Radicali liberi
Un’artista di Sarajevo racconta di come ha vissuto la sentenza di assoluzione di Vojislav Šešelj: la rabbia, lo sdegno, le lacrime e una raffica di domande caustiche al Tribunale dell’Aja per la ex Jugoslavia
(Originariamente pubblicato da VoxFeminae.net , 1 aprile 2016, titolo originale: Slobodni Radikali )
"Andate a fare in culo, figli di puttana", ha detto Vojislav Šešelj ai giudici dell’Aja. Oggi ai giudici vorrei dire la stessa cosa, ma essendo femminista prendersela con le madri andrebbe contro i miei principi politici. Potrei prendermela con i padri, ma il mio l’hanno ucciso in guerra, quindi ora è diventato una figura astratta, solenne, che non si può insultare. Potrei mandare affanculo Dio, tanto sono atea, ma insulterei le persone religiose e ne conosco troppe. Anche Šešelj è religioso. Anche Šešelj aveva una madre. E un padre. Credo.
Chi si può mandare affanculo, Vostro Onore, il giorno in cui Vojislav Šešelj viene assolto da tutte le accuse?
Ricordo quando una mia vicina aveva detto: "Preparatevi donne, arrivano gli scagnozzi di Šešelj!". Oppure "quelli di Arkan"…
Accadeva 24 anni fa, in un quartiere in cui si stava tutti insieme, serbi, musulmani e croati (e quelli che non si identificavano in nessuno di questi tre, ma venivano comunque chiamati così), prima che lasciassimo il villaggio, che si trovava sulla prima linea. Di notte, quando sparavano di più. Le truppe e i carri armati erano sempre più vicini. Io ero una bambina di nove anni, ma avevo capito quello che la vicina voleva dire: ci saranno stupri. E ci saranno anche massacri, uccisioni, torture.
Scappammo all’ultimo minuto. Mia madre teneva in braccio mia sorella di tre anni; mio padre, in spalla un fucile arrugginito della Seconda guerra mondiale, mi teneva per mano. Scappammo in fretta e furia, senza voltarci a vedere se la nostra casa bruciava. Non avevamo fatto in tempo a raccogliere niente delle nostre cose. Solo mia madre e mio padre tenevano una piccola borsa ciascuno, con i documenti e quel poco di denaro e gioielli che poteva avere una giovane coppia di operai di due grandi fabbriche, una di armi e una di auto.
I successivi 1.500 giorni della mia infanzia passarono lenti nella Sarajevo assediata. Per questo e molti altri capi d’accusa, Vostro onore, avete condannato Radovan Karadžić a 40 anni. Penso – da un punto di vista puramente aritmetico, senza emozioni – se Radovan fosse stato condannato ad un solo giorno di reclusione per ciascuno dei nostri giorni sotto assedio a Sarajevo, 300.000 persone per circa 1.500 giorni passati nel terrore, al buio, nella fame, al freddo, all’umido, nei seminterrati, nei rifugi…. Milioni di anni a marcire in prigione sarebbero sempre pochi.
Ho sentito del verdetto Karadžić alla radio, ero in auto con due amiche. All’inizio siamo rimaste ammutolite, poi abbiamo cominciato a bestemmiare. A casa, ho trovato un’e-mail di Marina Gržinić con il link al documentario della televisione slovena su Radovan Karadžić, fatto principalmente con materiali d’archivio dei tempi di guerra. Da brava masochista, anche se conosco ogni scena a memoria, lo guardo e lascio che le lacrime scorrano, senza fermarsi. Il dolore mi colpisce ogni volta come se fosse la prima. Guardo i corpi smembrati al mercato di Markale. Per l’ennesima volta sento che abbiamo sparato su noi stessi.
Oggi, attendo il verdetto con trepidazione. Finalmente le notizie arrivano sul web. Nemmeno un anno di reclusione per Šešelj. Libero. Altri video. Ora li guardo su YouTube, uno dopo l’altro, per ore, mille volte, fra le lacrime. Furiosa. Se solo avessi qualcuno con cui bestemmiare! Penso a tutte le persone che sono andate all’Aja a testimoniare, che hanno dovuto rivivere le terribili scene di guerra, raccontarle ai giudici, sperando che servisse a fare giustizia. Come si sentono ora che Šešelj è stato assolto? Chi maledicono? Piangono? Come si sente oggi il popolo di Srebrenica e Potočari, mentre i seguaci del Partito radicale serbo fanno i caroselli con le auto per festeggiare l’assoluzione del proprio duce, che afferma che non c’è stato alcun genocidio?
Penso ad un amico di mia madre. Ha una mano sola. L’altra gliel’ha staccata una granata, tranciando il braccio fino al gomito. La moglie, i figli e la famiglia allargata sono bruciati in casa, con altre decine di vicini dello stesso villaggio. Una cinquantina di persone, giovani e vecchie. È andato a testimoniare all’Aja. Era il suo primo viaggio fuori dalla Bosnia, il suo primo viaggio in aereo. Aveva la scorta. Penso a lui, che mi ha raccontato di quando gli avvocati della difesa l’hanno avvicinato per offrirgli del denaro se non avesse testimoniato. Penso a lui, orgoglioso di aver preso l’aereo e di aver rifiutato una tangente. Oggi vive con una piccola pensione. Vive senza la mano destra. Vive alla giornata.
