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Questa sera Dio è bulgaro

Per la Bulgaria, quello in Sud Africa è l’ennesimo mondiale vissuto da spettatori. Eppure a Usa ’94, la squadra guidata da Stoichkov riusciva a stupire il mondo, raggiungendo le semifinali e regalando al paese il riscatto sportivo nel mezzo di una transizione travagliata e difficile. Amarcord mondiali alla vigilia di Uruguay-Olanda

06/07/2010, Francesco Martino - Sofia

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Quella del 2010 in Bulgaria è un’estate incerta, tiepida e piovosa. Sarà anche per questo che, a Sofia e dintorni, i mondiali di calcio sudafricani non sembrano suscitare le passioni arroventate che di solito rapiscono il bulgaro medio, tifoso accanito e viscerale.

Di calcio si parla ovunque, nelle strade, tra amici, tra conoscenti, tra sconosciuti. Tutti hanno qualcosa da dire: si parla di strategie, si riesumano vecchi episodi, si paragonano campioni del presente con quelli del passato. I locali muniti di televisore poi, durante le partite, sono quasi sempre pieni.

Eppure c’è qualcosa non torna, la sensazione di qualcosa che manca. A parte il clima, la spiegazione è semplice: anche stavolta la nazionale non è riuscita a qualificarsi, e le ultime immagini di una squadra bulgara ai mondiali risalgono ormai alla (poco fortunata) spedizione in Francia del 1998.

Quando il presente è povero di soddisfazioni, è facile farsi prendere dalla nostalgia. Stasera a Città del Capo si gioca Uruguay-Olanda, prima delle due semifinali del torneo di quest’anno. Il pensiero di molti tifosi, in Bulgaria, corre veloce al ricordo di un’altra semifinale, giocata sedici anni fa (1994) nell’afa rovente del Giants Stadium di East Rutherford, nel New Jersey, contro l’Italia di Arrigo Sacchi, e rimasta indelebile nella memoria collettiva, nonostante la sconfitta.

Era il 13 luglio 1994, e solo il genio calcistico di Roberto Baggio metteva fine al sogno della “generazione d’oro” del calcio bulgaro. Una squadra che in quei giorni era riuscita, letteralmente, a stupire il mondo.

L’avventura della Bulgaria al mondiale Usa ’94 è nata fin dall’inizio sotto il segno del destino. Il paese stava vivendo un periodo difficile, travagliato, duro. La transizione politica era in stallo, con un governo tecnico (guidato dall’economista Lyuben Berov) incapace di di portare avanti riforme seppur minime.

L’economia, poi, era in stato di vera prostrazione, ancora in cerca di una nuova dimensione dopo il crollo del Comecon, minata da privatizzazioni affrettate, scioperi a ripetizione e un’inflazione che, nei primi sei mesi del ’94 aveva toccato il 59,4%.

Gli unici ad avere seri motivi per festeggiare nel paese erano i gruppi criminali che, anche grazie agli affari milionari forniti dall’embargo alla vicina Jugoslavia accumulavano ricchezze con il contrabbando e controllavano buona parte del paese, sviluppando i “business” più svariati.

Come talvolta succede, però, proprio ai momenti più difficili si possono accompagnare le soddisfazioni sportive più inaspettate. Tanto più che ai mondiali americani, in realtà, la Bulgaria sembrava destinata a non dover nemmeno partecipare.

Con la Svezia già al sicuro, la squadra allenata da Dimitar Penev si gioca tutto nell’ultima gare delle qualificazioni. Una “partita impossibile” da giocare al "Parc des Princes" di Parigi contro la Francia. E’ il 17 novembre 1993. I padroni di casa, manco a dirlo, sono i grandi favoriti e hanno un punto di vantaggio (quindi un pareggio può loro bastare). Come se non bastasse, al ’32 vanno anche in vantaggio con un gol di Cantona.

I bulgari riescono a pareggiare in fretta, ma al ’90 il risultato è ancora bloccato sull’ 1-1. Si aspetta solo il fischio dell’arbitro. A questo punto, però, succede l’imprevedibile. Nell’ultima azione, con la forza della disperazione, l’attaccante Emil Kostadinov scatta sulla destra, entra in area e, quasi alla cieca, infila con un diagonale fulminante e imprendibile la porta francese.

Nikolay Kolev e Petar Vasilev, i due commentatori della televisione nazionale bulgara, al gol letteralmente impazziscono, urlano, manca poco che si mettano a piangere, e quasi all’unisono coniano una frase destinata a passare alla storia e alla cultura popolare di massa: “Questa sera Dio è bulgaro!”

