Richiedenti asilo: in Serbia sognando l’Europa
In Serbia sono state oltre tremila le domande di asilo nel 2011. La maggior parte dei migranti proviene dall’Asia e dal Nord Africa, e passa dalla Serbia per cercare di entrare nell’UE. Un fenomeno in crescita. Ce ne parla Radoš Đurović del Centro per la protezione e l’aiuto ai richiedenti asilo di Belgrado
Quanti migranti hanno fatto domanda di asilo negli ultimi anni?
Nel 2008 è entrata in vigore la legge sull’asilo, e alla Serbia sono passate le competenze nell’ambito dei richiedenti asilo che prima erano ricoperte dall’UNCHR. Durante il 2008 le domande sono state 52, nel 2009 erano 275, nel 2010 522 e nel 2011 circa 3100.
Da dove provengono i migranti e per quali vie arrivano in Serbia?
La maggior parte dei migranti (il 56,2%) viene dall’Afghanistan, dalla Somalia (18%) e dal Pakistan (10%), seguono con numeri minori la Palestina, l’Iran, i Paesi dell’Africa settentrionale, l’Iraq. In Serbia si arriva attraverso la Turchia e la Grecia. Fino a non molto tempo fa, in molti cercavano di imbarcarsi verso l’Italia dal porto di Patrasso, ora questo flusso è stato bloccato e quindi numerosi migranti tentano la strada che passa attraverso la Macedonia e il Kosovo, per arrivare in Serbia e poi in Ungheria. Esistono altre rotte attraverso l’Albania e il Montenegro e poi il mar Adriatico, oppure più raramente attraverso Romania e Bulgaria.
Quanti dei richiedenti hanno ricevuto il diritto di asilo?
In Serbia con il termine di "asilo" si possono intendere due cose diverse. Asilo può indicare lo status di profugo (refugee status) che ad oggi non è stato ottenuto da nessuno, ma può essere anche lo status di protezione sussidiaria (subsidiary protection) che è stato ricevuto finora da cinque richiedenti provenienti da Paesi dove è in atto un conflitto o una situazione di violenza diffusa (Etiopia, Iraq, Somalia).
Il 95% dei richiedenti non porta a termine la procedura perché non vuole rimanere in Serbia. Per la maggior parte di loro il nostro Paese è solo una stazione di passaggio e fanno richiesta di asilo per rimanere legalmente nel Paese, senza rischiare che la polizia li arresti. Inoltre, in questo modo possono ottenere una sistemazione in un centro in caso ci siano posti liberi, un documento di identità (con il quale possono prelevare denaro), hanno diritto a muoversi liberamente per tutto il territorio e diritto alle cure sanitarie (nell’ultimo periodo sempre più spesso sono famiglie a viaggiare) e possono prepararsi a passare la frontiera. Quindi nella maggior parte dei casi i procedimenti decadono perché i richiedenti spariscono dopo un periodo che inizialmente era meno di un mese e adesso è di circa due mesi.
In che modo la situazione sta evolvendo ultimamente?
Negli ultimi tempi sta aumentando il numero di persone che vorrebbero rimanere in Serbia, ma le autorità serbe cercano di accogliere il minor numero di richieste possibile, e si va sviluppando il concetto di Paese terzo sicuro, secondo il quale non verrebbero esaminate le domande di asilo qualora il migrante ha già attraversato dei Paesi nei quali avrebbe potuto chiedere asilo, in questo caso Grecia e Macedonia. Se la domanda viene rifiutata, noi possiamo fare ricorso e nel frattempo cercare di convincere i richiedenti a restare fino alla fine del procedimento, ma nella maggior parte dei casi questi, quando vedono che la procedura si allunga, lasciano il Paese e continuano il proprio viaggio verso l’Unione europea.
Inoltre, da quando la Corte europea dei diritti umani ha sentenziato che la Grecia non fornisce le protezioni necessarie, il primo Paese d’ingresso all’interno dell’Unione europea diventa l’Ungheria. Gli ungheresi sono quindi interessati a limitare il più possibile il flusso di migranti attraverso la loro frontiera perché, nel caso il migrante venga fermato in un altro Paese dopo essere passato attraverso l’Ungheria, può essere riportato in Ungheria. Per questo motivo hanno iniziato da quest’anno a controllare di più le frontiere insieme a Frontex – agenzia Ue – e anche loro hanno sviluppato il concetto della Serbia come Paese terzo sicuro e in questo modo hanno rallentato le migrazioni. A Subotica ora i migranti sono più visibili perché i controlli sono più severi. Anche prima a migliaia attraversavano le frontiere, ma nessuno ci faceva caso.
Di cosa vivono i richiedenti asilo mentre sono in Serbia?
