Racconti da un orfanotrofio in Russia
Nonostante i fondi stanziati del governo a favore dei nuovi genitori, il numero di bambini abbandonati e costretti a crescere in orfanotrofio in Ossezia del nord è in aumento. La nostra corrispondente a Vladikavkaz ha raccolto le storie di alcuni di loro
In Russia, si usa dire "I bambini sono il fiore della vita", "I bambini sono il nostro futuro", "Il meglio ai bambini". Negli ultimi anni, il governo ha cercato di tradurre in pratica questi modi di dire anche attraverso politiche dedicate. Così, ad esempio, il 2008 è stato dichiarato ufficialmente “anno della famiglia” e il precedente “anno dell’infanzia”, e in questo periodo tanto a livello nazionale quanto all’interno della repubblica dell’Ossezia del Nord si sono svolte svariate iniziative che puntano a creare condizioni favorevoli per creare e mantenere una famiglia e a mantenere alta l’attenzione su questi temi. Tra queste, particolare attenzione ha ricevuto il cosiddetto “capitale di maternità”, una somma di 250.000 rubli (circa 6250 euro) che dal 2007 il governo russo destina ad ogni famiglia in cui nasce un secondo figlio, una somma che a partire dal 2011 è stata innalzata a 365.000 rubli (circa 9000 euro).
E allora perché, nonostante tutti gli sforzi, il numero di bambini abbandonati in Ossezia del nord cresce ogni anno? Secondo Sveta Marzoeva, pediatra all’accettazione dell’Ospedale pediatrico nazionale da cui passano tutti i bambini destinati all’orfanotrofio, gli abbandoni sono cresciuti dell’8% rispetto al 2009. "Fino a qualche anno fa era raro vedere un bambino abbandonato, ma oggi succede che una settimana non ne arrivi nessuno, e quella dopo da sei ad otto! Se prima tendevano ad essere bambini sotto i tre anni, ora sono più grandi. A volte i genitori non abbandonano un solo figlio, ma tutti assieme. Di norma si tratta di quasi coetanei, 4 5 e 6 oppure 5 e 7 anni, ma non di rado arrivano, ad esempio, bambini di 1, 2 e 8. Di conseguenza, i bambini fino a 3 anni finiscono in un orfanotrofio e quello di 8 in un altro, così vengono divisi, che è un’altra tragedia per loro".
Secondo alcuni medici, questo è legato al fatto che il sussidio è concesso solo al compimento dei tre anni del bambino e una volta ricevuto tale contributo il figlio diventa superfluo. La stampa locale riporta i metodi più disparati e inimmaginabili utilizzati per sbarazzarsi dei bambini, che vengono lasciati sulla porta di case altrui, nel vano dell’ascensore o nei cassonetti della spazzatura, o ancora in boschi o frutteti abbandonati nella speranza che non sopravvivano. Qualche mese fa un caso ha colpito per la sua crudeltà, emersa dopo che all’ospedale pediatrico è stato portato un neonato per l’autopsia, poi risultato morto per asfissia. È emerso che un’abitante del villaggio di Alagir aveva avvolto il neonato in sacchetti di plastica e l’aveva sepolto vivo in un angolo del frutteto. La giovane madre, costantemente picchiata dal marito alcolista, aveva deciso di non volere un figlio da un uomo simile, ma poiché era tardi per abortire se ne era liberata come poteva.
Bambini abbandonati
I medici dell’ospedale pediatrico possono raccontare molte storie di questo tipo, che purtroppo non accennano a diminuire. Spesso i bambini vengono lasciati incustoditi per giorni da madri alcolizzate, tossicodipendenti, che si prostituiscono o che semplicemente sono concentrate solo sulla propria vita personale. A volte, si registrano episodi di violenza in cui i vicini, stanchi del costante fracasso, chiamano la polizia che prende in consegna i bambini. Spesso i genitori perdono la patria potestà e i figli, se non ci sono parenti disponibili, finiscono in orfanotrofio. Ma anche se vi sono parenti, questi spesso preferiscono la custodia all’adozione, visto che la custodia prevede sussidi mensili per il mantenimento del bambino. A volte le madri abbandonano il figlio già in ospedale. Se il bambino è sano, fisicamente e psichicamente, viene quasi sempre adottato subito e preso in cura dai nuovi genitori.
Prima di entrare in orfanotrofio, ogni bambino è sottoposto ad una visita medica. A seconda dell’età, i bambini vengono distribuiti in istituti diversi: dalla nascita ai tre anni in un asilo, fra i 3 e i 18 anni in orfanotrofio. In Ossezia del nord ci sono diversi orfanotrofi, la maggior parte dei quali a Vladikavkaz, che si distinguono a loro volta per le diverse specializzazioni: l’orfanotrofio-asilo “Chury Tyn”, l’orfanotrofio-scuola “Viktorija” per bambini orfani e rimasti senza le cure dei genitori, l’asilo nido per i più piccoli, l’orfanotrofio-clinica “Laska” (“carezza”) per quelli disabili. Ci sono orfanotrofi anche a Beslan e Dur-Dur.
