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Quando il Danubio era blu

Lo storione è il termometro dello stato di salute del grande fiume. Oggi però questo misterioso pesce è a rischio di estinzione, e si moltiplicano le iniziative per cercare di conoscerlo e proteggerlo. L’impegno di Bulgaria e Romania, i progetti del WWF

05/09/2014, Francesco Martino -

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(Articolo pubblicato in collaborazione con la rivista La nuova ecologia)

La rete emerge lentamente dall’acqua dorata e quasi immobile del grande fiume, tirata a bordo da gesti cadenzati e antichi. L’ultimo lembo viene deposto ancora grondante sul fondo annerito dello scafo: nulla, se non qualche rametto spezzato e trascinato dalla corrente.

“Siamo alla ricerca di giovani storioni dall’anno scorso, ma fino ad oggi senza fortuna: segno di quanto si sia tragicamente impoverito il Danubio negli ultimi decenni”. Yordan Kutsarov, esperto del WWF, è nato e cresciuto a Tutrakan, sulla sponda bulgara del fiume. Oggi è uno dei responsabili di un progetto triennale ("Azione congiunta di sensibilizzazione sullo sfruttamento degli storioni in Bulgaria e Romania") , che coinvolge Bulgaria e Romania, per raccogliere nuovi dati sugli storioni, e coinvolgere le comunità di pescatori sulle rive del Danubio nello sforzo di protezione di questa affascinante famiglia di pesci, oggi classificata a “grave rischio di estinzione”.

“Le cinque specie di storioni oggi presenti nel Danubio [beluga, storione del Danubio, storione stellato, sterleto, storione bastardo] sono un vero termometro dello stato di salute del fiume. Di loro oggi sappiamo drammaticamente poco, ecco perché è così importante scoprire di più sulla loro popolazione”, spiega Kutsarov, mentre rientriamo nel piccolo porto fluviale di Tutrakan, navigando lungo la riva coperta di salici e pioppi.

Gli storioni sono pesci tanto antichi (comparvero circa 200 milioni di anni fa, al tempo dei dinosauri) quanto misteriosi. Di solito vivono in mare, ma per riprodursi e deporre le uova risalgono per centinaia di chilometri i fiumi dell’emisfero settentrionale.

Proprio le uova non fecondate, da cui si ricava il prezioso caviale, hanno portato alla pesca indiscriminata di questi grandi animali, che nelle specie più imponenti possono superare i mille chili di peso. Uno sfruttamento che a partire dal XX secolo ne ha decimato la popolazione. Solo in Romania, ad esempio, si è passati da 1144 tonnellate di pescato nel 1940, ad appena otto del 1995. A complicare le cose, il lungo ciclo vitale degli storioni, che hanno bisogno di 5-15 anni per raggiungere la maturità sessuale: una caratteristica che rende molto faticoso il processo di recupero delle specie pescate.

Una situazione tanto critica da attirare più volte l’attenzione delle istituzioni dell’UE, di cui Bulgaria e Romania sono membri dal 2007. Nel gennaio 2010 una risoluzione del Parlamento europeo invitava la Commissione ad adottare una strategia comprensiva per l’area del Danubio, citando la protezione degli storioni come uno degli obiettivi da perseguire. Invito accolto nella stesura finale della strategia, approvata nel 2011 dalla Commissione, che dava vita anche ad una speciale “task force” per gli storioni del Danubio.

“Sia Bulgaria che Romania hanno introdotto il divieto totale di pesca degli storioni, divieto che durerà fino al 2015. Sicuramente è un passo avanti, ma molti problemi restano”, ci dice Ivan Hristov, coordinatore del programma “Ambienti acquatici” del WWF. Alcuni sono strutturali, come la costruzione delle grandi dighe alle “Porte di Ferro”, tra Romania e Serbia, che hanno interrotto il percorso migratorio degli storioni. Seguono sfruttamento dei fondali e navigazione, che disturbano la deposizione delle uova, ma anche il bracconaggio, difficile da monitorare e contrastare.

Il drastico calo di storioni mette a rischio non solo il patrimonio di biodiversità del Danubio, ma anche quello sociale e storico. Oggi a Tutrakan non restano che duecento pescatori professionisti: per loro, la scomparsa della preda più ambita rappresenta una grave limitazione, e mette a rischio lavoro e tradizioni secolari.

“In linea di principio sono d’accordo con il divieto di pesca, anche perché ormai gli storioni nel Danubio si contano sulle dita di una mano”, ci dice Andrian Radev, 30 anni, da quindici pescatore. “Ma vorremmo che regole e direttive venissero discusse con noi, e non solo calate dall’alto: si tratta della nostra vita, del nostro futuro e di quello dei nostri figli”.

Il progetto del WWF tenta quindi di coinvolgere le comunità di pescatori del Basso Danubio. “Senza dialogo con i pescatori, senza le loro conoscenze tramandate per generazioni, non è possibile salvaguardare gli storioni e il delicato ecosistema del Danubio”, sostiene convinto Kutsarov.

Oggi ad esempio, in quasi totale mancanza di informazioni sulla reale presenza degli storioni nel tratto bulgaro-rumeno del fiume, lungo 480 chilometri, i pochi dati disponibili arrivano quasi solo dai pescatori attivi sul Danubio. Anche ricerche e sondaggi non sarebbero possibili senza la collaborazione attiva di chi il fiume – per lavoro e per passione – lo conosce canale per canale, meandro per meandro.

Mentre ci prepariamo a salutare Tutrakan, veniamo avvertiti che una delle barche ha issato un piccolo di beluga. “E’ il primo successo dopo due anni di tentativi”, ci dice eccitato Hristov. “Un segno importante: significa che gli storioni continuano a riprodursi nel Danubio. La lunga attesa conferma però che la situazione è tutt’altro che rosea. Il nostro lavoro è appena all’inizio, e il risultato finale è tutt’altro che scontato”.

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