Pedalando verso il jazz
Jazz e bici. Una combinazione forse insolita, ma che, grazie ad un festival di successo, negli ultimi anni mette fianco a fianco per le strade di Scutari la musica e le due ruote. Un’occasione unica per promuovere il turismo in una città dalle profonde radici storiche e culturali
Le bici e il jazz hanno una cosa in comune…Scutari, la città più grande dell’Albania settentrionale. Il jazz sta diventando una presenza sempre più forte da qualche anno a questa parte, grazie ad un festival di successo, le bici, invece, hanno a Scutari radici profonde, e sono oggi una vera "icona su due ruote" della città.
Per chi arriva a Scutari la prima volta, le bici sono una sorpresa che ti sfreccia davanti ad ogni angolo: si stima che ce ne siano in tutto più di 30mila. La prima "cosa con due ruote", come fu ribattezzata allora la bici dagli abitanti di Scutari, fu portata in città dall’allora console di Svezia.
Oggi in Albania muoversi a pedali è diventato piuttosto fuori moda. Dal 1991 gli albanesi hanno infatti abbandonato la bici per darsi anima e corpo ai veicoli a motore, quasi del tutto sconosciuti durante gli anni del regime comunista.
Secondo i ciclisti locali, però, a Scutari la tradizione è rimasta viva per tre buoni motivi: la città è quasi del tutto pianeggiante, spostarsi in bici è più economico e tra l’altro aiuta anche a mantenersi in forma.
A confronto della bici, che da ormai cento anni è un elemento imprescindibile delle sue strade, a Scutari il jazz si sta mettendo radici da pochi anni, ma in modo forse altrettanto profondo.
L’ultima edizione dello Scutari Jazz Festival, la quinta, tenuta a fine maggio, è stata accolta con un caldo benvenuto dai tanti appassionati accorsi, a partire da numerosi studenti di musica. Il festival ha trovato ospitalità in locali alla moda, nel teatro cittadino, in un’abitazione storica adattata alle necessità della musica, e nella piazza cittadina rimessa recentemente a nuovo.
I concerti tenuti nel corso storico della città, dove antiche costruzioni di stile veneziano contornano la moschea principale di Scutari e la chiesa dei francescani (simboli delle de comunità religiose maggioritarie in città, musulmani e cattolici) sono stati però i momenti più affascinanti del festival.
Qui il suono vellutato del jazz del duo composto da Nico di Batisca alla chitarra elettrica e dello scutarino Sokol Prekalori al violino ha attirato non solo gli appassionati, ma anche semplici passanti. Il duo, alternando composizioni a pura improvvisazione, ha regalato al centro di Scutari un’atmosfera unica e irripetibile.
Le emozioni più forti sono arrivate però quando Di Batisca e Prekalori fanno echeggiare le note del compositore Rrok Jakaj. Jakaj, morto tragicamente in un incidente d’auto alcuni anni fa, è stato il fondatore del festival. Suo fratello Florian mantiene oggi viva quell’eredità.
"Rrok avrebbe voluto che quanto ha creato avesse continuato a esistere, e noi facciamo del nostro meglio per rivitalizzare i valori musicali e culturali di questa città, innanzitutto portando buona musica, e incoraggiando il ritorno di artisti nati musicalmente proprio a Scutari", racconta Florian, che ha arricchito la sua esperienza manageriale lavorando in moltissimi paesi insieme a suo fratello.
Scutari in Albania è nota come una città dalla forte tradizione culturale, che ha dato al paese alcuni dei suoi più noti compositori, musicisti, poeti, insieme a numerosi eroi e patrioti.
Tra tutti, forse il più famoso è padre Gjergj Fishta, frate francescano che ha rappresentato l’Albania sulla scena internazionale durante i primi decenni del ventesimo secolo, oltre ad aver ricoperto il ruolo di parlamentare. Il suo nome è collegato alla più nota creazione della letteratura albanese, "Il liuto della montagna", e altre opere scritte in dialetto ghego.
Oggi si può vedere la sua tomba, vuota, all’interno della chiesa francescana. Qui i frati curano e aggiornano senza sosta la biblioteca in cui Fishta ha composto le sue opere.
