Pančevo, maglia nera dell’inquinamento
Distretto industriale nei pressi della capitale serba, Pančevo è da decenni una delle città più inquinate del sud-est europeo. Il bombardamento Nato del 1999 ha peggiorato ulteriormente la situazione. Ad oggi ancora molti i problemi da risolvere. Nostro reportage
Direzione Pančevo, città a nord-est di Belgrado. Abbasso il finestrino per respirare. L’auto è impregnata dei gas di scarico accumulati nell’incolonnamento di due ore sulla circonvallazione della capitale serba. “Pančevo la città morta”, titolo di un documentario del filmaker italiano Antonio Martino, è a soli 18 chilometri.
Ricordo la città soprattutto per le immagini tv della nera nube tossica che la avvolse un giorno di aprile del 1999. I bombardieri Nato si accanirono sull’enorme complesso industriale nella zona meridionale della città: raffineria, petrolchimico e fabbrica di azotati. Provocando danni sull’ambiente e sulla salute dei cittadini di cui non si conosce del tutto la portata.
Lavoro contro natura
Pančevo è stato uno dei centri produttivi più importanti della regione. La sua posizione strategica - territorio pianeggiante incuneato tra i fiumi Danubio, Tamiš e Nadel – la ferrovia e la vicinanza a una delle maggior dorsali stradali d’Europa, hanno dettato il suo destino.
Nel periodo tra i due conflitti mondiali è iniziata la prima fase della sua industrializzazione pesante: con la nascita della fabbrica di lampadine “Tesla”, di una fabbrica che produceva vetro per uso edile e della “Utva”, fabbrica di velivoli. Poi, a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, nascono l’industria di materie plastiche e il grande complesso della cosiddetta Južna industrijska zona (zona industriale meridionale) formata da HIP – Petrohemija, NIS Rafinerija e HIP Azotara.
Pančevo, assieme ad altre città della Federazione jugoslava, come Bor in Serbia o Zenica in Bosnia Erzegovina, salì ai primi posti per livelli di inquinamento e percentuali di mortalità. Negli anni della corsa alla ricostruzione di un paese alla fame dopo la Seconda guerra mondiale, la priorità era lo sviluppo economico e il lavoro. In breve tempo e a tutti i costi.
Un miglioramento delle condizioni ambientali si ha nel 1992. Non è il risultato di interventi di modernizzazione degli impianti. Il “merito” va all’embargo imposto alla Serbia dalla comunità internazionale, che mette in ginocchio l’economia del paese. Il mercato si ferma, spariscono le materie prime e molte fabbriche riducono o bloccano l’attività.
Benvenuti a Pančevo
Il ponte sul Tamiš dà il benvenuto in città. Parcheggio nel piazzale pieno di buche del fatiscente, ma funzionante, hotel Tamiš. Bruttura architettonica del socialismo reale, mostra nel suo corpo che si squama l’assenza di manutenzione. Chiedo a due operai che fumano seduti su un muretto, dov’è l’ufficio turistico. Mi guardano ilari, come a dire che diavolo ci fai a fare la turista nel “buco nero d’Europa”. L’aveva definita così Borislava Kruška, la sindaca di Pančevo, parlando ad un convegno organizzato nel 2004 da Osservatorio.
Quasi a volermi giustificare, spiego loro il perché della visita: tracciare la mappa dell’inquinamento della città. “Zagađenje? Pa šta, tako je. Moramo jesti!”. Il commento riporta alla mente il caso delle acciaierie Ilva di Taranto: Inquinamento? Eh, è così. Dobbiamo pur mangiare!
Nella sala dell’ufficio turistico sfoglio la brochure con il timbro del comune. Recita: “Pančevo, città a nord-est di Belgrado. 124mila abitanti di cui 77mila vive in città e il resto in villaggi distribuiti su un territorio di 755 chilometri quadrati, per l’85% formato da terreno agricolo”. Poi seguono informazioni su chiese, parchi, dintorni agricoli e cenni storici della trasformazione della città in distretto industriale.
