Tipologia: Intervista

Area: Croazia

Categoria:

Rade Šerbedžija: fino all’ultimo respiro

Da giovane attore di teatro in un paesino della Slavonia a film internazionali con registi della portata di Mancevski, Rosi e Kubrick. Ma a Rade Šerbedžija non basta, ed ama definirsi anche poeta e cantautore. E’ uscito in Italia il suo primo libro, Fino all’ultimo respiro, con Zandonai Editore, presentato di recente a Trieste. Nostra intervista

02/02/2011, Nicole Corritore -

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Rade Šerbedžija (nato a Bunić, vicino a Korenica, Croazia, nel 1946) è poeta, cantautore ma soprattutto uno dei più famosi attori della ex-Jugoslavia. Si diploma a Zagabria all’Accademia di Arte drammatica e fin da subito recita come protagonista in rappresentazioni teatrali e film. Con lo scoppio del conflitto in ex-Jugoslavia deve abbandonare il suo paese, per le sue posizioni contro la guerra. Dopo un soggiorno a Londra si stabilisce negli USA. Il successo internazionale arriva con Prima della pioggia (1994) di Milčo Mančevski (Leone d’Oro a Venezia), La Tregua (1997) di Francesco Rosi ed Eyes wide shut (1998) di Stanley Kubrick. Nel 2007 si aggiudica il premio Marco Aurelio come miglior attore al Festival del Cinema di Roma per la sua interpretazione in Fugitive Pieces. In Italia ha pubblicato una raccolta di poesie (L’Amico dice di non conoscerlo più, Amos, 2004). E’ uscito a ottobre 2010 il suo primo libro (Fino all’ultimo respiro), con Zandonai Editore

Lei è uno degli attori più famosi della ex-Jugoslavia. È conosciuto a livello internazionale per aver lavorato con i migliori registi, da Mančevski, Rosi fino a Kubrick. Nel suo libro Fino all’ultimo respiro racconta gli albori della sua vita, fino a parlare dell’intimità della vita familiare. Ci potrebbe riassumere in poche battute come ha iniziato e come è entrato nel circuito hollywoodiano?

E’ molto semplice. Ho cominciato che avevo solo 18 anni. Vivevo a Vinkovci, una piccola città della Slavonia (Croazia), dove c’era un teatro amatoriale. I miei primi passi da attore li ho fatti lì, dove avevo dei grandi amici che mi hanno insegnato tantissimo. Poi sono arrivato a Zagabria e fin dal primo anno all’Accademia d’arte drammatica ho cominciato a ricoprire ruoli da protagonista, sia in teatro che in alcuni film. Per cui devo dire che la mia carriera teatrale e cinematografica è iniziata a una grande velocità. E così come è cominciata, non si è ancora fermata!

Le porte di Hollywood si aprirono dopo aver recitato nel film “Pred doždot ” (Before the rain/Prima della pioggia) del macedone Milčo Mančevski. Un film che ottenne un grande successo in tutto il mondo e ricevette parecchi riconoscimenti importanti: il Leone d’Oro a Venezia e la nomination all’Oscar come miglior film straniero. Il film piacque in maniera particolare al mondo del settore, ai registi, agli attori e agli sceneggiatori i quali, dopo aver visto il mio viso in quel film in cui ricopro il ruolo del fotografo Aleksander, hanno cominciato a scrivere sceneggiature e film pensando a me.

Gli anni novanta l’hanno obbligata ad andarsene dalla ex-Jugoslavia. Ha mai provato nostalgia per il suo paese natale?

Quando è cominciato il conflitto nel mio paese era un tempo in cui stavo dalla parte di quelle persone che desideravano fermare la guerra. Con l’idea che fosse un’assurdità fare una guerra tra popoli che avevano vissuto insieme fino al giorno prima, convinti che si potesse seguire una via pacifica nel dare la possibilità a chi voleva l’indipendenza o a chi voleva che si proseguisse a vivere insieme. Ma le politiche perseguite dalle parti in causa rendevano impossibile stare su questa posizione. La propaganda che spingeva alla guerra era così forte che se eri contro la guerra eri contro di loro. Eri obbligato, come si dice in inglese a “take the side”… a scegliere da che parte stare. Io non potevo scegliere una parte, sentivo di appartenere ad un unico popolo che aveva vissuto insieme fino al giorno prima e così ho dovuto abbandonare il mio paese.

E’ mai più tornato, dopo le guerre degli anni novanta?

Sì, ci sono tornato ed è stato anche difficile. Andando in diversi posti della ex-Jugoslavia, ho vissuto delle situazioni di disagio, di scontro ed anche di dolore. Però ho continuato a tornarci, imperterrito. Pian piano le cose sono cambiate. Oggi le persone si sono riavvicinate, c’è un gran desiderio di lavorare insieme, di collaborare, di diventare buoni vicini di casa. La mia missione, da artista, è sostenere questo processo, affinché si dimentichino queste assurdità, si cerchi il modo di superare i traumi subiti e si ritrovi il modo di vivere da buoni vicini.

I suoi figli sono nati in vari luoghi del mondo. Dopo tutto quello che è successo in ex Jugoslavia, come insegna o come ha insegnato ai suoi figli l’ideale di multietnicità, o multinazionalità per dirla alla jugoslava?

