Privatizzazioni in Montenegro, tutto in famiglia
Ancora polemiche sulla controversa privatizzazione del Kombinat di alluminio di Podgorica (KAP). Secondo il settimanale montenegrino Monitor, la privatizzazione è una farsa, utile solo ad un oscuro gioco di famiglia tra i creditori e il colosso Rusal. Nessuna intenzione di pensare allo sviluppo del Paese e nessuna voglia di proteggere l’ambiente dalla pericolosità del Kombinat
Di Milka Tadić – Mijović , Monitor, 28 gennaio 2005 (titolo originale: "Nel cerchio della famiglia")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak
Si sono avverate le previsioni dei pessimisti: è arrivata un’unica offerta per la privatizzazione del KAP. Soltanto il gigante russo dell’alluminio Rusal ha risposto al tender per l’acquisto del pacchetto maggioritario delle azioni della più importante azienda montenegrina. Se la transazione venisse effettuata, il sistema che produce più della metà dell’economia montenegrina verrà ceduto all’oligarca russo Oleg Deripaski, senza alcuna competizione sul mercato.
Prima che fosse emesso il tender, consulenti indipendenti hanno messo in guardia che con la Strategia della privatizzazione si allontanano i partner seri. Il KAP tecnologicamente esaurito e con grossi debiti è andato sul mercato. Nella prima fase del tender nessuna azienda seria occidentale ha mostrato interesse di investire nel KAP, ed ecco, ora tutto si è ridotto alla Rusal.
Il debito di 130 milioni verso i suoi principali creditori – Vektra, Glenkor e Standard banka, e le condizioni poste dalla Strategia della privatizzazione, tali che il compratore del KAP deve risolvere le richieste nelle trattative dirette con i principali creditori, hanno ammazzato la concorrenza e hanno trasformato il tender in una farsa. I principali creditori, di fatto, anche adesso decidono se e a chi il KAP sarà venduto, oppure se decideranno di tenere ancora il Kombinat sotto la schiavitù del debito. Il KAP, secondo il Contratto sulla riprogrammazione, ogni mese paga rate e interessi di milioni alla Vektra e alla Standard banka
Quindi nella privatizzazione del Kombinat montenegrino è diventato prioritario saldare i debiti. Gli scopi essenziali della privatizzazione – la modernizzazione delle aziende e la protezione dell’ambiente – sono stati messi da parte, nonostante fossero l’unica cosa in grado di garantire una esistenza a lungo termine, non soltanto del KAP, me anche della catena di produzione.
Secondo quanto scrive il quotidiano Republika, la Rusal offre già 90 milioni per l’estinzione del debito. Pare che siano pronti a pagare la richiesta totale di 60 milioni di euro alla Glenkor e alla Standard banka. E la metà del debito alla Vektra di Dragan Brkic, e ciò attraverso il discount di alluminio. "Le trattative sulla riprogrammazione del debito non sono ancora iniziate. Ci sono stati dei colloqui, ma senza alcun accordo", ha detto Milic Popovic, rappresentante della Vektra.
La Vektra sicuramente chiederà, e probabilmente otterrà, un cifra superiore a quella offerta dalla Rusal nella prima fase. Così i Russi per il pagamento del debito dovranno spendere circa 100 milioni.
Se per il pagamento della richiesta va così tanto, allora non bisogna stupirsi perché per il 65,4 % delle azioni del KAP viene offerto a soli 48,5 milioni di euro, e per l’investimento un totale di 55 milioni.
Bassi investimenti lasciano presagire che la Rusal non ha una strategia di lungo termine per lo sviluppo del KAP, né le interessa lo sviluppo tecnologico della fabbrica e i suoi impianti di trasformazione. I motivi che spingono i Russi a venire in Montenegro potrebbero riguardare la produzione della allumina, lo sfruttamento della bauxite o la tendenza a togliere una parte del capitale dalla Russia.
Oleg Deripaska ha dei seri problemi con la guardia di finanza russa. Si specula che dopo la Jukos, il cui ex proprietario è già in prigione, la Rusal potrebbe essere la seconda grande vittima del presidente Putin, a causa, si dice, dell’evasione fiscale. L’anno scorso a causa della politica di Putin e al contenimento dell’oligarca, dalla Russia si spostavano velocemente i capitali. Si valuta che tale trend non farà altro che continuare.
"La Rusal non è interessata allo sviluppo del KAP. Con 55 milioni di investimenti non si può fare nulla. Secondo le precedenti valutazioni, solo per la modernizzazione dell’elettrolisi è necessario investire un importo molto più alto", dice a Monitor Nebojsa Medojevic del Gruppo per i cambiamenti (GPZ).
Il GZP ha avviato un’iniziativa per la fondazione del comitato parlamentare di inchiesta per esaminare la privatizzazione del KAP. L’appoggio è stato dato da quasi tutti i partiti dell’opposizione e il Partito civico. I Socialdemocratici, che durante la creazione della Strategia della privatizzazione hanno avuto delle serie obiezioni sulle condizioni del tender, ancora taciono.
"Secondo le nostre informazioni, nell’offerta la Rusal è interessata allo sfruttamento della bauxite e della produzione di allumina. Se ciò fosse il motivo dell’espansione verso il Montenegro, allora la Rusal non potrebbe essere considerata un partner strategico in grado di garantire una prospettiva alla metà della sua azienda", ha detto Medojevic.
