Resistanbul
Le proteste della sinistra turca contro il vertice di Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale a Istanbul. Le richieste del mondo finanziario, i dubbi del liberista Erdoğan in calo di consensi dopo anni di tagli allo stato sociale. Il bilancio del controvertice
Ormai da un anno in Turchia gli economisti discutono l’opportunità di avvalersi dell’aiuto del Fondo Monetario Internazionale (FMI), chiedendosi se la Turchia sia pronta ad accelerare nelle privatizzazioni e a attraversare un nuovo periodo di ristrutturazioni strutturali dopo le riforme draconiane implementate tra il 2001 e il 2002 dall’allora ministro dell’Economia Kemal Derviş. Nel 2002, infatti, l’FMI aveva concesso alla Turchia un prestito di 16 miliardi di dollari per aiutare la sua economia fortemente indebitata, a condizione che il governo riducesse tassi di interesse e inflazione stabilizzando le fluttuazioni valutarie della lira turca.
Mentre durante la campagna elettorale dell’estate 2007 l’AKP di Erdoğan aveva difeso una posizione nettamente favorevole alla collaborazione con il Fondo, accusando il leader del principale partito d’opposizione Deniz Baykal di non essere un candidato presentabile agli occhi degli investitori stranieri, ora il governo ha assunto un atteggiamento decisamente meno accondiscendente.
"Abbiamo inviato il nostro programma al Fondo Monetario Internazionale, questa bozza deve costituire la base dei prossimi incontri. Dal maggio 2008 non abbiamo trovato un punto di incontro. Perché? Perché non abbiamo ritenuto accettabili le condizioni poste dall’FMI."
Con queste laconiche parole Ali Babacan ha infatti risposto al giornalista che, alla vigilia del meeting di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale del 6 e 7 ottobre scorsi a Istanbul, gli chiedeva come stesse procedendo la trattativa tra governo turco e FMI per la concessione di un prestito che aiutasse il governo turco a contrastare la crisi economica. La posizione del ministro dell’Economia turco è stata chiara. Accordo sì, ma alle nostre condizioni.
L’AKP di Erdoğan, decisamente liberista, in questi anni di governo ha promosso ingenti tagli alla spesa pubblica. Prima la riforma del sistema sanitario, poi quella delle aziende pubbliche e infine, l’anno scorso, una riforma del sistema previdenziale che ha aumentato l’età pensionabile. Queste misure hanno tuttavia provocato un forte scontro tra governo e sindacati che, dall’anno scorso, indicono scioperi e manifestazioni a difesa dello stato sociale. Questa situazione ha determinato un calo di fiducia per il governo che si è tradotta in un calo di consensi a favore dell’AKP nelle elezioni amministrative di marzo.
Il governo, vista la crescente mobilitazione dell’opinione pubblica contro i tagli alla spesa, prende tempo. Il tergiversare di Erdoğan, però, sta cominciando ad infastidire le organizzazioni padronali e il mondo della finanza turco. Il governatore della Banca Centrale Durmuş Yılmaz, durante una riunione collaterale al meeting dell’FMI, il 6 ottobre scorso, si è fatto portavoce di questo malcontento spronando il governo ad impegnarsi per ridurre il debito pubblico. Secondo Yılmaz "il rapido sviluppo economico della Turchia rende indispensabile un finanziamento estero", e "non è importante se i soldi vengono da investimenti stranieri diretti, prestiti da parte delle banche o da un accordo con l’FMI."
Erdoğan, quindi, è stretto tra due fuochi. Da una parte industriali, mondo della finanza e Banca Centrale che chiedono a gran voce al governo di raggiungere un accordo con l’FMI il più presto possibile. Dall’altra sindacati e partiti della sinistra, contrari a provvedimenti che portino a ulteriori tagli alla spesa pubblica.
Resistanbul
Mentre il governo sembra incerto sul da farsi, migliaia di persone hanno manifestato contro Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale nei giorni del vertice, esprimendo con forza il proprio dissenso verso l’economia neoliberista.
Alle manifestazioni, organizzate dal variegato movimento altermondialista turco, hanno preso parte tutti i partiti e i sindacati della sinistra. A loro hanno dato manforte diversi attivisti stranieri arrivati in Turchia la settimana precedente al vertice. Tra il 3 e il 5 ottobre sono state organizzate ogni giorno manifestazioni su temi quali la difesa della sanità pubblica, l’opposizione alla speculazione edilizia e le questioni di genere. La mobilitazione ha raggiunto il suo apice il 6, con un corteo unitario a Taksim cui hanno partecipato migliaia di persone. Quando i manifestanti hanno tentato di entrare nella zona rossa, presidiata da centinaia di agenti in assetto anti-sommossa, la polizia li ha dispersi usando gas urticante e idranti. Gli scontri sono continuati per tutta la giornata.
All’interno del vertice, l’unica voce in controtendenza è stata inaspettatamente proprio quella del Primo ministro Erdoğan che, mentre fuori dal Centro Conferenze di Harbiye continuavano gli scontri, ha strizzato l’occhio ai manifestanti dichiarando: "Non dobbiamo lasciare inascoltate le urla e le proteste che arrivano dai quattro angoli della Terra come neanche le proteste fuori da questa sala".
Il giorno dopo le diverse anime del movimento hanno continuato ad organizzare momenti di protesta autonomi. Il movimento LGBTQ, il collettivo Autonomo e i militanti del partito della Solidarietà e della Libertà, uniti nella piattaforma anti-FMI Resistanbul, hanno cercato di violare la zona rossa nei pressi di Osmanbey. Dopo essere stati dispersi dalla polizia hanno bloccato per più di mezz’ora le auto blu dei delegati che tentavano di raggiungere la zona del vertice. Gli attivisti dell’Unione contro il Fondo Monetario internazionale, che raccoglieva i partiti della sinistra marxista turca, hanno tentato invece per tutta la giornata di raggiungere la zona del vertice a Taksim, scontrandosi con le forze dell’ordine. 143 manifestanti fermati, 22 dei quali minorenni, 46 inquisiti e 2 detenuti, questo il bilancio finale delle manifestazioni contro il vertice di Istanbul.
Lavoratori della sanità
Domenica scorsa infine, sempre a Istanbul, l’Associazione dei Medici Turchi (TTB), il Sindacato dei Lavoratori della Sanità (SES) e la Confederazione dei Sindacati dei Lavoratori Rivoluzionari (DISK) hanno organizzato una manifestazione cui hanno partecipato più di cinquemila persone. Obiettivo della manifestazione la richiesta di abrogazione della legge sull’Assicurazione Sanitaria Unificata del 2008 che, secondo i sindacati, avrebbe causato un incremento generalizzato del costo delle cure ospedaliere e dei medicinali, oltre a rendere più difficile la copertura sanitaria per i figli degli assicurati. Secondo il Sindacato dei Lavoratori della Sanità non ci sono dubbi: "Dietro le leggi che attaccano il diritto alla salute ci sono le direttive del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale."
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