Tutti i richiedenti asilo hanno del denaro. O hanno venduto tutto ciò che avevano in patria, oppure la famiglia di origine o le comunità di arrivo in Europa inviano loro dei soldi. Se non trovano posto al centro per i richiedenti asilo, affittano degli alloggi da privati che pagano loro stessi. Secondo la legge in questo caso possono ottenere un aiuto finanziario dallo Stato (50-60 euro a persona al mese) che però pochissimi di loro hanno chiesto, pensando di dover rimanere solo per breve tempo in Serbia.
Secondo le vostre stime, quanti sono i migranti clandestini che attraversano la Serbia?
È difficile da stabilire, ma tra le 10mila e le 20mila persone all’anno passano in Serbia. Noi abbiamo assistito ai controlli di frontiera a Preševo. La frontiera tra Serbia e Macedonia e Kosovo non viene controllata minimamente: il terreno è montagnoso e boscoso, la polizia non ha personale a sufficienza e gli abitanti locali partecipano attivamente al traffico, basandosi su strutture di stampo mafioso su base familiare con sedi da entrambe le parti della frontiera, praticamente impossibili da infiltrare.
Quando si parla di deportazione dei migranti, a quali Paesi si fa riferimento?
Le deportazioni avvengono con molta lentezza, comunque si fa riferimento alla Macedonia, con la quale alla fine di novembre la Serbia ha firmato il protocollo sulle procedure di riammissione dei migranti.
A Banja Koviljača, vicino al confine tra Serbia e Bosnia Erzegovina, dove si trova il centro per l’alloggio dei richiedenti asilo, durante gli ultimi due mesi la situazione è diventata molto tesa. Un immigrato è sospettato di avere commesso uno stupro, gli abitanti chiedono che gli stranieri lascino il Paese e per questo motivo hanno bloccato le strade e un gruppo di genitori non ha mandato i figli a scuola. Come hanno reagito l’opinione pubblica e i media?
Rispetto a quel caso specifico il procedimento è in corso e ha notevoli zone d’ombra, ma è importante ricordare che dal 2008 a oggi nessun richiedente asilo è stato riconosciuto colpevole di un reato. La politica ha strumentalizzato tutta la situazione.
Inoltre c’è un conglomerato di interessi locali (gli investitori, il consiglio del turismo) che lavorano al fine di creare in modo organizzato il panico. Le pressioni sono cominciate con l’inizio del 2010, quando il centro si sarebbe dovuto ampliare, il progetto è stato bloccato ed è iniziata la campagna di disinformazione. La denuncia per stupro è stata occasione per organizzare proteste e presentare quella che sarebbe la volontà dei cittadini, in un modo che a me ha ricordato la persecuzione degli ebrei. I media hanno reagito in maniera sensazionalistica e tutta la scena politica ha sostenuto le proteste. Oggettivamente a Banja Koviljača c’erano molti più richiedenti asilo di quanti avrebbe dovuto essere, perché avrebbero dovuto essere distribuiti in tutto il Paese.
Inoltre, essendo diventato un luogo di riferimento per il traffico di esseri umani, vi si trovavano anche numerosi migranti illegali. Ma questa non è una giustificazione. Da un mese circa la cittadina è presidiata dalla polizia, che fa irruzione nelle case cercando clandestini e quelli che sono rimasti sono richiedenti asilo. Ci aspettiamo altri problemi anche nei posti che verranno scelti per futuri centri. Nel frattempo è stato aperto un altro centro a Bogovađa, che si trova isolato da tutto (la prima città è Lajkovac, a una decina di chilometri).
Secondo i dati forniti dal Commissario per i profughi Vladimir Cucić, su 500 infrazioni nelle quali erano coinvolti migranti solo in due casi costoro sono stati gli esecutori, mentre nel restante dei casi sono state vittime di attacchi, maltrattamenti, furti di denaro. Quale è oggi il livello di violenza sui migranti?
Attacchi accadono spesso a Banja Koviljača e Loznica da parte degli abitanti locali per rubare ai migranti il denaro. Per ora non si tratta ancora di aggressioni razziste, quanto piuttosto di furti di denaro, ma la situazione potrebbe diventare molto pericolosa. Sono stato a un incontro a Banja Koviljača al quale erano presenti i tifosi della Stella Rossa di Belgrado; le tifoserie possono trovare "nuova ispirazione" nell’odio verso i migranti.
Un mese fa il portale ungherese Mindennapi ha pubblicato un video nel quale un gruppo di migranti accampati vicino alla discarica di Subotica raccontano di essere stati vittime di pestaggio ed estorsione da parte della polizia serba. Che informazioni avete sull’atteggiamento della polizia nei loro confronti?
Non abbiamo dati, in nessun caso i migranti si sono lamentati del trattamento ricevuto dalla polizia. Una spiegazione può risiedere nel fatto che non incontrano problemi quando dal sud della Serbia arrivano a Banja Koviljača, ma il peggio viene quando cercano di passare la frontiera con l’Ungheria, vengono respinti e immediatamente cercano di ripassarla. A noi però non giungono informazioni perché i migranti non tornano più indietro.
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