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Area: Albania

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Operazione Colomba contro le vendette di sangue

Dal 2010 l’Operazione Colomba, Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, è presente a Scutari, in Albania, per sostenere le famiglie sotto vendetta

15/06/2011, Tommaso Scarcia -

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Il Kanun è un codice di leggi consuetudinarie trasmesse oralmente per secoli. Il più diffuso è il Kanun di Lek Dukagjini, redatto a metà del ‘400. Il codice raccoglie le regole e le tradizioni che codificavano ogni aspetto della vita sociale del popolo albanese, dal matrimonio alle eredità, dai crimini violenti al lavoro.

Il Kanun disciplinava anche l’antica consuetudine delle vendette di sangue (Gjakmarrja). Nel codice veniva fissato il diritto di vendicare l’uccisione del proprio familiare, colpendo fino al terzo grado i parenti maschi dell’assassino. Vendicare era obbligatorio, pena il disonore.

Negli anni ’90, dopo il crollo del comunismo, la mancanza di uno stato forte ha favorito il riaffiorare delle leggi consuetudinarie. Inoltre l’assenza di figure che in passato disciplinavano la comunità secondo il Kanun, ha portato ad una degenerazione del codice. Del Kanun è rimasta la cornice, il contenuto è snaturato.

Questo fenomeno riguarda in modo particolare la Gjakmarrja. La vendetta ora coinvolge anche donne e bambini, esclusi in origine, e ignora le regole ferree della tradizione. Spesso capita che le famiglie coinvolgano nelle vendette i ragazzi, che data la loro giovane età non rischiano la prigione.

Il Kanun prevede anche la strada della riconciliazione tra le famiglie, un rituale di perdono che pone fine alle faide. In Kosovo nel 1990 venne proclamata una riconciliazione generale, forse in chiave anti-serba. In Albania il fenomeno è ancora presente, specie nel nord del Paese. Le famiglie sotto vendetta sono costrette, per pericolo o per onore, alla reclusione nelle proprie case.

Operazione Colomba

A Scutari da 10 anni è presente l’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII con case famiglia, pronta accoglienza e altre strutture. Nel 2004 Simone Mori, missionario della Comunità in Albania, si è imbattuto nel fenomeno delle vendette e ha dato vita al Progetto Kanun che sostiene le famiglie sotto vendetta. Il Progetto ha coinvolto i Caschi Bianchi, servizio civile volontario all’estero e i Bajraktar locali, figure di rilievo nel villaggio che fungono da mediatori fra le famiglie in lotta. 

Dopo anni di sentita esigenza da parte della Comunità, nel marzo dell’anno scorso l’Operazione Colomba, il Corpo Nonviolento di Pace della Comunità, è riuscita a garantire la propria presenza, grazie alla disponibilità di una volontaria di lungo periodo. Le loro prime attività riguardavano l’assistenza sanitaria di base e la scolarizzazione a domicilio in collaborazione con l’associazione locale, il Movimento Ambasciatori di pace. Così sono entrati in contatto con le famiglie sotto vendetta. Si sono poi appoggiati ai corsi di informatica per incontrare i giovani. Consolidata la presenza, OC ha puntato su nuove idee: il disegno con i bambini, il teatro e il calcetto con gli adolescenti. Iniziative che aiutano i ragazzi che vivono in queste famiglie ad elaborare la propria chiusura. 

“Le nostre attività sono uno strumento per accrescere la fiducia verso di noi da parte delle famiglie e dei ragazzi”, ci ha spiegato Fabrizio Bettini coordinatore del progetto dall’Italia. “Puntiamo a farli uscire e sfogare, a farli socializzare fra loro e con altri ragazzi non sotto vendetta. Tutte queste iniziative tendono a rafforzare il terreno per il nostro obiettivo specifico: aiutare le famiglie per la riconciliazione. Un altro strumento da non trascurare è il Kanun stesso che menziona la riconciliazione generale.” Usare la tradizione per superarla. 

