Osservatorio sui Balcani: un anno dopo
L’Osservatorio a un anno dalla nascita. Un bilancio delle attività e prospettive per il 2002.
Si è riunito nei giorni scorsi a Roma il Comitato scientifico dell’Osservatorio sui Balcani, ad una anno dalla nascita. Pubblichiamo qui di seguito la relazione di Mauro Cereghini, coordinatore del progetto, redatta per l’occasione.
Gennaio 2000 – dicembre 2001: c’è ancora bisogno di un Osservatorio sui Balcani?
L’Osservatorio sui Balcani nasce alla fine dell’anno 2000, con la scommessa di creare un luogo di incontro tra ricerca, informazione e azione sul e con il sud est Europa. Un luogo cioè che risulti utile nel collegare e far interagire mondi diversi che a vario titolo si occupano di Balcani: il mondo della ricerca accademica e istituzionale, quello dell’inchiesta e della cronaca, quello dell’intervento concreto tramite la cooperazione e la diplomazia popolare.
Ad un anno di distanza credo si possa dire che di un luogo del genere si sente se possibile ancora più il bisogno. Anzitutto perché la questione dei Balcani pare scomparsa o quasi dall’agenda dei media e della politica internazionale, nonostante i nodi politico-territoriali ancora aperti e potenzialmente critici, le centinaia di migliaia di rifugiati tuttora privi di una prospettiva per il futuro, le migrazioni ed i traffici dentro e attraverso i Balcani consistenti e depauperanti, i protettorati internazionali senza scadenza… E poi perché in risposta a queste sfide, l’agire internazionale – governativo e non – continua a perpetuare quel modello invasivo ed insostenibile di cui ci lamentavamo un anno fa. La riprova di ciò è l’abbandono cui si assiste oggi in Kossovo da parte di ONG e Agenzie internazionali, che si spostano verso il nuovo business umanitario in Asia centrale senza aver avviato una riflessione critica sul proprio agire né avere promosso processi di auto-sviluppo e ricostruzione economica nelle comunità locali kossovare.
E che ci sia bisogno di un luogo come l’Osservatorio, lo abbiamo rilevato anche dall’esito delle nostre prime iniziative. Ad esempio aver cominciato una mappatura completa delle organizzazioni e dei progetti attivi nei Balcani, chiedendo anche le cifre spese ed il personale retribuito impiegato, ha fatto rizzare qualche antenna nel mondo non sempre limpido del non governativo, tanto che in alcuni casi i dati ci sono stati espressamente rifiutati. Ma anche aver dato la possibilità a giornalisti e ricercatori dell’area balcanica di scrivere e pubblicare liberamente sul nostro sito i propri articoli ci ha mostrato la sete di relazioni e di stampa libera che lì esiste (da notare che almeno due dei nostri referenti preferiscono tuttora per timore non apparire col proprio nome nella versione inglese del sito). O ancora il dialogo avviato con gli operatori italiani impiegati nei progetti in loco – per quanto finora poco sistematico – ha rivelato una situazione spesso di "abbandono" da parte delle rispettive organizzazioni, che non forniscono stimoli e strumenti per leggere le dinamiche locali né valorizzano le conoscenze acquisite da chi sta sul campo, ed è stato accolto perciò con molto favore.
Cosa abbiamo fatto nel 2001
Si può dire che i primi 4-5 mesi dell’anno sono stati utilizzati per avviare la struttura dell’Osservatorio, costituendo lo staff e predisponendo le procedure ed i software per il lavoro di monitoraggio e di informazione. I successivi 6-7 mesi hanno visto invece una vera operatività del progetto. Nella Relazione finale sul Piano delle attività si può trovare un dettaglio di tutte le iniziative programmate e di quelle effettivamente realizzate. Qui ci limitiamo a riassumere il senso generale del lavoro svolto.
Anzitutto il sito sperimentale dell’Osservatorio attivo già dal 2000 si è trasformato in un vero portale con più aggiornamenti giornalieri ed un motore di ricerca piuttosto completo. Da ottobre il sistema è stato automatizzato nella sua parte editoriale, e conta alcune centinaia di visitatori al giorno. L’interesse per un luogo di informazione che valorizzi le voci "dal basso" (intellettuali indipendenti, società civile, ONG locali…) è emersa anche nei Balcani, e dall’autunno si sta lavorando perciò assieme al network internazionale di OneWorld per un portale multilingue (inglese e lingue locali) che riprenda i contenuti dell’Osservatorio, da avviare nel corso del 2002.
