Quando le cose non vanno come dovrebbero
Un ricercatore di OBC – ora presso l’Università di Dublino – racconta due momenti in cui Osservatorio ha fatto la differenza
Qualche anno fa, un pomeriggio, mi è capitato di ricevere una telefonata inaspettata. Era una giornalista cecena che mi segnalava la storia di un uomo, arrestato da poco in Italia e già pronto ad essere deportato in Russia. In breve, come ha stabilito in seguito la magistratura, all’uomo era stato illegittimamente rifiutato il diritto d’asilo. La vicenda era caratterizzata da numerose anomalie, riguardanti il fermo dell’uomo, le modalità e i tempi in cui è stata valutata la sua richiesta per ottenere lo status di rifugiato ed è stata decisa la sua espulsione. È una storia complessa, che all’epoca ho raccontato nei dettagli per Osservatorio con un pezzo che concludeva così:
“Questo articolo racconta la storia di un uomo che aveva un diritto e se lo è visto riconosciuto dalle istituzioni. Dovrebbe essere una storia scontata, ma purtroppo non lo è affatto. Tutto fa pensare che questo sia stato possibile solo grazie all’aiuto che, per una serie di coincidenze, quell’uomo ha ottenuto da persone e organizzazioni competenti che si sono dedicate al suo caso, gli hanno permesso di avere un’assistenza legale adeguata e sono riuscite a portare davanti a un giudice attento materiali sufficienti a comprovare la situazione di rischio che lo attendeva nel suo Paese d’origine.”
Quella serie di “coincidenze” con tutta probabilità non sarebbe stata possibile se non fosse per l’esistenza di Osservatorio. Se non fosse per Osservatorio, probabilmente quella giornalista non avrebbe saputo chi chiamare in Italia. Quando ho ricevuto la telefonata, chi stava seduto di fronte a me in ufficio a Osservatorio mi ha subito suggerito di chiamare una ONG che si occupava di rifugiati (ICS Ufficio rifugiati), con cui era stata in contatto per via di precedenti esperienze nei Balcani. ICS Ufficio rifugiati ha provveduto a trovare assistenza legale e tramite altri contatti in Russia mi è stato possibile raccogliere ulteriori informazioni necessarie al caso e predisporre i materiali utili al caso. In seguito a questo lavoro, il giudice competente ha dichiarato “l’illegittimità del provvedimento di diniego per carente e contraddittoria motivazione nonché per travisamento dei fatti e omessa coerente valutazione degli stessi e per violazione di legge.”
Tutto questo è stato possibile grazie a Osservatorio. Un posto dove persone con competenze d’area, competenze linguistiche (in questo caso, indispensabile il russo) e contatti vivi con la società civile italiana stanno fianco a fianco. E forse neppure questo sarebbe bastato se Osservatorio non avesse utilizzato una rete di contatti stabili con il mondo del giornalismo per dare risonanza alla vicenda. Ma Osservatorio, per fortuna, è anche giornalismo.
In Georgia, qualcosa è cambiato
A novembre 2013, Georgia e Moldavia hanno firmato l’Accordo di Associazione con l’Unione europea al summit di Vilnius. In quell’occasione avrebbe dovuto firmare anche l’Ucraina. Poi le cose sono andate diversamente. Di Accordi di Associazione si è parlato tanto e se ne continua a parlare, evidenziandone l’importanza come elemento chiave del percorso di riforme che i paesi del vicinato stanno per intraprendere. In pochi però si sono messi a leggere quei documenti, per cercare di capire cosa davvero si propone di riformare e quale sia il contenuto di quelle centinaia di pagine di documenti, al di là di norme a favore del libero mercato e generici impegni ad effettuare riforme democratiche.
Analizzando gli Accordi e cercando di approfondire in particolare le differenze tra l’accordo UE-Georgia e quello Ue-Moldavia, ho scoperto una cosa interessante e allo stesso tempo preoccupante: l’Accordo con la Georgia (a differenza di quello con la Moldavia) non conteneva alcuna sezione dedicata ai diritti dei minori, nonostante il Parlamento europeo avesse esplicitamente raccomandato con una propria risoluzione “l’inclusione nell’Accordo di una sezione dedicata alla protezione dei diritti del bambino”.
