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Osservatorio Balcani e Caucaso, dieci anni

Pubblichiamo il discorso introduttivo di Luisa Chiodi, direttrice scientifica di Osservatorio Balcani e Caucaso, in occasione dell’incontro celebrativo per i dieci anni di attività svoltosi il 27 novembre presso la Sala consigliare del comune di Rovereto

30/11/2010, Luisa Chiodi -

Osservatorio-Balcani-e-Caucaso-dieci-anni

Gentili ospiti, cari colleghi, buona sera, ben trovati a tutti, sono felice abbiate risposto al nostro invito a partecipare alla celebrazione del decennale di Osservatorio Balcani e Caucaso e vi ringrazio per la vostra presenza.

Dieci anni di lavoro sono un traguardo importante che merita di essere festeggiato insieme. Sono lieta che questo incontro avvenga nella città dove il progetto Osservatorio Balcani e Caucaso è nato e cresciuto e avvenga nella sala comunale, per eccellenza sede  della democrazia cittadina. 

Ringrazio in particolare le autorità presenti in sala, tra tutti permettetemi di salutare Andrea Miorandi, sindaco della città di Rovereto che ci ospita non solo oggi ma ogni giorno nella prestigiosa sede di palazzo Adami in piazza San Marco; l’assessore alla Solidarieta internazionale e alla convivenza Lia Giovanazzi Beltrami, che più di tutti ci ha accompagnato e sostenuto in questo decennio; il senatore Tonini; il professor Robol, reggente della Fondazione Opera Campana dei Caduti di cui siamo parte; il presidente del Forum trentino per la Pace Nardelli, vero ideatore e animatore del progetto Osservatorio Balcani e Caucaso.

Iniziamo il nostro pomeriggio di celebrazioni con un breve video introduttivo preparato dal nostro Davide Sighele.

Dopo questo stimolo introduttivo, vorrei portare la vostra attenzione su alcune considerazioni di ordine generale.

La paura è la cifra del tempo e dello spazio politico che abitiamo. E’ impaurita l’Europa che in questi giorni mostra di temere le conseguenze del suo stesso progetto di integrazione sovranazionale e vede una delle sue principali conquiste, la moneta unica, sotto attacco da fuori e da dentro i suoi confini.

E’ impaurita l’Italia, senza una direzione politica, schiacciata dall’entità delle sfide che si trova davanti, incline ad usare gli immigrati per esorcizzare la propria insicurezza. Ciononostante, a macchia di leopardo, una parte del nostro paese, a cui riteniamo di appartenere, continua a lavorare e di fronte alla crisi si sforza di rilanciare, cercando nuove strade. 

A contatto con i Balcani, la Turchia e il Caucaso, per noi, il senso del progetto europeo non perde slancio. Nell’Adriatico e nel Mar Nero l’identità europea non si basa sul passato ma sull’adesione ad un progetto futuro. Qui l’Unione europea mantiene il significato di un progetto di pace e diritti oltre che di benessere e prosperità.

Così come in Italia, anche nei Balcani, in Turchia e nel Caucaso sono tanti i soggetti con cui è fondamentale continuare a costruire l’Europa, rilanciarne la sfida. Da dieci anni OBC dà voce a queste realtà, fa conoscere il loro impegno e le mette in relazione con la nostra società civile affinché il progetto europeo si rinnovi grazie alle relazioni tra territori.

L’attualità politica italiana con frequenza riporta ai Balcani ed al Caucaso l’attenzione dell’opinione pubblica europea sempre più riluttante all’idea di nuovi allargamenti. Quest’anno ad esempio siamo stati chiamati a commentare temi caldi quali: la FIAT e la sua delocalizzazione in Serbia con la storica fabbrica Zastava; la crisi economica in Grecia che ha minacciato l’Euro; le espulsioni dei Rom dalla Francia che mettono in discussione i diritti umani; l’instabilità del Caucaso tormentato dal fondamentalismo islamico.

Ancora oggi per la maggior parte dell’opinione pubblica italiana, e spesso anche per i giornalisti che devono informarla, è difficile persino la collocazione geografica delle sfide che vengono da est e di contro sono radicati i pregiudizi, le banalizzazioni, le teorie cospirative.

