Political Tours: in viaggio nell’attualità
Political Tours, per viaggiatori appassionati di politica e attualità, organizza viaggi in tutto il mondo. In luglio con un gruppo di studenti si recherà in Bosnia e in Serbia seguendo la pesante eredità lasciata da Mladić e dalla guerra. Abbiamo intervistato Nicholas Wood, suo fondatore
Nick Wood, ex-corrispondente del New York Times, dopo dieci anni di lavoro nei Balcani ha deciso di fondare la prima agenzia di viaggio dedicata all’attualità. Si chiama Political Tours, è stata ispirata dal suo lavoro di corrispondente dall’estero e dal desiderio di dare l’opportunità alla gente di venire a contatto con le notizie senza intermediari.
La società, con sede nel Regno Unito, guarda alle regioni cruciali negli affari internazionali come la Corea del Nord, il Medio Oriente, il Caucaso e i Balcani. Dall’11 al 17 luglio Political Tours accompagnerà un gruppo di studenti in Bosnia e Serbia. Il viaggio, dal titolo Mladić’s legacy – L’eredità di Mladić, sarà guidato proprio dal fondatore e direttore dell’agenzia, accompagnato a Sarajevo dalla giornalista Sabina Arslanagić e a Belgrado da Zoran Cijaković, giornalista di LA Times e Newsweek. Nelle due capitali i partecipanti visiteranno i tribunali per i crimini di guerra.
Qual è lo scopo principale dei vostri viaggi?
Nel 2011 abbiamo organizzato viaggi in Bosnia, Turchia, Irlanda del Nord, Etiopia e Georgia. Lo scopo di tutti questi viaggi è quello di dare la possibilità ai partecipanti di farsi un’idea diretta dei posti che visitano e di mettere in discussione i loro pregiudizi. Political Tours mira a dare alla gente l’opportunità di incontrare le comunità interessate e porre domande a politici e analisti. I nostri gruppi vengono in contatto con funzionari internazionali e con chi attua i piani politici ed economici delle regioni. La cosa più importante è che passano il tempo a contatto con la realtà, osservando i problemi quotidiani della gente.
É un contrappunto a un mondo dove imperano Twitter, i blog e i giornali seri sono sotto pressione. So che Political Tour non può scuotere la politica estera nei Balcani o in qualsiasi altro posto. Non è il nostro lavoro quello di sostenere una politica o l’altra, ma cerchiamo di mediare tra le impressioni di alcuni politici e la realtà. In generale contribuiamo a una visione degli affari esteri più informata e sfumata. Vogliamo anche avvicinarci alla tendenza moderna del concetto di viaggio e dare spazio a delle esperienze che possono cambiare la vita o mettere alla prova le persone.
Che tipo di viaggiatori vorreste attrarre con il vostro concetto di viaggio?
La gamma di clienti è ampia, dai ragazzi di città che vogliono imparare dalle zone di conflitto, ai redattori di giornali e politici che vogliono conoscere qualcosa sulle regioni in cui viaggiamo. Sempre più i clienti, sono persone appassionate di attualità. Se esistono viaggi d’arte o storia, perché non possono esistere viaggi di politica e attualità?
Come ha conosciuto Tim Judah, corrispondente dai Balcani per The Times e The Economist, e qual è il suo ruolo all’interno di PT?
Avendo lavorato ambedue nei Balcani, ci conosciamo. É un amico, poi è relatore nei nostri viaggi in Kosovo e in Bosnia, ma non in questo di luglio.
Cosa si aspetta da questo viaggio in Bosnia? E cosa devono aspettarsi gli studenti che viaggeranno con voi?
L’arresto di Mladić ha riportato per un attimo un rinnovato interesse per la Bosnia, un Paese ancora perseguitato dall’eredità di Dayton. La maggior parte del tour sarà focalizzata sulla questione della giustizia. Come la riconciliazione post bellica ha, o non ha funzionato. Poi si parlerà delle derive secessioniste in Republika Srpska, degli accordi che possono essere raggiunti. Poi della consegna di Mladić e l’avanzamento della Serbia verso l’integrazione nell’UE che è un fattore di stabilizzazione ma non risolve tutte le questioni legate a questo Paese. A Belgrado cercheremo di mettere assieme tutte le tessere del puzzle, per avere così una prospettiva regionale più ampia. Poi vorrei sottolineare un altro punto, anche se tanti posti che visitiamo sono stati luoghi di conflitto, vogliamo abbattere i pregiudizi della gente. Sarajevo è un gran posto da visitare di per sé, con ottimi ristoranti e gente simpatica.
L’arresto di Mladić è dunque la ragione principale del tour in Bosnia e Serbia?
É stato un fatto, come ho già detto, che ha riportato questa regione all’attenzione di tutti. Ma avevamo già pianificato i viaggi per Bosnia e Kosovo prima dell’arresto.
Perché è così importante visitare questi luoghi e esaminare l’eredità di Ratko Mladić?
Sono luoghi che fanno parte dell’Europa e la loro storia recente è un affare ancora aperto. La ex-Jugoslavia è anche lo scenario del peggior conflitto avvenuto in Europa dopo la Seconda guerra mondiale. Abbiamo un imperativo morale, dobbiamo capire cos’è successo e assicurare una stabilita a lungo termine nella regione. I nostri viaggi aiutano la gente a valutare le cose in prima persona, senza stereotipi e eludendo i filtri della stampa nazionale.
Political Tour è incentrato sulla memoria, l’attualità o le prospettive future?
Tutte e tre le cose. Mettiamo insieme gli eventi recenti, raccontiamo alla gente la vita di ogni giorno, introduciamo analisi, incontriamo politici e parliamo del contesto regionale.
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