OC opera anche sulla società civile. Secondo Bettini è fondamentale coinvolgere le associazioni che lavorano sul territorio: “Siamo sempre consci del fatto che questa cosa non possiamo farla, e non vogliamo farla, da soli.” Dopo un anno di presenza, secondo il principio di equi-vicinanza che regola la Comunità, c’è anche il tentativo di entrare in relazione con le famiglie che emettono vendetta. “La strada è ancora lunga, siamo appena all’aperitivo” conclude fiducioso Fabrizio Bettini.

I volontari di OC

Il personale è formato da volontari di lungo periodo supportati da volontari di breve periodo che si alternano. Laura Collina, referente a Scutari di OC, sottolinea che la difficoltà più grande è trovare il modo per farsi accettare dalle famiglie: “Sicuramente la difficoltà più grande è trovare una chiave diversa per entrare in ogni famiglia e parlare di perdono e riconciliazione. Prima che si aprano e ci diano fiducia passa tanto tempo, bisogna dimostrare loro che siamo seri”. 

Laura è ora l’unica volontaria di lungo periodo a Scutari. Lavora con le famiglie sotto vendetta e cerca di affrontare insieme a loro la via verso la riconciliazione: “Queste sono famiglie ferite, senza speranza, devono compiere due grande passi: elaborare il proprio rapporto con il dolore inflitto ad altri e riconciliarsi con chi ha procurato loro dolore. Spesso le famiglie ci chiedono aiuto per la riconciliazione non perché ci credano ma perché vogliono tornare a essere libere. É difficile far capire che oltre alla vendetta, esiste un’altra strada. É un "lavoro" lungo ma estremamente gratificante. Dopo i silenzi iniziali, ora qualcuno ci chiama per sentire come stiamo, si informano sulla nostra vita privata, ci invitano a pranzo o a cena, la massima forma di condivisione. Questo rapporto però è stato raggiunto con poche famiglie”.

Cerchio di silenzio

L’immobilismo della società che non reagisce agli omicidi per vendetta, ha portato OC a cercare vie alternative per scuotere l’opinione pubblica. Dopo la stampa e la distruzione di adesivi contro la Gjakmarrja (“Dente per dente, le vendette di sangue ci hanno tolto la parola di bocca”), hanno scelto il cerchio di silenzio, forma di manifestazione nonviolenta di dissenso.

“Stare in piazza senza slogan ma in silenzio per protestare. Questa è la via giusta” sostiene Bettini. “Temevo fosse presto, è stato invece un evento molto positivo e stimolante. Poi è servito per rendere attivi i giovani che gravitano intorno a noi e per far vedere alle altre associazioni che le cose si possono fare. Spero diventi un appuntamento mensile, l’inizio di un rapporto più aperto con la città in cui viviamo ormai da 10 anni.”

Laura ha partecipato alla manifestazione, abbiamo raccolto le sue impressioni: “Molta gente si è fermata incuriosita. Una ragazza si è persino messa a sedere con noi. Due uomini hanno detto la loro sulle vendette di sangue. Alcuni ragazzini ridacchiavano e prendevano in giro. Le associazioni che avevamo invitato, non hanno aderito. L’unica presente è rimasta fuori dal cerchio, ma è disponibile a collaborare la prossima volta. Noi abbiamo scelto di andare avanti su questa strada”. 

Il percorso intrapreso è comunque molto difficile. A partire dal rapporto della comunità di Scutari con i cambiamenti culturali. Lo sottolinea Laura: “Se qualcosa è sempre stato così, non significa che dovrà esserlo per sempre. Non c’è un vero e proprio movimento di intellettuali che proponga riflessioni o provocazioni sul fenomeno del Kanun. Lo si dà per scontato e per eterno”.

 

* Tommaso Scarcia sta effettuando uno stage presso OBC

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