L’urgenza che anima il progetto di OBC dalle sue origini è quella di far sentire la voce dei nostri vicini, e trasformare con la conoscenza e con la passione le paure in relazioni territoriali, la geopolitica in integrazione europea, l’Europa delle sovranità nazionali in Europa delle minoranze, delle differenze, del metissage.

Osservatorio inizialmente si rivolgeva soprattutto ai cosiddetti cooperanti – volontari e professionisti della solidarietà internazionale – che l’amore per i Balcani l’avevano cresciuto sul campo.

Con il tempo i nostri utenti si sono differenziati e moltiplicati anche grazie alle opportunità offerte dal processo di integrazione europea negli ambiti più diversi. Oggi i nostri interlocutori sono studiosi; giornalisti; studenti; diplomatici; funzionari; politici; operatori economici; turisti e semplici curiosi. 

In questo variegato panorama mi preme sottolineare la presenza delle comunità immigrate: non a caso oggi i commenti ai nostri articoli arrivano prevalentemente dalla cosiddetta diaspora. Gli est europei costituiscono la metà degli immigrati nel nostro paese e hanno un urgente bisogno di farsi conoscere ed apprezzare dalla società in cui vivono. Il sito di Osservatorio propone ai suoi 100mila utenti mensili chiavi di lettura delle trasformazione socio-politiche delle due regioni, ma anche percorsi per avvicinarsi loro attraverso la letteratura, il cinema, l’arte, la fotografia, i paesaggi, gli itinerari turistici. Scriviamo sì di diritti umani, di ambiente, di elaborazione del passato ma anche come si cucina il pranzo di capodanno in Armenia e quali sono i ritmi musicali più amati dai giovani bosniaci, di nuovo cinema rumeno, di dove va la letteratura albanese contemporanea. Tutto ciò favorisce l’integrazione dei migranti perché dare profondità significa restituire dignità, stimolare comprensione per le difficoltà e apprezzamento per la grande ricchezza culturale che contraddistingue queste regioni.

Alla fine della guerra fredda, leggere quello che avveniva nei Balcani era davvero arduo: le categorie usate fino a quel momento erano invecchiate improvvisamente con la metamorfosi del contesto geopolitico. Dopo 10 anni di guerre alle porte di casa, con la nascita di quello che inizialmente si chiamava “Osservatorio sui Balcani” si creava finalmente un luogo di dibattito, scambio e approfondimento per la società civile italiana che si era mobilitata in sostegno delle popolazioni colpite dai conflitti.

Giudicando dal numero di accessi al nostro sito oggi, l’urgenza di allora non è venuta meno. La trasformazione della realtà in cui viviamo è talmente rapida, se non vorticosa, da  mantenere vivo nelle persone più attente il forte bisogno di approfondimento e scambio di allora.

Per altro l’intuizione con cui dieci anni fa OBC è nato continua a mostrarsi felice: per capire bisogna incrociare gli sguardi, stimolare continuamente la messa in discussione delle proprie narrazioni sulla realtà. Dal 2000 le analisi di Osservatorio sono l’espressione dello scambio tra chi nei Balcani, in Turchia e Caucaso ci è cresciuto, chi ci vive, chi per una ragione o un’altra se ne è andato e chi pur venendo da fuori se ne interessa per motivi di studio o lavoro. Solo incrociando le prospettive è possibile avvicinarsi davvero a realtà tanto sfaccettate e dinamiche.

Il confronto rafforza tutti coloro che si mettono in gioco ma non sempre esiste un luogo dove è possibile farlo. La nostra corrispondente Majnat Kurbanova, ad esempio, costretta a lasciare la Cecenia per la sua attività giornalistica, ha potuto riprendere a scrivere del suo paese sulle pagine di Osservatorio. 

Ringraziamo lei e gli oltre 100 corrispondenti che hanno lavorato con noi in questi dieci anni per l’impegno profuso e saluto con affetto quelli presenti in sala.

