Politica di Coesione, più posti di lavoro e crescita nel 2021-27
All’inizio di maggio la Commissione ha pubblicato un documento di lavoro sul potenziale impatto dei fondi di coesione negli stati membri durante il settennato finanziario in corso. Quali sono le prospettive economiche per i paesi del Sud-Est Europa?
1,3 milioni di posti di lavoro in più e una crescita del PIL dell’UE dello 0,5% entro il 2029, queste sono le stime della Commissione sull’impatto sostanzioso che la politica di coesione avrà sullo sviluppo delle regioni europee. Nel corso del settennato 2021-27, sono 379 i programmi che faranno uso dei 378 miliardi di euro destinati alla politica di coesione, contribuendo così alla creazione di un’Unione più competitiva, sociale ed inclusiva. Il valore totale degli investimenti ammonta a 545 miliardi se considerati anche i contributi degli stati membri. Tra le varie categorie di beneficiari sono quasi 850.000 le imprese che riceveranno un sostegno, 723.000 le abitazioni che vedranno migliorare le proprie prestazioni energetiche, mentre l’accesso all’acqua pulita sarà riservato a 16,4 milioni di persone.
Dopo la dimostrata capacità di adattamento alla sfida pandemica degli ultimi tre anni, la politica di coesione ritorna al raggiungimento del suo obiettivo prioritario, quello del contrasto delle disparità socio-economiche tra le varie regioni dell’UE, prospettando un rilancio economico significativo e a beneficio dei propri cittadini. Il cuore pulsante dell’agenda di coesione è la realizzazione della transizione verde e digitale, in vista del raggiungimento dell’obiettivo di neutralità climatica entro il 2050. Seguono inoltre importanti considerazioni sul contrasto dei trend demografici negativi in atto e le relative conseguenze in termini di occupabilità, formazione e accesso ai servizi pubblici.
Una notevole spinta finanziaria è riservata alle regioni e agli stati membri meno sviluppati dell’UE, che permetterà di rafforzare la loro resilienza e la capacità di far fronte agli shock esterni, vista la recente esperienza con la pandemia e la guerra in Ucraina. L’intensità delle risorse convogliate alle regioni con un PIL pro capite inferiore al 75% della media dell’UE è di circa 207 euro in media per abitante su base annua. Mentre per le regioni più sviluppate tale cifra è pari a 21 euro.
Le prospettive per i paesi del Sud-Est Europa
Gli investimenti negli Stati membri sono concentrati su settori chiave di intervento, a seconda delle rispettive esigenze territoriali. Secondo le stime della Commissione, la regione greca dell’Egeo settentrionale è in testa alla classifica per il maggior impatto potenziale derivante dai fondi di coesione, sfiorando un aumento del +6% del PIL. Mentre tra gli stati membri, la Croazia guida con un aumento del +4% del PIL, seguita dalla Bulgaria e dalla Romania con +3%.
Focalizzandoci sui singoli paesi, la Croazia è tra i principali paesi beneficiari di cospicui aiuti da parte della politica di coesione, che ammontano a 298 euro per abitante su base annua. L’agenda di connettività costituisce uno dei principali pilastri d’investimento di questi fondi, con quasi 1 miliardo di euro allocati allo sviluppo di infrastrutture sostenibili, tra cui l’ammodernamento di 84 km di linee ferroviarie che comporterà un aumento di oltre 200mila utenti in più all’anno.
Mentre la Bulgaria si distingue tra i paesi UE più vulnerabili agli impatti climatici, con un’economia ad alta intensità energetica ed un’infrastruttura di qualità inferiore alla media europea. Tra i vari investimenti, attenzione particolare è stata posta alla rete idrica e al ripristino degli ecosistemi e della biodiversità. Si prospetta che oltre 1,7 milioni di persone beneficeranno di un miglior accesso all’approvvigionamento idrico pubblico. Inoltre, verranno costruite o migliorate 167 km di strade e beneficeranno del sostegno all’efficienza energetica quasi 4 mila edifici residenziali.
Invece le regioni romene rappresentano un esempio di convergenza graduale verso la media del PIL dell’UE, in seguito agli ingenti investimenti promossi dai fondi di coesione nel periodo 2014-2020. Fermo restando che le disparità regionali persistono ancora, si nota un recupero di terreno da parte di queste regioni, passando da un PIL pro capite del 52% rispetto alla media UE nel 2010 al 72% nel 2020. Il paese ha visto aumentare di 7 miliardi di euro i fondi allocati dal budget dell’UE rispetto al periodo finanziario precedente e una considerevole fetta è stata destinata al miglioramento dell’infrastruttura stradale e sostenibile. In particolare, verranno (ri)costruiti 424 km di ferrovie parte della rete transeuropea dei trasporti TEN-T, favorendo così l’integrazione del paese al mercato unico.
Sebbene sia un’isola, Cipro viene considerata dal fondo di coesione come una regione meno sviluppata, la quale non è riuscita ad assicurare una convergenza con il resto dell’UE nel corso dell’ultimo decennio. Le persistenti differenze socio-economiche sono visibili in termini di disoccupazione, livello di istruzione, rischio di povertà ed esclusione sociale. 222 milioni di euro provenienti dal Fondo Sociale Europeo+ (FSE+) sono destinati a misure per aumentare il livello generale di competenze e sostenere le politiche attive di lavoro.
Infine, per quanto riguarda la Grecia, le disparità regionali sono aumentate nell’ultimo decennio, con tutte le regioni situate sotto la soglia del PIL pro capite inferiore al 90% della media dell’UE. Ad eccezione di 2 sole regioni (Attiki e Notio Aigaio), tutte le altre continuano ad essere considerate sotto sviluppate. I fondi di coesione allocati alla Grecia sono destinati ad affrontare le sfide strutturali esistenti, quali lo sviluppo delle competenze per facilitare l’accesso al mercato del lavoro, specialmente dei giovani. Complessivamente sono 6.5 miliardi di euro di finanziamenti destinati a promuovere l’occupazione e l’inclusione sociale dei gruppi vulnerabili.
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