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Presidenziali in Serbia: Vučić, il favorito

Il 2 aprile si terranno le elezioni presidenziali in Serbia. Poche le sorprese, il premier in carica e candidato alla presidenza continua ad essere il favorito, anche grazie al sostegno di cui gode all’estero

30/03/2017, Dragan Janjić - Belgrado

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Il sostegno di Bruxelles e Washington, i buoni rapporti con la Russia, finanze stabili, poco rispetto per lo stato di diritto e controllo dei mezzi di comunicazione più influenti sono le basi su cui è fondata la politica di Aleksandar Vučić, il primo ministro della Serbia e candidato alla presidenza nelle elezioni che si terranno il prossimo 2 aprile. L’ultimo "ingrediente", il pieno controllo dei mezzi di comunicazione, ha un’importanza decisiva, perché senza di esso non sarebbe praticamente possibile mantenere l’orientamento europeista di una maggioranza con inclinazione nazionalista che non guarda con particolare simpatia l’Occidente e nemmeno sarebbe possibile rendere inoffensivi gli strumenti di bilanciamento di potere previsti dallo stato di diritto.

Gerhard e i bombardamenti NATO

Un esempio illuminante è rappresentato dalla visita in Serbia dell’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder che ha preso parte ad una grande convention del partito al governo, tenutasi lo scorso 24 marzo, anniversario dell’inizio dei bombardamenti della NATO sulla ex Jugoslavia. Schröder all’epoca dei bombardamenti era il cancelliere tedesco e la Germania, in quanto membro della NATO, ha partecipato agli attacchi. I rivali politici di Vučić alle elezioni presidenziali hanno condannato fermamente l’idea di far parlare Schröder a Belgrado proprio nel giorno in cui iniziarono i bombardamenti, ma i media mainstream alle critiche hanno dedicato ben poca attenzione.

Sono rimasti in silenzio anche gli ultranazionalisti che hanno solide relazioni con la coalizione al governo. Il leader dell’ultranazionalista Partito radicale serbo (SRS) Vojislav Šešelj non ha commentato l’arrivo di Schröder, nonostante in passato non abbia mai perso occasione per esprimere rabbia verso la NATO e i paesi le cui forze militari hanno partecipato al bombardamento della Jugoslavia. Questo ha, a dir poco, facilitato Vučić. In sostanza le critiche si sono ridotte alle dichiarazioni dei rappresentanti dell’opposizione e a quelle degli altri candidati alla presidenza, riportate dai media meno influenti, che non sono sotto l’influenza del governo, dai siti web e dai social network.

Schröder alla convention preelettorale di Vučić ha parlato nel tardo pomeriggio mentre per tutta la giornata in Serbia si sono svolti eventi per commemorare l’anniversario del bombardamento della ex Jugoslavia. Sono stati ripetuti i dati sul numero di morti e feriti e sui danni materiali, mentre i rappresentanti delle istituzioni hanno tenuto ovunque discorsi dai toni patriottici. I tentativi degli avversari di Vučić di porre in qualche modo in relazione questi due eventi sono stati ben poco visibili all’opinione pubblica serba, e l’attuale primo ministro ha dimostrato con ciò tutto il potere e l’influenza di cui dispone.

Affidabilità

La decisione di Vučić di invitare, nel giorno dell’anniversario dei bombardamenti, Schröder (che comunque è già coinvolto come consulente e lobbista del governo), appare come un gesto un po’ avventato, perché era chiaro fin dall’inizio che comportava un evidente rischio politico. Tuttavia, sembra che al premier interessasse dimostrare all’Occidente, in particolare alla Germania come partner più importante nell’Unione europea, che non ci sono ripensamenti sulla politica filo-europea e che non nutre alcun odio o desiderio di vendetta per il bombardamento della Jugoslavia.

Con questa manovra Vučić ha anche confermato di avere il controllo dei gruppi nazionalisti e ultranazionalisti. Tutto ciò lo conferma come partner affidabile ed efficace nel risolvere i principali problemi regionali, tra cui la normalizzazione dei rapporti tra la Serbia e il Kosovo e l’influenza sul Presidente della Republika Srpska (RS, entità serba della Bosnia Erzegovina), Milorad Dodik, con cui Bruxelles e Washington hanno sempre più problemi.