Benzina sul fuoco
I corpi mastodontici e le ciminiere del Petrolchimico, della Raffineria e dell’Azotara, si spandono lungo un viale del quartiere Vojlovica, a cinque minuti dal centro storico, per tre chilometri e senza soluzione di continuità. Sulla sinistra basse casette di memoria agreste, a destra gli impianti. “La mattina del 18 aprile del 1999 bombardarono le tre fabbriche in maniera scientifica” racconta Nevena Simendić, caporedattrice di TV Pančevo, considerata una pasdaran dei media locali. “Nel giro di due ore la nube creò un tetto sulla città, oscurandola. Cadeva una pioggia di polvere e liquido nero che coprì auto, strade, terreni agricoli e corsi d’acqua… tutto questo ce lo siamo mangiato e bevuto, nei mesi successivi”.
Sono stati 14 i bombardamenti Nato che la città ha subito tra fine marzo e inizio giugno, su impianti e depositi chimici. L’Unep – United Nation Enviromental Programme – ha stimato, in un rapporto dell’ottobre 1999 sulle conseguenze ambientali del conflitto, che siano state rilasciate nell’ambiente 2100 tonnellate di dicloro etilene, 250 tonnellate di ammoniaca, 460 tonnellate di CVM (cloruro di vinile monomero), ma anche cloro, ossidi di zolfo e di azoto. Oltre a 8 tonnellate di mercurio confluite nel Tamiš, affluente del Danubio.
La caporedattrice si altera un po’ quando racconta le giustificazioni addotte in questi anni dal mondo politico, che rimuove il “problema Pančevo” invece di affrontarlo alla radice. “Ci vengono a dire che i tumori sono causati dallo stress di questi anni. O che è colpa dell’aumento del traffico in città e quindi dei gas di scarico”. Certo, prosegue, lo stress è un fattore importante, soprattutto in una situazione di crisi sociale ed economica profonda e che dura da un ventennio. “Però non si può negare l’evidenza. Qui si muore più che in altri luoghi del nostro paese e da qualche anno sappiamo ogni minuto qual è il livello degli inquinanti nell’aria, proprio grazie a voi italiani”.
Ravenna e Pančevo si conoscono dal 1994. La Caritas ravennate cominciò a portare aiuti ai cittadini che vivevano in condizioni disagiate. La relazione si saldò nel marzo del 2001 quando la sindaca, Borislava Kruška, intervenne a Ravenna in un convegno sulle conseguenze sanitarie delle guerre. Chiese aiuto per porre rimedio alla pesante situazione di inquinamento della sua città.
Un anno dopo, grazie a un progetto promosso dalla Provincia di Ravenna, a Pančevo si inaugurò la prima fornitura di una moderna rete di monitoraggio della qualità dell’aria. L’assessore all’ambiente, Andrea Mengozzi, al ritorno in Italia scrisse sulle pagine di Obc: “Stanno costruendo un nuovo cimitero, quello esistente non basta. Perché nel 2000 sono morte 1200 persone invece delle 600 annuali degli anni novanta. Prima dell’arrivo della Nato”.
Monitoraggio della qualità dell’aria
Olga Šipovac, funzionaria del Segretariato per la tutela dell’ambiente assieme a Valdimir Delja, consigliere con delega alla tutela ambientale del comune, mi ricevono al nono piano del palazzo municipale. Un salone con tavolo ovale da 15 posti affacciato su una vasta terrazza che domina i tetti. Su una parete c’è una gigante tela del pittore serbo Vuk Vučković che in tinte grigio-nere tratteggia la città: in uno scenario da the day after, fiamme e funghi atomici si intrecciano con edifici distrutti.
“Grazie a una serie di passi, anche per merito di Ravenna, rispetto a dieci anni fa la situazione è migliorata” racconta Delja. Ciò non significa che la situazione sia rosea, aggiunge Šipovac dando dettagli sulla condizione di salute dei cittadini: “Un vero monitoraggio non esiste. Abbiamo realizzato diverse indagini, utilizzando metodologie e standard dell’Oms, ma ci sono due problemi: è scarsa la documentazione epidemiologica del passato e non esiste una metodologia di raccolta e analisi dei dati sanitari su base nazionale”. Per dirla in altri termini, è difficile fare confronti con i dati di altre città, e dunque asserire con certezza il nesso causa-effetto tra inquinamento e malattia.
