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Prizren: giustizia per Xheneta

Mesi dopo la morte in Kosovo di Xheneta Gashi, bambina di tre anni, rimasta schiacciata dal crollo del tetto della sua casa a Prizren, una campagna civica che chiede giustizia ha iniziato ad ottenere i primi risultati

30/08/2016, Valmir Mehmetaj -

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(Quest’articolo è stato tradotto e pubblicato su gentile concessione di Kosovo 2.0 dove è stato pubblicato il 19 agosto 2016)

Sono trascorsi più di due mesi dalla tragica morte di Xheneta Gashi. La bambina di tre anni è stata vittima del crollo del tetto – dopo una forte pioggia – di casa sua, tutelata dai beni culturali nel centro storico di Prizren. Nonostante le autorità municipali fossero state avvertite del fatto che le case in quell’area erano in pessime condizioni – ed una casa nella stessa via era crollata nel mese precedente alla tragedia – non hanno adottato alcuna iniziativa.

In risposta a questo molte ong e rappresentanti della società civile hanno richiesto le dimissioni dei funzionari coinvolti nella vicenda e indagini per accertarne le responsabilità. A loro avviso le principali responsabilità ricadono sulla municipalità di Prizren, sul ministero della Pianificazione urbanistica e sul ministero della Cultura. A seguito della copertura media della vicenda l’iniziale reazione di queste istituzioni è stata quella di accusarsi reciprocamente e il tentativo di negare ogni responsabilità.

Ciononostante la continua pressione da parte della società civile ha lentamente iniziato a portare i primi risultati.

Hajrullah Çeku, a capo dell’Ong Ec Ma Ndryshe, tra le voci preminenti della campagna in atto, ha dichiarato a Kosovo 2.0 che ci si è concentrati sul chiedere che venisse avviata un’inchiesta e che vi fosse un riconoscimento della responsabilità politica, oltre a concentrarsi sul dimostrare solidarietà e sostegno alla famiglia di Xheneta.

“Il 6 agosto scorso, a due mesi esatti dalla tragedia, abbiamo fatto notare pubblicamente che non vi era stato nessun movimento in tema di responsabilità giuridica e politica su quanto avvenuto, cosa che abbiamo chiesto fin dall’inizio”, ricorda Çeku. “Due giorni dopo la procura ha dichiarato che aveva avviato delle indagini relative all’operato di tre dirigenti della municipalità di Prizren”.

I dirigenti – indagati con l’accusa di aver causato pericolo generale e per non aver adottato misure adeguate per evitare rischi – sono il direttore dell’Ispettorato Bedri Bytyqi, il direttore dell’Urbanistica Nijazi Kryeziu e il direttore del Settore emergenze Bedrija Ejupagiq.

Bytyqi e Kryeziu sono due dei sei direttori municipali che si sono dimessi questa settimana, anche se queste dimissioni rientrerebbero nella strategia del Pdk di rinnovare il proprio staff a livello municipale e non sarebbero direttamente legate alla morte di Xheneta. Ciononostante Çeku ritiene che le dimissioni siano il frutto della pressione pubblica causata dalla campagna civica promossa.

“Riteniamo questo sia una momento di responsabilità”, ha affermato Çeku. “Le dimissioni dei direttori e non del sindaco è però un tentativo di manipolazione. Ma allo stesso tempo è anche un riconoscimento di fallimento”.

Ceku afferma che il “fossile politico” Muja [l’attuale sindaco di Prizren, ndr], che sta attualmente facendo appello rispetto ad una condanna per abuso d’ufficio non correlata alla vicenda di cui stiamo parlando, è il maggior responsabile per quanto avvenuto ma che non sembra dar segni di accettare la sua responsabilità. Çeku si augura che in settembre la Corte d’Appello confermi la condanna a suo carico obbligando così il sindaco a dimettersi.