L’altra idea forte su cui si basa il successo di Osservatorio è stato il web. Essere online ci ha permesso fin dall’inizio di raggiungere una platea ampia e di creare un rapporto di interazione con i nostri lettori altrimenti impossibile. Con naturalezza abbiamo risposto ai nuovi stimoli e alle innovazioni tecnologiche della rete e oggi, siamo presenti anche su social network quali Facebook  e Twitter  e sempre più lettori mostrano di apprezzare il nostro lavoro anche attraverso questi strumenti.

Ci teniamo a sottolineare, inoltre, che abbiamo abbracciato la filosofia dell’apertura e della condivisione del sapere, non solo utilizzando tecnologie open source per far funzionare il nostro sito, ma soprattutto scegliendo di utilizzare una licenza Creative Commons per tutti i nostri contenuti. Questo vuole dire che ogni nostro articolo può essere liberamente ripubblicato da altri, cosa che avviene ogni giorno e in varie lingue consentendoci così di raggiungere un numero ancora più ampio di lettori.

Nel tempo siamo cresciuti in professionalità. Pensandoci come vero e proprio laboratorio culturale abbiamo usato diversi strumenti di indagine e disseminazione del nostro lavoro con la realizzazione di documentari, ricerche, pubblicazioni scientifiche; incontrando migliaia di persone nelle serate pubbliche, nei convegni, nelle scuole e nelle aule universitarie; promuovendo iniziative di rilievo internazionale, che alcuni di voi ricorderanno, come la conferenza del 2002 a Sarajevo alla presenza dell’allora Presidente della Commissione europea Romano Prodi; come il simbolico viaggio lungo il Danubio fino a Belgrado nel 2003 o la conferenza a Vienna nel 2008 trasmessa anche in diretta web.

Data l’occasione celebrativa lasciatemi aggiungere che lo sforzo di offrire una selezione del nostro lavoro anche in inglese ci è valso l’apprezzamento di uno dei più autorevoli esperti di Balcani al mondo, Tim Judah dell’Economist.

Accanto agli attestati di stima, abbiamo ricevuto premi importanti. L’ultimo in ordine di tempo l’ha ricevuto proprio ieri a Milano la nostra collega Laura Delsere: si tratta del prestigioso premio giornalistico Enzo Baldoni assegnato per il secondo anno consecutivo ad un reportage di Osservatorio. Nei giorni scorsi era stata la nostra corrispondente Azra Nuhefendić, che interverrà più tardi, a vincere con un articolo pubblicato su Osservatorio il premio dell’agenzia di stampa austriaca APA per l’integrazione dell’Europa centrale e orientale. Poche settimane fa, il premio Antonio Russo 2010 alla testata giornalistica di OBC. Davvero questo è stato un anno da ricordare. Ma anche in passato non sono mancati riconoscimenti importanti ai nostri documentari e attestati di stima in consessi prestigiosi.

Accanto ad un sincero orgoglio, da questi risultati traiamo incoraggiamento verso nuovi traguardi e stimolo a migliorare. Così come un forte stimolo ci viene dalla società civile italiana che continua ad organizzare iniziative sui Balcani, la Turchia ed il Caucaso in ogni angolo del nostro paese.

In questo contesto Osservatorio si propone di continuare ad essere un soggetto-strumento per capire i processi di interdipendenza, iniziando dall’Europa e da noi stessi. Facendo dell’interdipendenza una grande occasione di arricchimento.

Il Trentino si è assunto una parte consistente dell’onere di consolidare l’Osservatorio nei suoi 10 anni di crescita. In primis la Fondazione Opera Campana dei Caduti offrendo accoglienza al nostro progetto, il Forum trentino per la pace e i diritti umani incoraggiandone le attività, il comune di Rovereto, la Regione Trentino Alto Adige, la Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto ma soprattutto la Provincia autonoma di Trento, garantendone il sostegno e la condivisione degli obiettivi.

La comunità trentina in senso lato mostra – anche attraverso Osservatorio Balcani e Caucaso – di aver chiaro che spetta a tutti occuparsi di relazioni internazionali; che la paura è nemica della buona politica e per governare il cambiamento servono luoghi di elaborazione e scambio di conoscenza; che Rovereto città della pace non è uno slogan ma un lavoro quotidiano di costruzione di cultura della pace. 