E’ stata avviata a giugno la raccolta dati quantitativa sulle organizzazioni che fanno attività di cooperazione nei Balcani, e sui relativi progetti. Il database – ancora incompleto ma decisamente significativo – sarà on line dalla fine di gennaio. Ed a quanto ci risulta, nessuna struttura ministeriale o di altra istituzione italiana dispone oggi di una simile fotografia su chi opera nel sud est Europa.
Parallelamente sono state svolte un paio di analisi qualitative dei progetti, attraverso casi studio su situazioni emblematiche della comunità internazionale nei Balcani (Macedonia, Pec-Peja, Mostar). Queste analisi sono state il punto forte del primo Convegno annuale dell’Osservatorio, tenutosi a Trento in novembre con l’obiettivo di fare un bilancio dei dieci anni di cooperazione con il sud est Europa. E di nuovo abbiamo avuto la sensazione di toccare un tema, quello della sostenibilità dei progetti e del senso politico complessivo del "fare solidarietà", finora taciuto.
La dimensione dell’indagine più approfondita ed originale è stata quella probabilmente meno produttiva in questo primo anno, anche per il processo non sempre lineare di costituzione del primo Comitato di redazione. Da fine anno si è rilanciata questa attività con un numero ridotto ma più coeso di ricercatori, e già il progetto sull’economia illegale che avete ricevuto in copia può aprire una prospettiva di lavoro interessante.
Infine non va dimenticata l’importanza strategica dell’Appello "L’Europa oltre i confini", che abbiamo contribuito in modo decisivo a lanciare e a far circolare. L’Appello – emerso nell’ambito del Convegno "Di-Segnare l’Europa. I Balcani tra integrazione e disintegrazione" che ha costituito la presentazione nazionale dell’Osservatorio a maggio a Padova – ha raccolto un centinaio di firme illustri dall’Italia e dall’area balcanica, ed è stato presentato in settembre in Campidoglio dai Sindaci di Sarajevo e di Roma. Al suo impatto istituzionale si è accompagnata poi l’idea della Campagna "Europe from below", presentata dall’ICS ad ottobre, per costituire un network dal basso di collegamento tra società civili delle due Europe.
Le linee guida che ipotizziamo per il lavoro nel 2002
Nell’anno che viene intendiamo in linea generale strutturare e diffondere l’attività dell’Osservatorio, avviando anche collaborazioni più stabili con soggetti del sud est Europa in vista di un auspicato trasferimento in loco di parte o tutte le attività.
Sul versante informativo l’obiettivo è di ampliare la conoscenza generale del portale web, mirando alla soglia delle 1.000 visite/giorno che garantisce senz’altro una buona visibilità nazionale. In più intendiamo da un lato ampliare notevolmente l’offerta al pubblico non italiano, sviluppando il portale multilingue, e dall’altro rivolgerci con maggior sistematicità anche ai media non elettronici attraverso la costituzione di rubriche fisse nell’ambito di pubblicazioni già esistenti.
Nel monitoraggio dei progetti, oltre al completamento ed all’aggiornamento costante dei dati raccolti va proseguita l’analisi qualitativa anche attraverso un apposito gruppo di lavoro che valuti l’impatto sul lungo periodo di alcuni casi studio. Inoltre, a supporto dell’azione di ONG e associazioni, intendiamo valutare la possibilità di aprire un settore formativo anche in partnership con altri soggetti già attivi. Destinatari privilegiati di tale formazione dovrebbero essere gli operatori sul campo, o quanti intendono iniziare ad esserlo.
Per quanto riguarda la ricerca e gli approfondimenti tematici, il 2002 dovrebbe essere l’anno di avvio nella produzione di materiali originali da parte dell’Osservatorio. E l’intenzione è cercare di rompere alcuni schemi di lettura semplificata delle vicende balcaniche (la corruzione come vizio endemico, le privatizzazioni come unica condizione verso lo sviluppo economico, la dimensione etnica come sola forma di rappresentanza possibile degli interessi…).
Infine proseguirà la promozione ed il supporto dell’Appello "L’Europa oltre i confini", anche con l’obiettivo di integrarlo alla Campagna "Europe from below". In particolare si sta già lavorando per la presentazione ufficiale dell’Appello in aprile a Sarajevo, in occasione del decimo anniversario dell’inizio dell’assedio. Tale momento, se sarà confermata l’iniziale disponibilità a presenziare di Romano Prodi, dovrebbe costituire un’occasione di rilevanza europea in cui proseguire nella spinta verso la costruzione di un’Europa ampia, aperta e solidale. Cosa che è poi il sottofondo politico generale di tutte le nostre piccole azioni.
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