Non si può comunque negare l’evidenza, prosegue la funzionaria comunale: “Il numero dei cittadini colpiti da malattie cardiovascolari è significativamente superiore alla media nazionale”. Nel 2009 il comune ha chiesto all’Istituto di salute pubblica locale di realizzare un’indagine sui bambini, con un focus sulle affezioni che a livello mondiale sono ritenute correlabili all’esposizione a inquinanti. “E’ emerso che la presenza di malattie del sistema cardiovascolare, del sangue e dell’apparato dirigente, è del 149% superiore alla media nazionale”, aggiunge Šipovac. I dati sono confermati dalle dichiarazioni rilasciate a Večernje Novosti un anno fa dalla direttrice dell’Istituto, Ljiljana Lazić: “Ogni cittadino soffre di almeno una malattia respiratoria all’anno. Al primo posto ci sono le infezioni dell’apparato respiratorio, poi le malattie cardiovascolari. Aumentano anche i tumori. La causa prima di morte è dovuta a malattie cardiovascolari, dopo arrivano i tumori”.
“L’inquinamento dell’aria è il problema che sentiamo di più. Ad agosto abbiamo avuto 15 giorni consecutivi di superamento della soglia prevista per legge di idrocarburi e polveri sottili” racconta Vladimir Delja. “Si sentiva un forte odore… ed inoltre non si poteva pretendere dalla popolazione, con una temperatura che toccava i 45°, di tenere le finestre chiuse giorno e notte”.
Il sistema di monitoraggio della qualità dell’aria di Pančevo è stato il primo realizzato in tutta la Serbia. “Il finanziamento e la messa in opera delle 4 centraline di misurazione ci ha permesso di riconoscere il problema” sottolinea Delja. I dati raccolti in tempo reale e visibili sul sito del comune hanno reso forte la municipalità e sollevato l’opinione pubblica contro l’immobilità del governo. Conclude Olga Šipovac: “Abbiamo finalizzato il sistema, grazie alle attività previste nel Programma Seenet: la messa in rete informatica delle 4 centraline e alcune finali migliorie alla centralina nel quartiere Starčevo”.
Oggi, questa volta su pressioni dell’UE, la Serbia si è finalmente dotata di una rete nazionale di monitoraggio della qualità dell’aria, gestita dall’Agenzia per la tutela dell’ambiente, in funzione a pieno regime dal 2010. I valori (in µg/m³, microgrammi al metro cubo) vengono rilevati sul territorio nazionale da 39 centraline: a Pančevo sono due, nei quartieri Sodara e Vojlovica. Nel rapporto 2011 dell’Agenzia, reso pubblico lo scorso 14 novembre, i dati raccolti mettono Pančevo nella terza categoria e cioè la peggiore per inquinamento.
“Il primo intervento italiano ci è servito per sollevare l’opinione pubblica. Per lo meno oggi tra i politici c’è il ‘terrore’ che Pančevo dica o faccia qualcosa. Ma i problemi rimangono irrisolti… ” dice convinta Nevena Simendić della tv locale.
Politica, ambiente e privatizzazioni
Dopo l’avvio del sistema di monitoraggio della qualità dell’aria, racconta Olga Šipovac del comune, si sono fatti ulteriori passi: “Si è costituto all’interno del comune il Segretariato presso cui lavoro e nel 2004 abbiamo stilato il Piano d’azione strategico a sostegno dell’ambiente che ha dato il via a diversi interventi. Oggi, ad esempio, c’è un numero verde a cui i cittadini possono rivolgersi per fare segnalazioni al cosiddetto Centro di informazione, collegato a noi del Segretariato che avviamo successive azioni sul territorio”.
Nel 2005 si è inoltre arrivati a definire un protocollo di collaborazione tra municipalità, fabbriche – Azotara, Petrolchimico e Raffineria – e il ministero per l’Educazione e lo sviluppo tecnologico (quello per l’Energia, lo sviluppo e la tutela ambientale non esisteva ai tempi). “Sono state previste anche azioni da intraprendere d’urgenza nel caso di superamento delle soglie massime di inquinanti nell’aria” aggiunge Vladimir Delja, consigliere con delega alla tutela ambientale. Un processo che prevede l’intervento finale degli addetti dell’Ispettorato della Repubblica, unico organo che per legge può entrare nella zona industriale per fare i controlli e richiedere alla fabbrica responsabile di interrompere o rallentare l’attività.
“Le fabbriche dovrebbero arrivare a diversificare le attività in presenza di precise condizioni atmosferiche che aumentano il rischio di stagnazione degli inquinanti – aggiunge Delja – soprattutto in alcuni mesi dell’anno”. Vale a dire rallentare la produzione in determinate ore della giornata. Ma Nevena Simendić di Tv Pančevo è caustica: “Secondo nostre fonti, le condizioni atmosferiche a rischio le abbiamo per una media di 8-10 mesi l’anno… Le fabbriche non accetteranno queste condizioni!”.
