Pandora papers in Montenegro
Paradisi fiscali e patriottismo vanno mano nella mano in Montenegro. La recente inchiesta denominata Pandora papers vede coinvolti anche i Đukanović, padre e figlio. Le inchieste dei giornalisti di Mans hanno rivelato società offshore non dichiarate
Quando anni fa il presidente del Montenegro Milo Đukanović si rese conto che doveva affrontare i magistrati di Bari, guidati dal giudice Giuseppe Scelsi, nel noto processo per contrabbando di sigarette, accelerò il cammino verso l’indipendenza della più piccola repubblica dell’ex Jugoslavia. Così, nel momento chiave delle indagini, su consiglio del suo avvocato difensore Enrico Tuccillo, Đukanović riuscì a presentarsi nel capoluogo pugliese appellandosi all’immunità internazionale garantita ai capi di stato e di governo dei paesi sovrani e membri delle Nazioni Unite. All’epoca il primo ministro del Montenegro tornò trionfalmente a Podgorica raccontando in pubblico che era stato scagionato da tutte le accuse e che aveva sventato il complotto della Serbia, orchestrato per impedire che il Montenegro diventasse indipendente.
Inoltre quando Nikola Marković, direttore del quotidiano montenegrino “Dan”, insieme ai giornalisti investigativi di MANS, ha scoperto che Đukanović aveva una società offshore a Cipro di cui non c’era traccia nelle sue dichiarazioni del reddito, Đukanović ha intrapreso la strada dello scontro frontale contro la Metropolia del Montenegro e del Litorale e contro il metropolita Amfilohije. Cercando di affossare lo scandalo delle società offshore, Đukanović ha riacceso le questioni identitarie, ovvero la divisione tra montenegrini e serbo-montenegrini, coinvolgendo anche la Chiesa ortodossa serba di cui la Metropolia fa parte. Il risultato è stata la sconfitta alle elezioni parlamentari dell’anno scorso e la conseguente caduta del regime trentennale di Đukanović.
Ora, dopo l’uscita dei cosiddetti “Pandora papers”, in molti si chiedono cosa farà il presidente del Montenegro? A giudicare dalle reazioni dei suoi fedelissimi e dai media sotto il suo controllo, proveranno ancora una volta a giocare la carta del nazionalismo e delle divisioni nella società montenegrina.
I giornalisti di MANS, che sono la costola montenegrina del Consorzio internazionale di giornalisti investigativi ICIJ, hanno documentato e ricostruito tutti i passaggi dei trust creati da Milo Đukanović e da suo figlio Blažo Đukanović. Nella documentazione delle 14 agenzie offshore a cui si è riusciti ad avere accesso, ci sono le prove che padre e figlio hanno creato nel 2012 due trust: “Vicoria Trust” di Milo e “Capecastel Trust” di Blažo. Per nascondere le tracce delle loro attività i Đukanović hanno usato cinque paesi in due continenti.
Va precisato che i trust nei paradisi fiscali servono per nascondere i veri proprietari di beni mobili e immobili. Il fondatore del trust trasferisce la proprietà ad un’altra persona fisica o giuridica, mantenendo il diritto di disporre della proprietà stessa. Nell’atto di fondazione del trust, che rimane segreto, si precisa chi realmente può usufruire dei beni, trarne i profitti ed eventualmente venderli.
I Đukanović sono stati consigliati molto bene visto che hanno creato una rete di protezione quasi perfetta. I trust sono stati creati a Panama da uno studio legale con sede a Londra, mentre tutta la documentazione riguardante gli affari dei due trust è custodita in Svizzera. Le società a cui padre e figlio hanno affidato i loro due trust sono registrate nelle Isole Vergini Britanniche che sono, a loro volta, gestite da una società svizzera che ha la stessa sede della società che custodisce tutta la documentazione.
A parte i due trust, Blažo Đukanović ha fondato altre due società offshore, sempre con lo stesso schema: registrazione nelle Isole Vergini Britanniche e custodia dei documenti in Svizzera. Grazie a questo accorgimento i giornalisti investigativi non sono in grado di scoprire che tipo di transazioni e di affari hanno fatto i due Đukanović.
