Tipologia: Reportage

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Area: Romania

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Prostituzione in Romania: il cerchio della violenza

In Romania la prostituzione è stata depenalizzata un anno fa. Poco è cambiato però con le forze dell’ordine che spesso sono quelle che perpetuano gli abusi. Intanto è sempre meno la prostituzione per strada e cresce quella negli appartamenti. Un reportage

06/05/2015, Julia Beurq -

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(Pubblicato originariamente da Le Courrier des Balkans il 18 aprile 2015)

Via Maria Rosetti è conosciuta in tutta Bucarest come uno dei luoghi storici della prostituzione. E nel mestiere Mihaela, è almeno tanto conosciuta come lo è la via in cui lavora tutte le sere. Con i suoi 28 anni di esperienza si fa chiamare “Professoressa” ed è la decana del sesso a Bucarest. Con la sua voce grave, questa madre di cinque figli, racconta senza remore quanto è cambiato nel tempo il mestiere che pratica. “Sotto il comunismo era tutto molto diverso. Eravamo ‘dame da compagnia’ e lavoravamo solo negli hotel. I gestori ne erano al corrente, come lo erano i poliziotti”.

E’ seguito poi un periodo fluido, dopo la caduta di Nicolae Ceaușescu, durante il quale le lavoratrici del sesso sono state progressivamente spinte a lavorare sui marciapiedi. Mihaela conclude: “Prima era meglio per tutti, vi erano meno malattie, meno violenza”.

Ora nella maggior parte dei casi gli abusi arrivano proprio dalle forze dell’ordine. Mihaela fa la lista di quelli subiti negli ultimi anni. “Alcuni poliziotti ci insultano, altri ci picchiano. In alcuni commissariati ci confiscano i preservativi ed hanno forzato alcune colleghe a fare il test dell’Aids. Hanno vissuto un vero calvario, ne sono uscite profondamente umiliate”.

In parallelo la polizia continua ad esercitare una pressione costante su queste donne, verbalizzando qualsiasi piccola infrazione riscontrino. Su uno dei grandi viali della capitale, tre ragazze attendono i loro clienti. Anna, 21 anni, col suo caschetto nero e rosa e il piercing sulle labbra sembra una rapper. Da quando ha iniziato a prostituirsi, tre anni fa, continua a raccogliere multe. “E’ la mia sola fonte di reddito e i poliziotti passano il loro tempo a multarci, tra i 110 e i 340 euro, secondo a come gira loro” sostiene lei “ma io non ho soldi per pagarle, e lo sanno bene. Tutto quello che fanno è illegale”. Secondo un recente rapporto della Associazione romena contro l’Aids (ARAS) solo il 7% delle prostitute vittime di abuso sporgono denuncia contro la polizia.

Verso la legalizzazione?

Prima della depenalizzazione, le prostitute rischiavano dai tre mesi ai tre anni di prigione. Oggi quest’attività non costituisce più un reato ma ciononostante non è legale. Una norma del codice civile vieta l’adescamento, considerato turbamento dell’ordine pubblico. Questo permette quindi alle forze dell’ordine di multare le lavoratrici del sesso, ma solo se sono prese in flagrante con un cliente. Questa pressione ha anche conseguenze sui lavoratori sociali che girano per le strade della capitale per distribuire preservativi e siringhe.

“Le forze dell’ordine mi impediscono letteralmente di lavorare”, afferma Dan Popescu, psicologo da sei anni dell’ARAS. “Le ragazze mi vedono e mi riconoscono ma il problema è che i gendarmi mi seguono per multarle. E quindi, quando arrivo, loro preferiscono nascondersi e questo limita ovviamente l’accesso ai servizi di prevenzione”.

Dan Popescu sostiene che le lavoratrici del sesso non dovrebbero più essere oggetto del codice civile ma la legalizzazione della prostituzione – come esiste ad esempio in Germania ed in Ungheria – non ne è certo conseguenza diretta. Nel 2010 è stato sottoposto al Parlamento un progetto di legge, senza che si arrivasse ad alcun esito. Questioni morali legate alla prostituzione rimangono comunque al cuore del dibattito pubblico in una società, sul tema, estremamente conservatrice.

Tra le lavoratrici del sesso, Maria è piuttosto favorevole. “Sarebbe meglio se venisse legalizzata”, spiega “Si pagherebbero imposte allo stato, vi sarebbero luoghi controllati, non si starebbe più in strada a prender freddo. Qui subiamo sempre dei rischi, si può salire sulla macchina di uno psicopatico e non tornare mai più. Lo stato ci guadagnerebbe, perché è sempre in crisi…”. Al contrario la “Professoressa” ha un punto di vista molto chiaro sulla questione: “La legalizzazione della prostituzione? Lo dico apertamente, non sono proprio d’accordo! Significherebbe che lo stato diverrebbe il nostro magnaccia! Vorrei però tolleranza da parte dei poliziotti, della chiesa, della gente e degli uomini politici”.

La prostituzione negli appartamenti

In parallelo, ed in parte per le pressioni che subiscono le donne che lavorano in strada, la prostituzione si sta sviluppando negli appartamenti. Il fenomeno ha preso piede in tutto il paese: gli annunci pubblicitari di “saloni massaggio” – un termine che mal nasconde lo sfruttamento sessuale – pullulano su carta stampata e siti internet. Gli assistenti sociali di ARAS hanno difficoltà a mapparli perché ve ne sarebbero diverse centinaia nella sola capitale. “Prima vi erano molte più ragazze in strada – spiega Dan Popescu – ma molte di loro hanno iniziato ad esercitare negli appartamenti e in saloni massaggio perché guadagnano molto di più. E noi non possiamo più relazionarci a loro e quelle che siamo riusciti ad incontrare ci dicono di non aver più bisogno dei nostri servizi”.

Un’attività che continua a rappresentare ovviamente dei rischi. Ramona, ragazzina di 15 anni, è stata uccisa lo scorso 10 aprile, da uno dei suoi clienti. Originaria di una famiglia disagiata, Ramona è stata strangolata nell’appartamento che aveva affittato a Mamaia per esercitare. Un uomo di 37 anni l’aveva contattata per i suoi servizi tramite un sito internet. Sino ad ora le autorità romene sembrano indifferenti rispetto a questo tipo di prostituzione nascosta. Il numero di ragazze coinvolte e il fatto che si prostituiscano in spazi privati rende difficile il controllo di quest’attività.

Dal punto di vista delle lavoratrici del sesso, alcune sentono il bisogno di associarsi per difendere i propri diritti. Mihaela, che andrà presto in pensione, ha creato l’associazione Maria Maddalena. “E’ moto difficile mettere insieme le ragazze – si dispiace – perché ritengono che la violenza faccia parte delle nostre vite e non potrà mai sparire”. In filigrana però Mihaela si augura che, insieme, potranno far cambiare lo sguardo che la società romena ha su di loro.

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