Ai mondiali di USA ’94, la nazionale bulgara si presenta con una squadra promettente: stella indiscussa è Hristo Stoichkov, talentuoso attaccante passato dal CSKA Sofia al Barcellona due anni prima e divenuto in fretta idolo della tifoseria catalana. Tra gli altri giocatori di rilievo il centrocampista Yordan Lechkov, allora all’Amburgo, e Krasimir Balakov, perno dello Sporting di Lisbona. Ma anche il barbuto e roccioso Trifun Ivanov, Nasko Sirakov, Ljubo Penev. E’ la “generazione d’oro” del calcio bulgaro.

Le statistiche, comunque, sono tutte contro la squadra. In ben cinque partecipazioni ai mondiali ( ’62, ’66, ’70, ’74 e ’86), infatti, la Bulgaria non è riuscita a vincere una sola partita. A suo modo un primato, anche se davvero poco invidiabile.

E la “maledizione dei mondiali”, sembra colpire ancora quando, al primo scontro contro la Nigeria, Stoichkov e compagni rimediano un secco e inappellabile 3-0. In Bulgaria le critiche sono feroci e già si pronostica un veloce e umiliante ritorno a casa.

E invece no. La Bulgaria prima strapazza i vicini della Grecia per 4-0 e poi, nell’ultima gara della fase a gironi, si permette di sconfiggere 2-0 l’Argentina. Il clima in Bulgaria cambia rapidamente, e i mutevoli umori della tifoseria passano dal pessimismo cupo ad un entusiasmo montante e contagioso.

Agli ottavi, l’avversario è il Messico. La Bulgaria passa subito in vantaggio con un contropiede fulminante di Stoichkov, ma deve subire il pareggio su rigore. Finisce il tempo regolamentare, finiscono i supplementari e il risultato non cambia. Si va ai rigori. E qui sale in cattedra il portiere (e capitano) Bobi Mihailov, che ne para tre, e porta la squadra ai quarti, contro i campioni in carica della Germania.

La sfida con la Germania, probabilmente, è “la partita” di quei mondiali per la Bulgaria. Di sicuro è il punto più alto mai raggiunto dal calcio bulgaro. Sotto di un gol all’intervallo (un rigore segnato da Lothar Matthäus) la Bulgaria capovolge tutto nel giro di tre minuti, prima con una punizione capolavoro di Stoichkov, e poi con un tuffo di testa di Lechkov.

Per i bulgari è festa grande, si scende nelle piazze, si festeggia fino a notte inoltrata, fino al mattino. E si aspetta la semifinale con l’Italia. Qui la storia è nota, con i due gol di Baggio e l’inutile rigore di Stoichkov, che gli permette di divenire il capocannoniere del torneo (6 gol), ma non di raggiungere il sogno della finale.

Ogni tifoso bulgaro che si rispetti ricorda però (e tramanda a figli e nipoti) un presunto fallo di mano di Costacurta in area italiana, e il rigore non dato che avrebbe potuto (e dovuto) cambiare il destino di quella partita e di quel mondiale.

L’ultimo atto del mondiale americano della Bulgaria, l’inutile finale per il terzo posto contro la Svezia, finisce con una sonora sconfitta per 4-0. In patria però nessuno ci fa caso, e al ritorno a casa, i reduci di Usa ’94 vengono accolti come veri eroi.

La “generazione d’oro” riuscirà ancora a qualificare la Bulgaria agli europei del 1996, sfiorando il passaggio alla fase eliminatoria. Qualcosa, però, intanto si è rotto. La squadra è divisa, si litiga per stipendi e premi partita non pagati, la discordia si insinua nello spogliatoio e finisce per spaccarlo. Alla fine del torneo Dimitar Penev, l’allenatore-guru di Usa ’94, viene messo alla porta.

Due anni dopo il nuovo selezionatore, Hristo Bonev, riesce a portare la squadra ai mondiali di Francia. Ma è il canto del cigno, e stavolta le soddisfazioni raccolte sono ben poche. L’umiliazione del 6-1 subito contro la Spagna rappresenta molto più che l’ultima partita giocata dalla Bulgaria in un mondiale. E’ la fine di un ciclo, forse irripetibile, mai dimenticato. E di una generazione di campioni che ancora aspetta di trovare i propri eredi.

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