Il fatto che i negoziatori abbiano deciso di ignorare, senza dare spiegazioni, una richiesta dell’unica istituzione Ue eletta direttamente dal popolo deve far pensare. Ma al di là di questo, in concreto, l’assenza di questa sezione dal principale documento che regola i rapporti tra Ue e Georgia per i prossimi anni avrebbe implicato che i diritti dei minori non sarebbero stati un’area di cooperazione prioritaria. E quindi, con tutta probabilità, meno risorse da parte UE e meno importanza data alla questione da parte del governo di Tbilisi.
Ho parlato della questione con i responsabili di ChildPact, una coalizione regionale che si occupa di diritti dei minori, che a sua volta ha interagito con i propri partner. La coalizione nazionale georgiana che unisce le ONG che si occupano di diritti dei minori in Georgia ha quindi pubblicato un comunicato stampa dedicato alla questione, e io ne ho scritto per la prima volta su Osservatorio. Dopo qualche mese, pochi giorni prima dei negoziati che dovevano determinare il documento di implementazione degli accordi, ne ho scritto di nuovo assieme al segretario generale di ChildPact. L’articolo è stato pubblicato da Osservatorio, in contemporanea con un sito polacco che si occupa dei paesi del vicinato orientale e un sito di notizie georgiano e la questione è stata di nuovo promossa nella regione e a Bruxelles.
Qualche settimana più tardi è stata resa finalmente pubblica l’Association Agenda, documento di 30 pagine che determina l’implementazione dell’Accordo di Associazione (un documento di quasi 1000). Non c’era motivo per aspettarsi alcuna novità. E invece, in fondo alla parte dedicata alle priorità nell’ambito di dialogo politico e riforme, era stata introdotta una nuova sezione intitolata “diritti dei bambini”, che includeva specifiche richieste al governo georgiano per dare priorità e dedicare risorse al settore.
Non lo posso sapere con certezza, ma credo che questo cambiamento sia dovuto agli articoli pubblicati da Osservatorio, dai comunicati stampa che ne sono conseguiti e dall’attenzione sollevata sulla vicenda. Ne sono convinto perché la “notizia” è partita da noi (nessuno ne aveva scritto prima), perché sono stati coinvolti attori rilevanti, perché la sezione sui diritti dei minori è stata inclusa in un documento che doveva solo essere attuativo dei ben più lunghi Accordi di Associazione (in cui non era menzionato), perché è stata inclusa come ultimo elemento nella parte dedicata alle riforme politiche e, infine, perché proprio la sezione sui bambini contiene una ripetizione (v. immagine), fatto davvero inusuale per documenti Ue che di norma vengono rivisti decine se non centinaia di volte. Ritengo probabile, o quantomeno plausibile, che qualcuno abbia sollevato la questione dei diritti dei minori nei negoziati che hanno preceduto la stesura finale del documento, e a quel punto nessuno si sia potuto tirare indietro.
Tutto questo, non sarebbe stato possibile senza Osservatorio. Osservatorio ha reso possibile che ci fosse qualcuno con il tempo e le competenze necessarie per analizzare gli Accordi di Associazione (principale documento che regola i rapporti dell’Ue con i paesi firmatari) e che quel qualcuno avesse contatti con attori della società civile nella regione e con altre organizzazioni che fanno informazione online. Se non ci fosse stato Osservatorio, forse quel documento oggi sarebbe diverso, e ci sarebbero meno risorse e pressione politica per sostenere riforme a favore dei diritti dei minori in Georgia.
Anche così funziona la democrazia
Ovviamente, non è tutto merito di Osservatorio. C’era bisogno anche di ICS Ufficio rifugiati, e di un giudice attento, di ChildPact e di coalizioni attive nella regione. E certo, di tanto altro. Ma senza Osservatorio, forse le cose sarebbero andate diversamente.
Si tratta di cose che avrebbero dovuto succedere comunque. Quell’uomo, secondo le leggi vigenti, aveva diritto di non essere deportato in Russia e di ottenere lo status di rifugiato. E i negoziatori Ue-Georgia avrebbero dovuto includere i diritti dei minori negli Accordi, se non altro perché l’aveva richiesto il Parlamento europeo.
Ma le cose non vanno sempre come dovrebbero. In una democrazia, il controllo sulle istituzioni avviene anche tramite giornalismo di qualità e società civile. Se un punto di incontro tra queste realtà quale è Osservatorio chiude, inevitabilmente si disperderanno le competenze e reti di contatti che erano alla base della sue esistenza. E tante piccole cose potrebbero andare diversamente.
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