Sin dal primo giorno in orfanotrofio, i bambini vengono educati al lavoro e a alla disciplina. Di norma, ogni istituto ha una piccola fattoria dove si allevano suini (a volte mucche) e conigli (i più grandi ne fabbricano le gabbie), si taglia il fieno e se ne fa mangime per gli animali, si coltivano patate, bietole e altre verdure. Come raccontano gli ex ospiti dell’orfanotrofio “Laska”, sono gli stessi bambini ad occuparsi della fattoria. L’istituto si trova alle porte di Vladikavkaz, a decine di metri dal cimitero cittadino da un lato e dall’ospedale psichiatrico dall’altro (non esattamente la più allegra delle compagnie). Prima lì vicino c’erano dei campi dove i bambini potevano falciare erba per gli animali, ma negli ultimi anni la superficie del cimitero è stata molto allargata e la terra libera è diminuita molto, il che rende difficile l’allevamento. I bambini lavorano anche in zona facendo pulizia o piccole riparazioni, aiutando nell’assistenza ai disabili, e fabbricando scatole o attaccando perline. Vanno a scuola direttamente in orfanotrofio, ovvero non hanno la possibilità di interagire con altri bambini e sviluppare capacità di comunicazione anche con bambini esterni all’orfanotrofio. Inoltre, il livello di istruzione in questi istituti è fortemente arretrato rispetto alla media.
A causa di questo isolamento, i bambini sono felicissimi quando vanno in vacanza al mare o in montagna, ricevono regali o partecipano a gite al teatro o allo zoo. Una delle feste principali è quella del nuovo anno, che tutti aspettano con impazienza preparandosi con grande anticipo, imparando poesie, canzoni e balli. Particolarmente amate sono le visite di personaggi televisivi o semplicemente di persone di buon cuore che portano vestiti, scarpe e giocattoli. Durante le festività si invita anche chi ha lasciato l’orfanotrofio da tempo: nonostante la durezza della vita in orfanotrofio, per molti di loro quella rimane una casa e ricordano quegli educatori che hanno donato loro un po’ d’amore.
Ogni orfanotrofio ha un accordo con gli istituti professionali, così dopo la scuola c’è la possibilità di imparare il mestiere di sarta, cuoco, elettricista, muratore e così via. In un modo o nell’altro, al compimento dei diciotto anni i ragazzi escono dall’orfanotrofio pronti ad una vita adulta e indipendente. Una commissione medica stabilisce il grado di invalidità e di attitudine alla vita nella società. I disabili che non possono lavorare e badare a sé stessi vengono trasferiti in un ospedale psichiatrico per malati cronici, dove rimarranno per sempre. Gli altri vivono in appartamenti forniti dallo stato, ad esempio un appartamento di tre stanze, ognuna occupata da due persone.
La storia di Egor, Larisa ed Elvira
In uno di questi appartamenti vivono alcuni ex ospiti dell’orfanotrofio “Laska”. Egor Zamuruev (30 anni, nato a Irkutsk) racconta che ha finito la scuola professionale, ma non ha un lavoro stabile. Non sta però con le mani in mano e cerca sempre un modo di guadagnare qualcosa, dato che a casa lo aspettano la moglie Larisa Tsogoeva e la figlia Agelina. Anche Larisa è cresciuta in orfanotrofio. Ha il labbro leporino e dice che se avesse avuto genitori o parenti avrebbe potuto essere operata, ma poiché non aveva nessuno e l’orfanotrofio non si occupa mai di questo tipo di difetto non le è rimasto che affrontare la vita così com’era e contare solo sulle persone più vicine, ovvero quelle con cui è cresciuta in orfanotrofio.
Un’altra ospite del “Laska”, Elvira Želtouchova, è nata a Irkutsk, come Egor. La madre la abbandonò quando aveva solo 5 anni. Poiché all’orfanotrofio di Irkutsk non c’era posto, furono trasferiti a Vladikavkaz. Ora Elvira ha 30 anni, ma non ha perso la speranza di trovare, prima o poi, la madre. Elvira ha studiato da sarta, ma fa l’infermiera nell’ospedale pediatrico. Egor le ha insegnato qualcosa e fanno qualche riparazione insieme. Elvira dice che molti sono gentili con lei e le portano abiti e scarpe, ma altri semplicemente la sfruttano. Si lamenta infatti che spesso le chiedono di pulire casa, lavare le finestre, dipingere la staccionata o fare riparazioni, ma alla fine dicono di non avere soldi e non pagano. Ha anche seri problemi di salute: in seguito alle complicazioni di una grave malattia contratta in orfanotrofio e non curata, è diventata sorda da un orecchio. Ora si raffredda spesso ed è quasi sempre malata, ma quel che è peggio è che, secondo i medici, senza un’operazione perderà completamente l’udito. Ma senza parenti o conoscenze, in Ossezia del nord è praticamente impossibile farsi operare. Certo, gli orfani si sostengono fra di loro, ma manca l’aiuto degli altri, che anzi spesso li trattano con diffidenza e disprezzo. Nonostante tutto, Egor, Larisa ed Elvira non si disperano. Ma come loro ce ne sono pochi, tanti finiscono in strada e vivono come possono. Alcuni riescono a farsi una vita, ma purtroppo molti vanno a fondo e si danno all’alcol o al crimine.
Conoscendo la difficile condizione degli orfani, il governo cerca di aiutare. Come riportato dall’agenzia Interfax-Jug lo scorso 17 dicembre, nel 2010 le autorità di Vladikavkaz hanno destinato 8,8 milioni di rubli (circa 220.000 euro) alle residenze per gli orfani e gli ex ospiti degli orfanotrofi. "Nell’anno in corso con questi mezzi sono stati acquistati dieci appartamenti", ha comunicato a Interfax l’amministrazione cittadina, aggiungendo però che in lista d’attesa ci sono ancora 200 persone.
Ci sono poi giovani attivisti, soprattutto studenti universitari, che portano avanti piccole iniziative benefiche dedicate a qualche ricorrenza, ad esempio il giorno dell’infanzia (primo giugno). In fondo ognuno può almeno portare un giocattolo e dare un po’ di gioia a un bambino. Basta poco, i bambini degli orfanotrofi sono molto riconoscenti e non dimenticano le persone che hanno fatto loro del bene.
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