Processo Cumhuriyet, la difesa di Musa Kart
La deposizione del vignettista di Cumhuriyet Musa Kart all’apertura del processo che accusa lui e altri giornalisti del quotidiano turco di terrorismo, diventa un manifesto sul ruolo di giornalismo e satira nella Turchia di oggi
All’attenzione della presidenza dell’Alta Corte Penale di Istanbul n. 27
Questa è la mia dichiarazione scritta in risposta all’atto d’accusa.
Sono un disegnatore. Disegno vignette da 35 anni. Invece di scrivere lunghi articoli, i disegnatori esprimono i loro pensieri e sentimenti in forma diretta, sintetica ed energica.
Oggi, sono qui come imputato di fronte ad accuse ingiuste, infondate e incomprensibili. Accuse estreme nella loro slealtà.
Rischio quasi 29 anni di carcere. Oltretutto, sappiamo che il procuratore che mi persegue è a sua volta accusato di "fare parte dell’organizzazione di Fettullah Gülen e aver partecipato al tentativo di colpo di stato".
Sì, sono sotto processo per l’accusa di "Sostenere un’organizzazione terroristica attraverso le proprie azioni, senza farne parte e senza commettere reati in suo nome"!
La mia risposta sarà breve e dolce:
rimando al mittente la stessa identica accusa!
È terribile che il 15 luglio 2016 il nostro paese abbia assistito ad un tentativo di colpo di stato risultato nella morte di 249 nostri concittadini e in migliaia di feriti.
Gli errori e la debolezza dimostrati nella risposta al tentato golpe confermano la legittimità della mia reazione.
Non sono uno stratega. Ma la mia intelligenza e il mio buon senso mi dicono questo:
Lo stato avrebbe dovuto isolare immediatamente le persone coinvolte nel tentativo di golpe, cosa assolutamente inaccettabile in democrazia. Invece, l’accusa ha commesso un grave errore nel prendere di mira Cumhuriyet, quando molte delle sue firme più apprezzate (Uğ ur Mumcu, Ahmet Taner Kışlalı, Muammer Aksoy e Bahriye Üçok) hanno combattuto ogni forma di terrorismo, pagando con la propria vita.
E poi, i quasi 9 mesi di detenzione prima del processo, condanna anticipata a tutti gli effetti, sono stati il punto di rottura e hanno inferto un duro colpo alla credibilità della lotta contro FETÖ… Vorrei chiedere all’accusa: avete sentito l’applauso fin dalla Pennsylvania? Perché io, dalla mia cella di Silivri, l’ho sentito forte e chiaro.
Anni fa, ho disegnato alcune vignette che richiamavano l’attenzione sul fatto che Fettullah Gülen stava sviluppando un’organizzazione all’interno dello stato. È tragico, ma anche comico, trovarmi oggi sul banco degli imputati in base alle testimonianze di chi era il braccio destro di Gülen.
Sì, ho avuto il privilegio di essere il vignettista di Cumhuriyet per 23 anni. Se qualcuno avesse analizzato questo caso senza pregiudizi, avrebbe visto la mia firma sotto le vignette più caustiche contro le organizzazioni terroristiche, FETÖ in primis. E il fatto che queste vignette contro il terrorismo siano comparse in prima pagina per gli ultimi sei anni è prova ulteriore che il mio giornale non dovrebbe essere accusato di filo-terrorismo.
Fondamentalmente, la vignetta è la forma d’arte in cui ha iniziato a esprimersi la libertà di pensiero.
È contro la natura stessa delle cose che vignette e vignettisti si allineino ad una cultura di sottomissione e ad entità inflessibili, basate su rigide relazioni gerarchiche che promuovono la violenza. Sono i punti di vista indipendenti e coraggiosi, liberi da cliché e modelli standardizzati, a rendere una vignetta autentica ed efficace. Al contrario, le strutture organizzative basate su strette relazioni gerarchiche non sono in grado di creare gli spazi di libera espressione necessari ad un vignettista. Mentre le strutture organizzative basate sulla violenza si fondano sui tabù, il ruolo dell’umorismo e delle vignette è quello di distruggerli categoricamente. Per questo, chi rifiuta la democrazia non ama l’umorismo e gli umoristi, a loro volta, non hanno tempo per le strutture che venerano la violenza.
Di fronte a questa realtà, accusare un vignettista di sostenere un’organizzazione terroristica e condannarlo a lunghi anni in carcere non è solo un grande torto al vignettista stesso, ma a tutto il Paese.
In realtà, la caricatura è sinonimo di pensiero critico. Secondo una ricerca OCSE su pensiero critico e problem solving, solo il 2.2% dei giovani in Turchia è in grado di formulare un pensiero critico e autonomo, a confronto della media rilevata dall’OCSE di 11% (28% in Corea del Sud).
Avremmo potuto usare la caricatura, specialmente nelle scuole, per sviluppare il pensiero critico. Invece, abbiamo preferito distruggerla per vie legali.
E vorrei dire una parola o due sull’esperto le cui considerazioni sono alla base delle accuse:
non è un avvocato penale specializzato in reati dei media, né un esperto di semantica o comunicazione. Quindi, che cos’è? È un esperto di computer. E ha lavorato esclusivamente in istituzioni vicine al governo.
Sapete come fanno gli adolescenti quando scoprono una nuova parola, amano creare scompiglio buttandola in faccia ai loro amici. Ecco, il nostro esperto ha scoperto la parola "manipolazione". In quasi ogni frase del report, eccolo scrivere "Ho rilevato elementi di manipolazione"! Da quanto questo esperto ci dice, sembra che stia ragionando come il lupo che vuole mangiare l’agnello dicendo: "Stai manipolando la mia acqua!".