I miei figli sono totalmente cosmopoliti, cittadini del mondo. L’inglese è la loro prima lingua e posso dire che in qualche maniera sono persone “sovranazionali”, sul modello che hanno assorbito dalla loro madre e da me. Mantengono lo stesso comportamento con tutte le persone che conoscono, le quali vengono messe sullo stesso piano sia che siano eschimesi, americani, serbi, croati, albanesi, italiani. Ciò che valutano importante è l’essere umano con cui si mettono in relazione. Io e mia moglie li abbiamo cresciuti così, dando soprattutto l’esempio per primi, e vedo che oggi proseguono a comportarsi come noi.

Parlando di alcuni dei paesi nati dalla dissoluzione della ex-Jugoslavia. Come vede la produzione artistica odierna in Croazia, Serbia e Bosnia Erzegovina?

Per questi paesi è oggi molto difficile produrre cultura, sia in conseguenza degli eventi del passato sia per la situazione economica contingente. E’ difficile anche perché siamo paesi “piccoli” e purtroppo credo che il destino di queste popolazioni sarà quello di sparire dalla scena culturale nel giro di 100-200 anni al massimo. Ora che sono state cancellate le barriere, i confini, e l’Europa li ha nuovamente accolti, tutti i giovani si muovono verso l’Europa. Questi giovani, che resteranno a vivere lontano dal proprio paese, parleranno di più il tedesco, il francese, l’inglese e così via… non il croato, il serbo o il macedone.

E’ un processo inevitabile… all’apertura dei confini quando i singoli potranno decidere per il proprio destino, sceglieranno di vivere a Vienna piuttosto che a Zagabria, a Londra piuttosto che a Belgrado. Assorbiranno così la lingua e le tradizioni del paese che li accoglie e perderanno le proprie radici. Ma questo credo sia il destino di tutte le piccole nazioni nel terzo millennio.

A quel punto si aprirà di nuovo la questione dell’assimilazione delle popolazioni minori da parte di quelle maggioritarie… Forse sono troppo pessimista, ma temo che tutte le popolazioni dei Balcani, in un centinaio di anni, esisteranno nella misura in cui una ventina di vecchi parleranno ancora le vecchie lingue di origine.

A proposito di lingue, si sa che lei è un poliglotta. Ha dovuto far fatica ad impararle o è una sua dote naturale?

Non so tante lingue, in realtà! Conosco l’inglese e recito in questa lingua ma devo continuamente sforzarmi ed impegnarmi perché non è la mia lingua madre. Parlo lo sloveno, una lingua che amo tantissimo perché la ritengo dolce, una delle più belle tra le lingue slave.

Comunque ho dovuto impegnarmi, non è stato facile. Ancora adesso mi sforzo tanto… ad esempio in questo momento sto lavorando tantissimo sui dialoghi per un film tedesco… è terribile! Penso sempre a come saprei recitarlo bene in croato o serbo. Mi basterebbero due ore per imparare i dialoghi, invece di metterci dieci giorni!

A quali progetti sta lavorando adesso?

In questo momento sto finendo di recitare, appunto, in un film tedesco che si intitola In the year of the dog (Im Jahr des Hundes, di Dennis Gansel in uscita nel 2011). In contemporanea sto lavorando al nuovo film X-Men di cui ho ancora due giorni da girare a Londra. Di recente ho recitato in uno splendido film italiano Shun Li e il poeta di Andrea Segre con ruolo da protagonista accanto a Zhao Tao, un’attrice cinese eccezionale. Il regista è un documentarista premiato più volte e questo è il suo primo film di fiction. Abbiamo girato a Chioggia e ho dovuto recitare in dialetto chioggiotto la parte di Bepi, pescatore di origini croate soprannominato dagli amici “il Poeta” perché parla in rima. Mi è piaciuto molto lavorare con Segre e mi sono divertito tanto in questo ruolo.

Ho appena finito un film a Budapest con Angelina Jolie, il suo primo da regista che racconta la storia d’amore tra una donna e un uomo di diversa nazionalità, durante il conflitto nella ex-Jugoslavia. Tra poco andrò a Los Angeles per lavorare alla sincronizzazione di alcune scene.

Se non erro lei ha avuto una parte anche in un film della famosa serie di Harry Potter…

Sì! Ho recitato nel primo, per trenta secondi! Ma compaio anche nel secondo che uscirà a luglio del 2011, dove ho girato tre scene nella parte di Gregorovitch…

Oltre che come attore lei è conosciuto come poeta e musicista. Può dirci qualcosa anche di questo?

Per quanto riguarda la musica, ho appena finito un CD (Ponekad dolazim ponekad odlazim – A volte arrivo e a volte parto) con Miroslav Tadić, un nostro grande chitarrista, assieme alla New Cinema Bend, una band americana messa insieme da Miroslav con musicisti come Roy Estrada e Chris Garcia che suonavano con il leggendario Frank Zappa. Nel 2010 abbiamo tenuto una tournée di lancio del CD in tutte le città della ex-Jugoslavia, molto ben riuscita ed acclamata.

Che rapporto ha con il pubblico italiano?

Ottimo! Io amo l’Italia, la cultura italiana, gli italiani come persone e come nazione. Un paese che ha un popolo magnifico, accogliente, aperto. Ho sempre amato tantissimo i vecchi film italiani e sono certo che verranno realizzati altri film di quella portata, perché l’Italia è un paese di talenti. C’è solo bisogno che coloro che hanno chiuso i cordoni della borsa per lo sviluppo e la realizzazione di film, la riaprano! E diano all’Italia la possibilità di creare nuove opere d’arte, come avvenuto in passato.

E la situazione politica italiana come la vede, da fuori?

Catastrofica! L’Italia è veramente un paese molto mite per riuscire a resistere così a lungo a tali mostri al potere…

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