E’ noto che la Rusal in casa ha dei problemi con il numero di occupati, a causa della mancanza della allumina. Di ciò ci sono testimonianze nei testi delle varie riviste specializzate. L’interesse strategico del Montenegro è la promozione dell’industria dell’alluminio e lo sviluppo della lavorazione, e non lo sfruttamento delle sue materie prime e delle risorse naturali allo scopo di buttare fuori dei semiprodotti.
Se si andrà su quella strada, il Montenegro cadrà nella trappola in cui oggi si trovano alcuni paesi africani – i quali hanno ceduto l’impianto dell’alluminio, la corrente elettrica a buon mercato e i minerali, e in cambio la tecnologia sporca gli ha distrutto l’ambiente ed esaurito le risorse.
"Secondo le nostre informazioni la Rusal non ha intenzione di risolvere la questione della protezione dell’ambiente. Anzi, loro chiedono l’apertura di un altra piscina di fango rosso, che potrebbe essere catastrofica per la pianura di Zeta e del Lago di Scutari, che verrebbero maggiormente contaminati e in modo incontrollato", afferma l’interlocutore di Monitor, informato sui dettagli dell’offerta, per la quale si dice che deve ancora essere tradotta e la si nasconde all’opinione pubblica.
Seconda la stessa fonte nell’offerta della Rusal non ci sono in previsione importanti investimenti nella protezione ambientale. E euesta, oltre alla modernizzazione, è una delle questioni essenziali, per le quali il Governo, almeno in modo verbale, ha iniziato con la privatizzazione e con la ricerca del partner strategico perché da solo non è riuscito a risolvere i problemi ecologici. Il KAP è la maggiore fonte di inquinamento, e secondo alcune valutazioni soltanto per la protezione dell’ambiente bisognerebbe investire da 50 a 100 milioni di euro.
Ma è sembrato che anche al gigante russo dell’alluminio fosse più importante saldare le richieste verso i creditori, piuttosto che buttarsi nella vera riforma della vecchia fabbrica montenegrina. Per questo la Rusal ha offerto più di tutti per il pagamento del debito.
La compagnia russa ha stretti rapporti di lavoro con i principali creditori del KAP – la Glenkor e la Standard banka. Di recente la Rusal ha ricevuto proprio da loro un credito di alcune centinaia di milioni di euro. Gli interessi reciproci di queste aziende sono molti più intesi di quanto, in senso affaristico, potrebbero essere i conflitti derivanti dalla privatizzazione del KAP.
Ma non è tutto: la Glenkor, la Standard banka e la Rusal da anni sono i committenti del BNP Pariba, il principale consulente del Governo montenegrino nella privatizzazione del Kombinat dell’alluminio. Il BNP Pariba recentemente ha assicurato alla Glenkor un credito per tre fantastici miliardi di dollari, e alla Rusal un credito di qualche centinaia di milioni di dollari.
La domanda legittima è: di chi sono gli interessi che hanno prevalso in questa storia? Per chi ha lavorato il consigliere – per il cerchio di insider strettamente relazionati (Glenkor, Standard banka e Rusal) o ha veramente tenuto conto dell’interesse del Governo montenegrino?
BNP Pariba ha ricevuto soltanto tre milioni di euro per la privatizzazione del Kombinat provenienti dal credito dell’EBRD, e alla Glenkor ha assicurato tre miliardi di dollari di credito. Se tali fatti trovano un accordo sembra logica la domanda – non è che proprio il BNP Pariba ha assicurato, per caso, alla Glenkor, Standard banka e alla Vektra una posizione privilegiata nella fase di privatizzazione del KAP?
Un altro particolare sui legami intrecciati. La Rusal ha scelto come consulente per la privatizzazione la banca francese CCF. Tale banca per tanto tempo è stata consulente del KAP. Fu quando si fece l’accordo sospetto sul management, quando alla fine degli anni novanta la Glenkor, senza tender, assunse la direzione del Kombinat. A quel tempo furono legalizzati i problematici debiti verso i principali creditori, creatisi durante l’instabilità degli anni novanta. La loro origine non mai è stata determinata. La CCF al suo interno accede alle più segrete informazioni sul KAP. Sa tutti i vantaggi e i difetti della fabbrica montenegrina e sicuramente li ha notificati alla Rusal.
Dove non c’è concorrenza, l’investitore detta le condizioni. L’offerta sul tavolo rappresenta l’insuccesso del governo montenegrino nella privatizzazione. Durante le trattative la Rusal può soltanto chiedere più privilegi e rendere più serie le condizioni della sua offerta. Il Governo montenegrino in questo modo ha reso la sua posizione più debole, perciò ci si domanda se ha senso vendere il Kombinat in queste condizioni.
Il Governo raccoglie ciò che ha seminato. E’ stato fatto tutto per fare in modo che il KAP rimanesse in famiglia. Se la Rusal comprasse la più grossa fabbrica montenegrina sarà perché con l’offerta sono stati soddisfatti Vekta, Glenkor e gli amici. E non perché si investe nell’interesse del Montenegro. Se la transazione non riuscisse, i creditori principali, saranno di nuovo soddisfatti. Il KAP rimarrà sotto il loro controllo, e non dovranno pagare né per le azioni, né per la protezione dell’ambiente, né investiranno nella modernizzazione. Per questo il tender è una farsa, e la storia sulla privatizzazione un inganno.
In entrambi casi, con o senza i fratelli russi, al Montenegro rimarrà una fabbrica esaurita, e terra, acqua ed aria contaminate.
Vedi anche:
La privatizzazione del Montenegro
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