Una delle espressioni usate per descrivere la "manipolazione" è "mascherare la verità".
In realtà, mascherare la verità è proprio lo scopo di questo report, che è il motivo per cui dei giornalisti sono stati detenuti ingiustamente e senza fondamento per 9 mesi, fra le spesse mura di Silivri. È manipolazione!
È stato chiaro sin dal primo giorno che questo atto d’accusa era ricco di materiali di grande ispirazione per un umorista. Non solo l’opposizione, ma anche i giornali vicini al governo hanno fatto notare il carattere farsesco di queste accuse.
E ora tutti sanno che il procuratore che ha steso questo atto d’accusa rischia due ergastoli ed è sotto processo come sospetto membro di FETÖ e per istigazione al colpo di stato.
Secondo questo atto d’accusa:
Il nostro giornale sarebbe finito, "per così dire", in mano all’organizzazione terroristica armata FETÖ/PDY; "per così dire", avrebbe difeso un’organizzazione terroristica e, sempre "per così dire", ne sarebbe stato complice. Non ci sono prove concrete, nessuna effettiva partecipazione; ma ci sarebbe, "per così dire", un’organizzazione terroristica che ha commesso, "per così dire", dei reati.
Se questo è il caso, siamo stati rinchiusi a Silivri, "per così dire", per 9 mesi!
Uno dei nostri colleghi è accusato di essere stato in contatto con un utente ByLock quando ByLock non esisteva ancora.
Un nostro collega che aveva il pavimento in parquet è accusato di far parte di FETÖ perché un altro cliente del rivenditore era un sostenitore di FETÖ!
Ho telefonato ad un noto agente di viaggi, pubblicizzato a tutta pagina su tutti i giornali, per una vacanza di 3 giorni a Bodrum, e questa chiamata è finita nell’elenco delle prove dei miei contatti con un’organizzazione terroristica.
Speravo di passare 3 giorni in una camera con vista mare a Bodrum, invece sono finito per 9 mesi in una cella vista cemento a Silivri. Una delusione che va ben oltre un semplice abbaglio nella prenotazione!
Questo atto d’accusa ha tagliato tutti i ponti con la realtà dei fatti, è fuori da ogni logica e non può essere preso sul serio. Ha fatto alzare il sopracciglio perfino a tante persone che si sono liberate dal peso di avere un cuore e un cervello. Neanche loro lo prendono sul serio!
Potrete senz’altro apprezzare che mi sono trattenuto dal fare battute su questo atto d’accusa. Questo perché i vignettisti perbene sanno che non si spara sulla Croce Rossa!
L’accusa ha lavorato almeno 5 mesi e mezzo ad un fascicolo investigativo, 30 cartelle compresi gli allegati, per dimostrare che siamo in contatto con alcune organizzazioni terroristiche. Allora ci sarà qualche aspettativa che uno di noi confessi. Ma forse questo compito spetta a un vignettista!
È possibile far confessare un vignettista? Vediamo!
Sì, nella mia vita da vignettista sono stato complice di una sola organizzazione. Il nome di questa organizzazione è ACC, acronimo per "All my Country’s Children". Fra i membri di questa organizzazione c’è mia nipote, che ha due anni e mezzo. So per certo che i figli dei membri della Corte e di tutti i nostri amici presenti oggi in aula fanno parte di questa organizzazione.
Ho chiesto a mia nipote quale fosse lo scopo dell’organizzazione e lei ha risposto:
"Nonno, vogliamo vivere come i nostri amici occidentali. Vogliamo anche noi una vita libera e felice. Vogliamo vivere in case belle e sicure e andare in buone scuole. E non vogliamo che nessuno muoia, o cose del genere".
"Quindi, posso entrare anch’io nella vostra organizzazione?", ho chiesto.
"No, nonno", ha detto. "Perché non sei un bambino…ma se proprio vuoi, puoi essere nostro complice. Puoi disegnare per noi".
Ecco, questa è la mia confessione. La verità è che essere complice di questa organizzazione di bambini è stato lo scopo della mia vita. Invece di temere una punizione, ho sempre temuto di essere fonte di imbarazzo per i nostri bambini!
Come saprete, nel 2016 la Turchia era al 99° posto su 113 paesi nel ranking sullo stato di diritto. E tutti possiamo vedere che nel 2017 la situazione sta peggiorando. Nei dibattiti sulla giustizia non c’è più nessuno che dice "C’è giustizia in questo paese". Ciò di cui abbiamo bisogno per vivere insieme è un terreno comune e una giustizia comune!
Che la prima udienza di questo processo, seguito con interesse dal mondo intero, possa essere il miracolo di una nuova era che farà fiorire la nostra fede nella legge e nella giustizia. Non me lo auguro solo per me stesso e per i miei colleghi, me lo auguro per il mio Paese.
Quando hanno passato al setaccio le nostre case, non hanno trovato casseforti piene di denaro o scatole da scarpe imbottite di dollari! Il Dipartimento investigativo per i reati finanziari e il Fondo assicurativo sui depositi di risparmio hanno esaminato i conti e i movimenti bancari nostri e dei nostri famigliari. Ma non hanno trovato un centesimo fuori posto.
Ormai da mesi, hanno esaminato in ogni dettaglio i nostri dispositivi elettronici personali, i titoli apparsi sui nostri giornali, i nostri articoli, fotografie, editoriali e vignette. Eppure, non hanno trovato uno straccio di prova concreta della nostra complicità con organizzazioni terroristiche.
Sì, in questo paese tutti conoscono molto bene le frasi che iniziano con un solenne…"O"!
Vorrei che la mia difesa fosse messa agli atti come, "O, COSCIENZA!’
MUSA KART
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