Nel bel mezzo della campagna elettorale il premier serbo ha inoltre fatto visita in Germania, dove ha incontrato la cancelliera Angela Merkel. La visita è stata descritta dai media serbi come un grande successo, e Vučić ha incassato il pieno sostegno della Merkel. Benché non ci siano dettagli su cosa si sono detti, da Berlino non è arrivata alcuna smentita dei toni ottimistici.

Nel frattempo, Vučić è riuscito a mantenere solidi rapporti anche con Mosca, nonostante sia chiaro che la Russia non si fidi troppo di lui. Una volta messo fuori gioco il presidente in carica Tomislav Nikolić, il quale non ha mai nascosto la simpatia per Mosca, Vučić ha messo la Russia nella posizione in cui, volente o nolente, deve costruire un buon rapporto con lui. La visita di Vučić a Mosca e l’incontro con Vladimir Putin sono stati piazzati proprio alla fine della campagna elettorale e gli hanno permesso di lanciare un messaggio agli ultranazionalisti più sospettosi che è lui quello su cui fa conto il presidente russo.

Ovviamente la pragmatica Mosca segue la situazione da vicino e si adatta a come vanno le cose. Per la maggior parte degli elettori serbi filo-russi l’incontro con Putin significa che Vučić sta dalla loro parte, e così facendo Vučić mantiene aperto lo spazio per espandere ulteriormente la sua influenza. La Russia non ha certamente alcun interesse nel dichiarare nemico qualcuno dal quale ci si aspetta che vinca le elezioni, ma ciò non significa che desideri davvero che Vučić assuma una posizione chiave in Serbia.

Il terzo "giocatore", Washington, è occupato con i suoi problemi e per ora non ha dimostrato alcuna iniziativa particolare. Gli Stati Uniti non dimostrano alcuna intenzione di comportarsi in modo più intransigente nei confronti dell’attuale governo serbo, e da ciò si può concludere che non ritengono questo governo una minaccia degli interessi americani nella regione.

Prospettive

Tenuto conto di tutto questo, praticamente non c’è avversario politico di Vučić che in questo momento sulla scena politica nazionale possa contare su un così forte sostegno da parte delle maggiori potenze mondiali, e questo limita la possibilità che emerga un movimento antagonista più ampio e più forte al blocco dominante. Nel frattempo, il governo può continuare a influire sui principali media serbi e usare delle risorse statali per garantire a Vučić un netto vantaggio nelle presidenziali. Anche perché reazioni da Bruxelles e Washington a tale comportamento ci sono state, ma sono state decisamente blande.

I sondaggi finora confermano che Vučić, se votano meno di quattro milioni di elettori, potrebbe anche vincere al primo turno. Anche se si va al secondo turno la sua vittoria rimane sicura, ciò nonostante la maggioranza vuole a tutti i costi evitare un ballottaggio perché sarebbe un segno di debolezza, cioè di perdita di potere del blocco e della popolarità di Vučić.

Vučić, secondo i sondaggi, gode del sostegno di oltre il 50 percento degli elettori. Al secondo posto, con meno del 20 percento, l’ex difensore civico Saša Janković e al terzo è l’ex ministro degli Esteri Vuk Jeremić. Loro tre, con ogni probabilità, sono i principali contendenti nella corsa per la presidenza, anche se Janković e Jeremić possono considerare una sorta di vittoria arrivare al secondo turno. Ciò avrebbe un impatto significativo sul loro rating e darebbe all’opposizione nel suo complesso la possibilità di riorganizzarsi e potenziarsi.

Ma anche senza un secondo turno la situazione politica in Serbia dopo le presidenziali inizierà a cambiare. C’è da aspettarsi che la vittoria di Vučić porti al consolidamento del potere di un solo uomo e dei suoi più stretti collaboratori, e che venga quindi rafforzato una sorta di sistema presidenziale. Sistema che non sarà certo formalizzato, ma è sicuro che il potere politico ed economico con Vučić passerà dal governo alla presidenza e indebolirà il Parlamento.

Allo stesso tempo, la campagna elettorale ha mostrato che è iniziata la ripresa delle forze che rappresentano il ceto medio istruito il cui esponente è Janković, o Jeremić per i nazionalisti moderati. Chi appartiene a questa fetta di società e che si è espresso per i due candidati, è stato bollato come traditore, ladro e mercenario pagato da stranieri, situazione che incoraggia ad una maggiore resistenza e alimenta le divergenze politiche nella società serba.

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