“Se questo avvenisse saremmo a buon punto” afferma Çeku “con i direttori dimissionari, un sindaco rimosso, un ministro [Ferid Agani] che in un modo o nell’altro ha dato le proprie dimissioni [per ragioni non collegate alla vicenda Xheneta] ed indagini avviate. Ritengo che allora si riuscirebbe ad arrivare davanti ad un giudice”.

Çeku sottolinea che si è sulla strada giusta per ottenere quanto richiesto ma che le istituzioni hanno tentato di opporsi alle richieste dei cittadini: “Ma vi è stata pressione, la situazione era drammatica e non sono riusciti a scappare alle loro responsabilità anche se hanno tentato di farlo”.

Oltre alle indagini penali attualmente in corso, nei prossimi giorni si provvederà ad avviare presso la magistratura una causa civile. L’avvocato Kushtrim Palushi ha annunciato di aver assunto il caso pro-bono contro la municipalità di Prizren, perché ritiene sia quanto mai necessario rafforzare queste pratiche istituzionali favorendo così lo stato di diritto.

“La morte di Xheneta è stato un colpo emotivo durissimo per la sua famiglia”, ha dichiarato Palushi a Kosovo 2.0, “hanno sofferto un vero e proprio trauma che deve essere compensato dalla municipalità di Prizren che riteniamo direttamente responsabile per quanto è accaduto”.

Palushi insiste inoltre sul fatto che scusarsi e fare le proprie condoglianze non è sufficiente; solo quando ci si assume le proprie responsabilità casi come questi possono essere evitati. “[Xheneta] ha perso la vita per il crollo di un edificio nel centro di Prizren tutelato dai beni culturali”, sottolinea Palushi, “preservare e proteggere i beni culturali in centro a Prizren, secondo la Legge sul centro storico di Prizren, è responsabilità della municipalità. Ma non solo, pur sapendo che quegli edifici erano pericolanti non è stato fatto nulla per tutelare la vita dei cittadini che vi abitavano o di quelli che passavano per strada”.

Non c’è prezzo per una vita umana, afferma Palushi, e riguardo a questo specifico caso sottolinea che l’obiettivo primario è quello di educare tutte le istituzioni pubbliche nell’essere responsabili e nell’adottare misure adatte quando stimolate a farlo, creando così solide pratiche per il futuro.

Un altro attivista fortemente coinvolto nella campagna è il direttore del DokuFest Eroll Bilibani. Concorda sul fatto che sia quanto mai necessario mantenere sotto pressione le istituzioni kosovare. “Se un governo non è in grado di garantire i bisogni minimi dei propri cittadini, come il diritto alla vita, è un governo criminale”, ha dichiarato a Kosovo 2.0. “Se desideriamo poter vivere come una società normale e non aver paura ogni volta che camminiamo vicino ad edifici dei centri storici, allora il periodo di irresponsabilità deve terminare una volta per tutte”.

Bilibani ha annunciato che DokuFest ha deciso di dedicare un documentario a Xheneta ed alla sua famiglia, prodotto all’interno della cornice della Scuola sul film documentario. “Prendimi per mano” è stato realizzato per sensibilizzare le autorità sul fatto che altre 21 famiglie abitano in un precario “Centro collettivo” sempre a Prizren dove, se le condizioni rimanessero le attuali, vi è il rischio di una nuova tragedia.

Dalla morte di Xheneta la madre Lirie ed il fratello stanno vivendo presso uno zio a Suhareke. Grazie alle donazioni raccolte dagli attivisti dopo la tragedia verrà loro costruita a breve una nuova casa. Lirie ha raccontato per telefono a Kosovo 2.0 che in molti, ed in particolare il cantante e attivista umanitario Labinot Tahiri, hanno aiutato.

Bilibani, Çeku ed altri attivisti sottolineano che continueranno le loro azioni sino a quando giustizia non sarà fatta. “Continueremo inoltre a richiedere un serio dibattito parlamentare sul caso di Xheneta Gashi,” ha concluso Bilibani. “Ma nel frattempo non smetteremo di chiedere alla magistratura di punire chi ha avuto responsabilità individuali e istituzionali nel causare questa tragedia”.

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