. Non era facile però. Il processo di ritorno era molto lento e accompaganto da numerosi incidenti.
I musulmani di Stolac rimasero molto delusi vedendo che la situazione non andava avanti come doveva. Ricordiamo la costruzione di una pompa di benzina nell’area storica di Radimlja, dove ci sono i famosi stepci (i monumenti sepolcrali dei bogomili), e poi l’ulteriore distruzione di monumenti e (sopratutto) le case minate. I croati andavano avanti con l’esaltazione di tutti i loro simboli e lo sventolio delle bandiere croate per provocare i musulmani che rientravano.
Grazie alla continua pressione da parte della comunità internazionale, però, e ad una strana ostinazione della gente di Stolac, organizzatasi nel tentativo di stare insieme (quello che ad esempio non riusciva ai mostarini musulmani), man mano il ritorno proseguiva.
Alla fine, per quanto riguarda il ritorno dei profughi in Bosnia ed Erzegovina, le statistiche dicono che Stolac è tra i comuni nei quali il processo è meglio riuscito. Il problema, però, è che non si tratta solo di ritornare, si deve rimanere, e per quello anche lavorare.
Su questo ci sono già tante polemiche. Molti musulmani definiscono "apartheid" la politica condotta a Stolac dall’HDZ Unione Democratica Croata, ndc. Perchè lavoro, per i bosniaco musulmani, non ce n’è.
Se consideriamo meglio la situazione, però, vediamo che il lavoro manca a tutti. Nelle imprese di Stolac ci sono circa 700 impiegati. Oggi, la città di Stolac ha circa 5.600 abitanti e quasi la metà sono musulmani. Per quanto riguarda i serbi, sono tornati in pochi, quasi sempre persone anziane.
Alcuni bosniaco musulmani lavorano presso l’amministrazione di Mostar, ma dicono che per loro non c’è posto nelle imprese. Prima della guerra, a Stolac c’erano la Zeljezara (produzione di acciao) e la Inkos (tessile). Di queste due fabbriche non è rimasto quasi niente. Per quanto riguarda la Zeljezara, c’è stata una privatizzazione problematica, e oggi si lavora poco. Anche la Inkos produce pochissimo. Ogni tanto arrivano richieste, ma solamente per lavori parziali.
La stazione di raccolta del tabacco è forse l’unica cosa che funziona. La gente vi porta il tabacco che dopo va a finire nelle fabbriche di Mostar o Sarajevo, ma ci sono sempre ritardi per i pagamenti.
Ma di cosa vive la gente? Stolac, come abbiamo detto, è una cittadina piccola e ci sono elementi rurali. Così, funziona un po’ di agricoltura. Come dovunque in Bosnia, poi, la gente cerca di sopravvivere tramite varie forme di commercio. Per quanto riguarda i Musulmani, loro tengono tre bar in città e alcuni negozi. Però, così ci dicono, si sopravvive soprattutto grazie ai parenti (cugini e altri) che vivono all’estero. Sembra che Stolac, più di qualsiasi altra città in Bosnia Erzegovina, sopravviva soprattutto grazie all’aiuto finanziario dei familiari che stanno all’estero. Infine, ci sono anche quelli che, almeno per lavoro, si sono fermati a Mostar. Hanno cominciato a lavorare lì subito dopo la guerra, ed ora tornano a Stolac solo nel fine settimana.
Il potere nella citta è nelle mani dell’HDZ (della BiH), perchè per tutte le decisioni nel consiglio comunale basta una metà (non due terzi come prima) dei voti. Il secondo partito è l’SDA Partito di Azione Democratica, ndc.
La gente di Stolac è poco contenta della politica attuale, sia di quella locale che di quella a livello statale. Dicono che Stolac è una citta dimenticata. Solamente nel centro della città ci sono cinque monumenti storici della cosiddetta "prima categoria", ma tutti sono stati ricostruiti solo parzialmente (Begovina e la moschea Careva ad esempio).
Stolac è diventata famosa, poi, per la storia di "due scuole sotto uno stesso tetto". I ragazzi, bosniaco musulmani e croati, entrano in uno stesso palazzo, ma nella scuola è tutto diviso, a partire dalle classi e dai programmi. Molti ragazzi in età da scuola superiore devono andare tutti i giorni a Mostar, perchè a Stolac non c’è molta scelta.
In ogni caso, Stolac è una delle cittadine che meglio esemplificano la situazione della Bosnia di oggi. La gente è tornata e sta cercando di andare avanti. E’ molto dura, ma loro non si arrendono.
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