Penso, quante persone hanno testimoniato contro Šešelj nel vostro tribunale? Quanti milioni di euro, dollari, sterline sono stati riversati in tutti questi anni perché voi oggi assolveste Šešelj e quelli come lui? Quanti altri ne assolverete?
Rilasciate anche Ratko Mladić, vi prego, Vostro Onore. Biljana Plavšić ha dichiarato personalmente che lui è una brava persona, che ricorda tanto Brontolo di "Biancaneve e i sette nani", e a lei bisogna credere sulla parola, perché lei è onesta e sincera. E’ stata l’unica a riconoscere i propri crimini. A lei avete dato 11 anni in una prigione svedese a 5 stelle, e dopo 8 l’avete rilasciata per buona condotta.
La dottoressa Plavšić metterebbe la mano sul fuoco per il dottor Šešelj. Aprite il portafoglio e date a Šešelj 15 milioni di dollari, quanti ve ne ha chiesti a compensazione dello stress da processo, peggioramento della salute e per il colesterolo alto. Forza! Finanziate la campagna elettorale del suo Partito radicale serbo. Finanziategli una borsa post-dottorato, dato che è stato il più giovane dottore di ricerca in Jugoslavia. Ora, dopo il Vostro verdetto, il tema della sua tesi, "L’essenza politica del militarismo e del fascismo", ha la possibilità di essere ben sviluppato.
Secondo una leggenda urbana, Tito avrebbe detto a Šešelj, dopo il dottorato: "Congratulazioni, dottore!", e lui avrebbe risposto: "Grazie, maestro!", perché Tito era un fabbro. Oggi tutti possiamo dire a Šešelj: "Congratulazioni dottore, congratulazioni maestro! Siete libero!".
Vostro Onore, date al dottor Šešelj il denaro necessario per realizzare il suo sogno di sempre, la Grande Serbia, tanto secondo voi era un progetto "politico", non criminale. Quindi, Vostro Onore, la libertà non basta. Dovete aiutare Šešelj a realizzare il suo sogno. Altrimenti, dov’è la gloria?
È vero, lui la gloria l’ha sempre avuta, ma Voi, Vostro Onore, gliene avete conferita ancora di più, perché nessuno ha umiliato il vostro tribunale più del capo dei cetnici. Nel suo Circo dell’Aja, trasformava giudici e testimoni in scimmie ammaestrate, mentre tutti facevano finta di non vedere il convitato di pietra che, come molte persone in Bosnia, Serbia e Croazia, seguiva con attenzione il processo.
Questa farsa, inscenata per anni dal criminale ora libero, incarna perfettamente tutta l’assurdità del Vostro tribunale, tutta la buffonaggine del Vostro sistema giudiziario, tutta l’inutilità della Vostra esistenza.
Nonostante abbia sostenuto di avere meno diritti di Hermann Goering a Norimberga, Vojislav Šešelj ha ottenuto la libertà. A differenza di Goering, non è stato condannato all’impiccagione. Né, purtroppo, ha inghiottito una capsula di cianuro la notte prima dell’esecuzione. Nè, purtroppo, è morto durante uno sciopero della fame.
Vojislav Šešelj è un radicale libero che il vostro tribunale non ha neutralizzato. Ora l’unico interrogativo è, con quale elettrone si congiungerà per non stabilizzarsi? A quale DNA causerà un danno permanente? Quale reazione a catena provocherà nell’organismo malato dello spazio ex-jugoslavo? Quale cancro post-conflitto dobbiamo temere di più, noi, nazioni divise, Vostro Onore delle Nazioni unite? E con che cosa ci cureremo quando arriveranno le metastasi? Con la riconciliazione?
Free Radovan Karadžić! Free Ratko Mladić! Free Nelson Mandela! Free Palestina!
Ha detto bene il dottor Šešelj, quando non ha voluto alzarsi in piedi al Vostro tribunale? "Alzarmi di fronte a voi? Ma voi siete la feccia del mondo, come posso alzarmi di fronte a voi?".
Dopo che per anni Šešelj Vi ha derisi, insultati, umiliati, distrutti, messo in discussione la vostra legittimazione, competenza, capacità, ora continuate il suo lavoro con questo verdetto. Chi impedirà ora, dopo la sua assoluzione, ad avvocati, popoli, nazioni di ricorrere in appello, chiedere un’assoluzione, uno sconto di pena o la grazia per quella manciata di criminali che avete già condannato ad un numero già insufficiente anni di carcere? Chi potrà avere fiducia nei Vostri prossimi verdetti? Chi si sentirà di testimoniare sui crimini delle prossime guerre? Vostro onore, chi potrà credere nella Vostra integrità? E chi giudicherà Voi?
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