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Profughi: ultima fermata Tabanovce

Si aggrava la situazione dei profughi lungo la rotta balcanica a seguito delle nuove procedure introdotte da alcuni paesi della regione. La posizione dell’UNHCR, il caos nella terra di nessuno

24/02/2016, Andrea Oskari Rossini - Skopje

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Le nuove procedure introdotte nella rotta balcanica stanno mettendo a repentaglio i diritti dei profughi e rischiano di innescare una crisi umanitaria nella regione. I responsabili delle polizie di Austria, Croazia, Macedonia, Slovenia e Serbia si sono incontrati mercoledì scorso a Zagabria per definire un accordo volto a ridurre il flusso dei migranti. L’accordo prevede una forma unica di registrazione in Macedonia, e nella pratica l’ingresso viene ora consentito unicamente ai profughi di nazionalità siriana o irachena.

In mancanza di documenti di identità, viene fatto sul posto una sorta di esame linguistico da interpreti che lavorano per il ministero degli Interni e stabiliscono la provenienza delle persone sulla base del loro accento. Il documento approvato a Zagabria dice esplicitamente che motivi quali la “riunificazione familiare” o la “diserzione” di persone in età militare non vengono considerati come sufficienti per proseguire lungo la rotta balcanica.

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha espresso “preoccupazione” per il documento di Zagabria in un proprio comunicato. Il rappresentante dell’UNHCR in Macedonia, Mohammad Arif, ha dichiarato ad Osservatorio che “la selezione non può avvenire sulla base della nazionalità, dell’etnia o del colore della pelle. La protezione internazionale deve avvenire sulla base della considerazione del caso concreto in esame.”

Secondo Arifi, inoltre, “le conclusioni del vertice di Zagabria stanno creando confusione, perché ogni paese le interpreta a proprio modo”, e avranno come conseguenza quella di “aumentare i guadagni dei trafficanti di persone che già sono presenti sulla rotta balcanica.”

Mohammad Arifi, rappresentante UNHCR in Macedonia - Tabanovce 23 febbraio (foto Simone Ginzburg)

Mohammad Arifi, rappresentante UNHCR in Macedonia – Tabanovce 23 febbraio (foto Simone Ginzburg)

Oggi i ministri degli Interni dei paesi dei Balcani occidentali si incontrano di nuovo a Vienna per discutere della Balkan Route. La Grecia, che non è stata invitata all’incontro, ha inviato una nota di protesta alle autorità austriache per la sua esclusione. Atene rischia infatti di diventare un grande hub per tutti i migranti ai quali non è consentito l’accesso alla rotta balcanica.

Nella terra di nessuno

A seguito dell’introduzione delle nuove procedure, sempre più persone si trovano bloccate in una sorta di terra di nessuno tra diversi confini, incapaci di procedere ma anche di tornare indietro.

Questa notte 138 siriani e iracheni, in prevalenza famiglie con bambini, sono rimasti chiusi tra Macedonia e Serbia, nelle poche decine di metri che separano i confini dei due paesi tra Tabanovce e Miratovac.

Un giovane yazida proveniente da Şingal (Sinjar, Iraq del nord), con moglie e una bambina di pochi mesi, ci ha spiegato di essere stato respinto più a nord dalle autorità della Croazia perché sprovvisto della nuova documentazione introdotta a seguito della riunione di Zagabria.

Dopo essere rientrato in Macedonia per avere i nuovi documenti, la Serbia non gli ha permesso di procedere perché “già respinto dalla Croazia”. La Macedonia d’altra parte non gli permetteva di tornare indietro perché non più in possesso della precedente documentazione greca, confiscata dalle autorità croate.

In un clima di crescente tensione, con la polizia schierata da entrambi i lati del confine e decisa a impedire il passaggio ai 138 profughi, è intervenuta la Croce Rossa Macedone fornendo alle famiglie alcune coperte per bivaccare all’aperto, con una temperatura vicina allo zero.

La situazione si è risolta parzialmente verso le due del mattino, grazie alla mediazione sul posto del rappresentante dell’UNHCR Mohammad Arifi, che è riuscito a ottenere dalle autorità macedoni il permesso all’ingresso nel campo, in un tendone riscaldato, per le sole donne e bambini.

Nel campo di Tabanovce si trovano già oltre 600 afgani che non possono procedere verso la Serbia, a causa della loro nazionalità.

Operatori umanitari riferiscono inoltre che ieri a Dimitrovgrad, al confine tra Bulgaria e Serbia, 14 afgani sono stati arrestati e deportati. Voci non confermate riferiscono di gruppi di profughi afgani accampati sulle montagne intorno alla cittadina serba, in condizioni meteorologiche difficili, in attesa di poter proseguire.

Secondo le nuove procedure introdotte sulla rotta balcanica, l’unico valico in ingresso consentito dovrebbe essere quello di Gevgelija, in Macedonia, e conseguentemente in Serbia quello di Preševo.

A Gevgelija il numero delle persone respinte sta aumentando ogni giorno, così come il numero di poliziotti e militari sul posto. Gli altri paesi firmatari degli accordi di Zagabria hanno infatti messo a disposizione delle autorità macedoni proprie forze di polizia, per assistere Skopje nella difesa del proprio confine.

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