Questa regione di frontiera, con una storia ed un presente multiculturale, si è dimostrata il luogo ideale per far crescere un osservatorio sui Balcani ed il Caucaso anche perché spassionata, senza contenziosi o recriminazioni nei rapporti con questi territori. Come mostra ogni anno la celebrazione del Giorno del Ricordo, invece, nel nostro paese la storia del nostro confine orientale attende ancora una elaborazione condivisa.

Da anni lavoriamo in collaborazione con altri soggetti a noi affini nello spazio dell’Unione Europea, in Francia, Germania, Austria, Gran Bretagna convinti come siamo dell’importanza della costruzione di una sfera pubblica comune. Analogamente abbiamo ottenuto in varie occasioni il sostegno dell’Unione Europea e oggi siamo impegnati in un importante progetto sulla cooperazione decentrata co-promosso dal nostro Ministero degli Affari Esteri ma senza il convinto e continuativo supporto della Provincia autonoma di Trento non saremmo mai arrivati dove siamo e non potremmo continuare a lavorare.

A questi 10 anni di lavoro hanno contribuito in tanti, presenti e non in questa sala. I nostri più sinceri ringraziamenti vanno in particolare a Mauro Cereghini che per i primi cinque anni ha guidato l’Osservatorio ponendo le solide fondamenta sui cui è potuto crescere in seguito; al Comitato scientifico che ha conferito autorevolezza e ringrazio il prof. Toniatti che si è unito a noi per l’occasione; il consiglio di Reggenza della Fondazione Opera Campana dei caduti e naturalmente il reggente prof. Robol.

Ringraziamo inoltre le molte realtà culturali della nostra Provincia con cui abbiamo avuto occasione di collaborare: la Fondazione Museo Storico del Trentino per la ricerca sull’industria cinematografica dei paesi balcanici; il Museo storico italiano della guerra; il Nuovo cineforum di Rovereto con cui abbiamo di frequente organizzato rassegne; l’Università di Trento; la Fondazione Fontana di cui abbiamo sostenuto l’elaborazione della Carta di Trento per una migliore cooperazione; l’associazione Passpartout che cura Rovereto Immagini con cui abbiamo organizzato quest’anno la mostra Northern Caucasus; il Centro di Formazione alla Solidarietà Internazionale; la galleria d’arte Arte Boccanera; le case editrici Zandonai e Keller; il Mart; Educa; Oriente Occidente; l’Associazione vittime civili di guerra; l’Associazione roveretana per la giustizia; l’Associazione Rumeni in Trentino Alto Adige, il Forum Alb Trentino; il Comitato delle associazioni per la Pace ed evidentemente con i Tavoli trentini di cooperazione con i Balcani. Mi scuseranno coloro che non ho citato in questo lungo elenco che mostra la straordinaria vivacità culturale del Trentino e la sua capacità di fare rete.

Abbiamo progetti ambiziosi per i prossimi anni che speriamo continuino a trovare il vostro sostegno attuale: stiamo lavorando all’ideazione di un documentario sul Caucaso seguendo le orme del grande poeta russo Mandelstam; stiamo impostando una ricerca sui cosiddetti quasi-stati in Europa dalla Transnistria al Nagorno-Karabah in collaborazione con l’Accademia Europea di Bolzano; a vent’anni dall’inizio delle guerre di dissoluzione jugoslava vorremmo proporre un’ampia riflessione sull’esperienza della mobilitazione italiana per i Balcani che dagli anni ’90 arriva fino ad oggi.

Naturalmente continueremo a seguire l’attualità socio-politica delle due regioni e cercheremo di capire ad esempio dove ci porterà il nuovo Concetto strategico annunciato dalla NATO pochi giorni fa rispetto ai diritti umani in Caucaso viste le nuove relazioni con la Russia, o alla capacità di proiezione internazionale della Turchia per come è emersa proprio a Lisbona.

Senza dubbio continueremo a seguire l’Unione Europea ed il suo allargamento.

Come 10 anni fa, ancora oggi, per Osservatorio l’integrazione europea resta la sola vera prospettiva di pace, non per i soli Balcani, la Turchia ed il Caucaso, ma per noi tutti. 

Contiamo sul vostro incoraggiamento e sostegno ma anche gli stimoli e le critiche che vorrete rivolgerci.

Grazie a tutti

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