"Purtroppo, è impossibile rimpiazzare le copie uniche che la biblioteca custodiva prima di essere svuotata dai comunisti, che vendettero i libri in Jugoslavia per il solo valore della carta di cui erano fatti", confessano i francescani, ripensando alla grande perdita intellettuale legata a quegli eventi.
"Mossi da un’ideologia malata, disseppellirono i resti di padre Fishta dalla sua tomba, per gettarli nelle acque del fiume Drin", raccontano ancora i frati.
Nel 1967 il regime comunista iniziò una vasta campagna contro la religione. Fu fatto divieto ai cittadini di credere in "inutili oggetti", come la croce, o di frequentare "edifici sospetti", termine riferito agli edifici religiosi. L’Albania divenne il primo paese comunista a imporre divieti di questa natura.
Il regime comunista modificò anche la struttura demografica della città, deportando gli intellettuali in campi di lavoro per rimpiazzarli con membri della classe lavoratrice, spesso analfabeti.
Scutari può essere facilmente identificata come la città che più ha sofferto di più negli anni del brutale regime guidato da Enver Hoxha, tra il 1945 e il 1991.
Dall’Umbria con amore
Anche se di dimensioni più contenute rispetto ad altri eventi jazz della regione, lo Scurari Jazz Festival è ritenuto dagli appassionati come un momento di grande ispirazione musicale.
Mettendo insieme il meglio delle esperienze accumulate fuori dall’Albania, Florian Jakaj è riuscito ad attirare artisti apprezzati sulla scena internazionale, come il sassofonista Diego Borotti, il trombettista Alberto Mandarini, il contrabbassista Riccardo Barbera, il pianista Daniele Tione on piano e il percussionista Gigi Biolcati, divenuto un vero e proprio ‘veterano’ del festival (essendo alla quinta partecipazione) tutti artisti soliti calcare i palchi dell’Umbria Jazz.
"Siamo venuti per onorare il lavoro di Rrok Jakaj, e per suonare di fronte al caloroso pubblico di Scutari", ha raccontato Borotti durante una delle sei performance tenute quest’anno al festival.
Quest’anno erano presenti anche artisti dalla Spagna, come Javier Galiana & Spice Berberechos, tra i primi a sperimentare fusioni tra il jazz e il flamenco. Il concerto che hanno tenuto all’interno di un’abitazione storica, vecchia di almeno cinquecento anni e ora trasformata in un ristorante-museo, ha visto tra gli spettatori un gruppo di una trentina di turisti israeliani, "avanguardia" di un gruppo piuttosto numeroso (circa 600) che dovrebbero visitare la regione di Scutari durante l’estate.
In questa zona, il paesaggio montano combina elegantemente elementi del ricco passato con usi e costumi tradizionali albanesi. Nonostante il fatto che qui il turismo sia ancora un fenomeno limitato, i numeri parlano di un costante aumento.
Dopo aver guidato i suoi ospiti nella casa museo, il direttore del museo civico, Zamir Tafilica, spiega che i turisti arrivano soprattutto dal vicino Montenegro. Scutari è a pochi chilometri dal confine, e divide col Montenegro anche il lago che porta il suo nome, il più esteso di tutta la penisola balcanica.
Vicino alla città, che dista appena una trentina di chilometri dal litorale adriatico, scorrono anche la bellezza di tre fiumi. Tafilica dichiara che, l’anno scorso, almeno 500 turisti stranieri al giorno hanno fatto una gita a Scutari.
Tra le località da visitare, a parte il museo, c’è l’antico castello di Rozafa, forse il meglio conservato dell’Albania. C’è poi il ricchissimo archivio fotografico della famiglia Marubi, che contiene migliaia di scatti presi a Scutari e dintorni tra il 1860 e il 1950. Da visitare c’è poi la casa in cui Madre Teresa ha vissuto un anno durante la sua giovinezza, insieme ad antiche botteghe sopravvissute alla modernizzazione economica della città.
La gente di Scutari è molto aperta e comunicativa, anche vista l’antica tradizione commerciale. Oggi le relazioni col Kosovo tornano ad essere forti, ma la città si sta aprendo anche a nuove relazioni di carattere europeo, che stanno lentamente gettando radici.
E per quanto riguarda il jazz, c’è la reale possibilità che possa competere ad armi pari con le biciclette, per divenire simbolo e parte inseparabile della vita di Scutari.
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