La direttrice di MANS Vanja Ćalović-Marković ritiene che sia necessaria un’azione veloce ed efficace della magistratura montenegrina: “Đukanović sa cosa abbiamo scoperchiato e farà di tutto per nascondere o distruggere le prove. È molto importante che i magistrati montenegrini chiedano l’aiuto e la collaborazione dei colleghi nel Regno Unito e in Svizzera. Noi abbiamo trovato quasi tutto, ci mancano solo i dati finanziari, ovvero capire di cosa si occupavano le società di Đukanović e come funzionavano. La documentazione che ci serve si trova in Svizzera, gli avvocati sono a Londra, quindi i magistrati sanno dove devono bussare. Noi sappiamo che la società che ha gestito i loro trust è stata chiusa dopo le elezioni, mentre lo studio legale di Londra che forniva l’assistenza ai Đukanović ha cambiato la sua sede dopo aver ricevuto le nostre domande. Tutto questo ci dice che si stanno già muovendo per cancellare le prove”.
In un’intervista rilasciata alla televisione locale Vijesti la Ćalović-Marković esprime grossi dubbi sull’operato del procuratore speciale Milivoje Katnić che ha la giurisdizione del caso dei Đukanović: “Non credo che Katnić farà qualcosa di tempestivo e utile per le indagini. Finora, nelle inchieste che riguardavano i Đukanović e la loro famiglia ha sempre compiuto solo gli atti che servivano per insabbiare le indagini, eliminare o compromettere le prove. Ecco perché abbiamo bisogno urgente di un nuovo Consiglio della magistratura inquirente [l’organo che sceglie il procuratore speciale e il capo della procura generale] che dovrebbe scegliere il prima possibile i nuovi procuratori”.
Interpellati dai giornalisti di MANS e del consorzio ICIJ Milo e Blažo Đukanović hanno detto di aver aperto i trust per concludere affari personali nel periodo in cui Đukanović senior non ricopriva incarichi pubblici. “Progettavo di fare affari insieme a mio figlio, ma poi i trust sono rimasti inattivi e non hanno gestito fondi”, ha risposto Đukanović. Il presidente montenegrino ha aggiunto di non aver investito mai dei fondi nei trust e che non ha ottenuto alcun guadagno o profitto.
A molti in Montenegro la sua spiegazione ha ricordato quando ha negato di aver creato una società offshore a Cipro tre anni fa. Però, davanti alla prova inconfutabile del giornalista Nikola Marković che ha dimostrato in pubblico l’atto di proprietà, dimostrando inequivocabilmente che Đukanović era titolare di quella società, ha ammesso di aver creato quella azienda precisando che è rimasta inattiva sin dall’inizio e che in sostanza non esiste.
Le società che hanno gestito i trust e le aziende dei Đukanović si sono arroccate dietro un comunicato in cui hanno spiegato che loro offrono servizi a persone facoltose di tutto il mondo e che di solito investono i soldi dei loro clienti per comprare immobili in Europa, America e Asia. Però, anche loro potrebbero avere dei guai perché non hanno rispettato la legge anti-riciclaggio e anti-finanziamento del terrorismo che vige nelle Isole Vergini Britanniche. Vale a dire, non hanno segnalato Milo Đukanović come persona politicamente esposta (Politically exposed person PEP). Nel gruppo PEP rientrano tutte le persone che occupano incarichi pubblici.
Il vicepremier e coordinatore dei servizi segreti Dritan Abazović ha annunciato che la polizia è pronta a collaborare con la procura, ma, similmente a Vanja Ćalović-Marković, anch’egli ha espresso dubbi sull’operato di Katnić, visti i legami del procuratore con la famiglia Đukanović. “Dietro ogni storia di patriottismo si nasconde qualche conto segreto nei paradisi fiscali”, ha osservato Abazović e non ha tutti i torti.
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