Inoltre, in un territorio ad alto rischio come Pančevo operano solo due ispettori. “Accade che quando i cittadini ci segnalano qualcosa di anomalo, chiamiamo subito gli ispettori. Però spesso stanno ispezionando un’altra zona e non sono in grado di intervenire subito” denuncia Vladimir Delja. “Il ministro per l’Ambiente, Zorana Mihajlović, durante una sua visita in agosto ci ha promesso che ne aumenterà il numero”. Nello stesso incontro è stato presentato un appello al ministro affinché preveda un programma di sostegno alle fabbriche perché possano al più presto mettere in pratica i piani di azione concordati da tempo.
La questione non è semplice, spiega l’ingegnere e sindacalista Zoran Obradović, portavoce del sindacato Nezavisnost (Indipendenza) nel Petrolchimico. “I bombardamenti Nato hanno distrutto il 40% della nostra fabbrica. Lo Stato non ci ha dato un soldo e noi operai – che l’abbiamo costruita e ne eravamo proprietari – siamo riusciti a rimettere in piedi solo una delle due strutture distrutte. Abbiamo ricominciato a lavorare a basso regime, con impianti obsoleti e grosse perdite di energia”. Il Petrolchimico ha così accumulato debiti nei confronti di Srbija Gas, Rafinerija NIS e Elektrodistribucija – fornitori di gas, nafta, energia elettrica – per circa 80 milioni di euro.
Il Petrolchimico è un unicuum con la Raffineria NIS che oggi vede la russa Gazprom Neft proprietaria di maggioranza. In contemporanea alla privatizzazione della raffineria, è stato fatto un accordo tra Petrolchimico, governo serbo e NIS-Gazprom Neft. Lo stato è diventato proprietario di maggioranza del Petrolchimico, assumendosi l’appianamento di parte dei debiti e l’impegno ad investire. Mentre Gazprom Neft si è accollata i debiti che il Petrolchimico aveva con la Raffineria NIS, e ne è diventata proprietaria al 12%.
“Quindi governo e NIS-Gazprom Neft dovevano investire nel Petrolchimico, ma nulla è stato fatto. Quest’anno i nostri 1.800 operai hanno lavorato solo tre mesi a tempo pieno. Il resto del tempo in 1.400 sono rimasti a casa in riposo forzato", prosegue Obradović. NIS-Gazprom Neft nel 2012 ha rallentato le attività per realizzare una ristrutturazione che permettesse di produrre nafta di qualità Euro 5: “Andava fatto, così le nostre auto finalmente inquineranno di meno – sottolinea Obradović – ma non basta. Deve esserci la volontà politica di farci riavviare le attività e i lavori di ristrutturazione, per non continuare a inquinare e per diventare competitivi. La sensazione è che l’obiettivo sia farci toccare il fondo e poi svenderci".
Terra e acqua
Un’altra fonte di inquinamento a Pančevo è la discarica di rifiuti della città che si trova in pieno centro, incuneata fra le case e affacciata sulle rive del Tamiš. A., meccanico-carrozzerie, ha l’abitazione-officina a cinque metri dalla recinzione: “Lavoravo in una fabbrica distrutta dai vostri aerei e mai più riaperta. Con la magra liquidazione che mi hanno dato, questo è l’unico pezzo di terra che ho potuto comprare”. Ci sono giorni in cui l’aria è così pesante che è felice del forte odore delle vernici da carrozziere: “Sì, certi giorni penso ‘mollo tutto e me ne vado’. Ma dove? In Europa non vogliono più nemmeno i giovani, figurati un vecchio come me!”.
Dalle finestre del secondo piano di casa sua si apre la vista su montagne di spazzatura a cielo aperto: frotte di uccelli a cibarsi di spazzatura, carretti tirati da cavalli guidati da persone in cerca di rifiuti da rivendere. “Abito qui da dieci anni. E’ da allora che dicono che la chiudono”, sospira il carrozziere.
