Presidenziali in Slovenia: la sorpresa Pahor
I sondaggi davano per favorito Danilo Türk, presidente uscente. E invece la grande sorpresa è stata l’ex premier socialdemocratico Borut Pahor, ora ad un passo dalla vittoria, dopo aver ottenuto il 40% al primo turno. Nella sua campagna elettorale poca politica e alcuni concetti chiave: ripetuti fino all’ossessione. Il ballottaggio atteso per il 2 dicembre
L’aveva sognata da quando era ragazzo e adesso quella poltrona presto potrebbe diventare sua. Il socialdemocratico Borut Pahor sembra ad un passo da una strabiliante vittoria elettorale. Al primo turno ha ottenuto il 40% dei voti, contro poco meno del 36% racimolato dal presidente uscente Danilo Türk, formalmente indipendente, ma sostenuto dal resto del centrosinistra, ed il 24% di Milan Zver, supportato da Democratici e Nuova Slovenia . Ora bisognerà attendere il ballottaggio del 2 dicembre per conoscere il risultato definitivo.
I pronostici, ancora una volta, sono stati sovvertiti, forse, anche a causa di una affluenza alle urne al di sotto del 50%, la più bassa in assoluto nella storia delle presidenziali slovene. Ora si preannunciano tre settimane di duro scontro tra l’ex premier ed il presidente della Repubblica in carica. I sondaggi della vigilia davano Türk per favorito, per lui era stata ipotizzata persino una possibile vittoria al primo turno o comunque un’affermazione quasi sicura vittoria al ballottaggio. Ora, invece, per lui sarà dura.
Türk contro Pahor
Il presidente in carica non ha nascosto la sua delusione per l’esito del voto e si è detto preoccupato per la bassa affluenza, letta come un sintomo di disaffezione dei cittadini alla politica. Poi ha sferrato il suo primo attacco a Pahor precisando che, nel corso della campagna elettorale, sarà necessario chiarire il proprio rapporto con un governo che apre molti temi e offre poche risposte.
Pahor gli ha replicato pronunciando un enfatico discorso che sembrava già essere quello d’insediamento. L’ex premier ha così prefigurato“nuovi orizzonti per il futuro sloveno” in cui si coglierebbe “il segno che gli obiettivi possono essere raggiunti insieme”, poi ha citato Steve Jobs e ha anche precisato che se eletto si asterrà da comportamenti e dichiarazioni che lo potrebbero far sembrare di parte. Un’accusa quest’ultima che è più volte piovuta sull’attuale capo dello stato.
Saranno questi gli argomenti della campagna elettorale. Türk ed i suoi uomini faranno di tutto per far sembrare Pahor l’asso nella manica del centrodestra e soprattutto del premier Janez Janša. Per il presidente in carica infatti appare quasi impossibile cercare voti tra l’elettorato di Zver, quindi non gli resta che convincere ad andare alle urne quelli che non si sono recati alle urne al primo turno e provare a rubare a Pahor i voti della sinistra.
Pahor l’ecumenico
Dal canto suo, l’ex premier, sembra poter pescare a piene mani nel bacino del centrodestra. Con lui è apertamente schierata la Lista civica del presidente del parlamento, Gregor Virant, mentre i Popolari lo hanno implicitamente favorito non fornendo indicazioni di voto ai propri elettori. Al secondo turno potrebbero andare a votarlo, turandosi il naso, anche molti Democratici e parecchi simpatizzanti di Nuova Slovenia.
Del resto Pahor ha dato ad intendere che non vuole la caduta dell’attuale governo, pur non appoggiandolo, perché, in un momento di crisi economica, sarebbe una catastrofe per il paese. Insomma l’ex premier sembra voler tendere a Janša quella mano che il centrodestra, al tempo del suo governo, non gli porse.
Pahor non è certamente il primo politico sloveno che prova a costruire ponti tra destra e sinistra e a superare le storiche divisioni che contraddistinguono la politica del paese, ma simili tentativi fino ad oggi sono sempre naufragati miseramente. Lo stesso Pahor aveva più volte ammiccato a Janša. Probabilmente sarebbe entrato di buon grado, nel 2004, nel suo governo e ancora più volentieri lo avrebbe voluto con sé dopo la vittoria elettorale del 2008. Scenari questi considerati assolutamente inaccettabili per molte eminenze grigie del centrosinistra.
Ora Pahor può prendersi una rivincita contro quelli che non l’hanno lasciato fare e che alla fine hanno tentato di sbarazzarsi di lui, prima contribuendo a fare cadere il suo esecutivo e poi togliendogli la guida dei socialdemocratici. Lui è riuscito a rimanere sulla scena politica e adesso è ad un passo dalla presidenza della Repubblica. Ad onor del vero, a quella carica ci pensava da tempo. Già nel 2007 sembrava sul punto di candidarsi, ma poi fu il suo partito a “costringerlo” a rinunciare in vista delle elezioni politiche.
Una carriera, la sua, costruita più che su reali contenuti soprattutto sulla sua immagine, fomula che in Slovenia funziona ottimamente, e che ahor ha saputo giocarsi benissimo sin dal tempo in cui divenne il più giovane membro del Comitato centrale della Lega dei comunisti della Slovenia. Nominato presidente dei socialdemocratici nel 1997, dopo le elezioni politiche del 1999 rinunciò ad incarichi di governo ed andò a occupare la comoda poltrona di presidente del parlamento e poi, nel 2008, quella molto più scomoda di primo ministro.
La vittoria dello spazzino
Con lui sia Zver sia Türk hanno fatto fatica a discutere di politica. Pahor è riuscito a rubare la scena e a mettere in piedi una pacchiana campagna elettorale fatta di lavoro volontario, dove ha vestito all’occorrenza i panni dello spazzino, dello stradino, del boscaiolo e via dicendo. In sintesi voleva dimostrare di saper star vicino alla gente e di essere capace anche di svolgere umili mansioni. Nei dibattiti televisivi, invece, non ha fatto altro che proporsi come un uomo di dialogo che ha imparato molto dai suoi errori e soprattutto dalla sua “dura” e fallimentare esperienza di capo del governo. Pahor ha elaborato una serie di concetti semplici che ha ripetuto in maniera ossessiva e che alla fine sono risultati più efficaci, rispetto all’articolata e ampollosa retorica degli altri due contendenti.
Se a Pahor dovesse andar bene, certamente cambierà il modo di fare le campagne elettorali in Slovenia ed anche le modalità della comunicazione politica. Confrontarsi con lui per Türk non sarà per niente facile e il suo compassato fare da diplomatico probabilmente non gli gioverà.
Molti, del resto, considerano Pahor uno dei due politici di razza che la ha il paese. L’altro sarebbe il premier Janez Janša. Entrambi hanno fatto carriere strabilianti, hanno ricoperto incarichi di primo piano ed in un certo senso l’uno sembra l’alter ego all’altro. Un’analisi, ovviamente, non condivisa da tutti e soprattutto da chi vede proprio nei due delle vere e proprie anomalie della politica slovena: con il primo innamorato della propria immagine ed il secondo del potere.
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