Il deposito dei rifiuti gestito dalla municipalizzata JKP-Higijena è un grande problema, ammette Vladimir Delja. “Esiste una discarica nuova, fuori città presso Dolovo, costruita secondo standard europei. Ma ci sono ancora dei problemi da risolvere: il primo è relativo alla proprietà del terreno dove passa la strada, l’altro legato alla certificazione finale di alcuni passaggi del sistema di separazione e del riciclaggio dei rifiuti”. La giornalista Simendić racconta che la nuova discarica è in costruzione dall’inizio degli anni ’90: “Si sono tenute ben due inaugurazioni ufficiali. E nessuno sa dire perché non apra i battenti”.
Anche acqua e terra non sono messi bene. Secondo il documento dedicato alla Strategia dello sviluppo regionale della Repubblica di Serbia 2007-2012, risulta che la qualità dell’acqua è allarmante e in peggioramento; nei comuni di Pančevo e Bor sono inoltre presenti inquinanti tossici nelle sedimentazioni dei canali di scarico delle zone industriali. “C’è il grosso problema del terreno attorno al cosiddetto Azotarin canal, un grande canale artificiale che finisce nel Danubio, nel quale confluiscono tutti gli scarichi delle fabbriche della zona industriale meridionale” spiega Simendić. “Problema che è emerso in maniera eclatante durante il bombardamento Nato. Finora nessuno si è occupato della bonifica di tutto quel terreno intorno, che si affaccia al Danubio”.
Futuro europeo?
Accanto all’ospedale, lungo il viale alberato e munito di pista ciclabile Miloša Trebinjca, c’è il Narodna bašta (giardino pubblico) nato all’inizio dell’ ‘800. Lo chiamano il “polmone di Pančevo” e non si può che esser d’accordo visto che si frappone tra il centro cittadino e il quartiere industriale di Vojlovica. Sul cancello di ingresso, una targa: “Ricostruzione realizzata grazie a donazioni di Provincia di Ravenna, Comune di Cervia e Azienda Ente Acque della Sardegna”. Grazie al progetto “Pangreen” inserito nell’APQ Balcani, la superficie verde di 10 ettari è aumentata di quattro ettari e mezzo, l’interno è stato ristrutturato e dotato di altre 20mila piante.
Una signora con elegante cappellino di paglia raccoglie nespole nel prato. “Eh, le prendo qui perché sono più sane. Se le prendo al mercato è peggio, perché passano di mano in mano…”, si giustifica sorridendo. Viene qui ogni sera a correre: ben cinque giri dei 1.300 metri di pista pedonale che si snoda tra alberi, panchine e campi giochi per bambini. “E’ bellissimo ora. Questo parco l’abbiamo sempre amato. Non sa in che condizioni era! In totale stato di abbandono”. Quando scopre che sono italiana mi chiede di girare i suoi ringraziamenti a chi ha reso possibile la rinascita del parco. “Sa, ci sono dei giorni in cui l’odore dell’aria è nauseante e non si respira. Allora vengo qui e già solo il fatto di essere in mezzo agli alberi, mi fa stare meglio”.
La crisi economica ha rallentato di nuovo la produzione come all’inizio degli anni ’90, alleggerendo un poco il peso degli inquinanti su aria, terra, acqua e persone. Scrive il portale informativo B92, lo scorso 24 settembre: “Il governo non ha sbagliato a dire che la crisi economica rappresenta per la Serbia una chance. Lo è, ma solo per la salute dei cittadini delle città più inquinate. Grazie al crollo della produzione, la fotografia dell’ambiente è migliorata. Sebbene città come Bor, Pančevo, e Obrenovac rimangano buchi neri”.
Il ministero per l’Ambiente e la pianificazione territoriale ha stilato una lista di 180 fabbriche inquinanti che entro il 2015 dovranno firmare un protocollo che le obbliga a regolamentare l’attività in base alla direttiva europea Seveso II recepita nella Legge nazionale. Tra queste, anche le tre di Pančevo: HIP – Petrohemija, NIS Rafinerija e HIP Azotara. C’è da chiedersi se tre anni basteranno. “La strada verso l’Unione può riuscire a mettere sotto pressione il governo e spingere le aziende ad adeguarsi a standard europei. Però le direttive devono essere recepite modificandole man mano, in base alla situazione locale. Altrimenti il rischio è che per molti diventi impossibile lavorare rispettando le regole” sostiene con convinzione Obradović, sindacalista di Nezavisnost.
Per usare una metafora, il rischio è che chi non avrà la forza di comprarsi la paletta per raccogliere la polvere dovrà chiudere. O nascondere lo sporco sotto il tappeto.
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