Oluja, Prijedor e l’Apparato tripartito
Aleksandar Vučić, Milorad Dodik e il patriarca Porfirije hanno deciso di commemorare le vittime serbe dell’operazione militare croata Oluja (Tempesta), che iniziò il 4 agosto del 1995, a Prijedor, in Bosnia Erzegovina, luogo noto per essere stato teatro dei crimini commessi dai serbi contro i membri di altri popoli
(Originariamente pubblicato sul portale Novosti , il 28 luglio 2023)
Perché proprio a Prijedor? – chiedo a me stesso, non avendo accanto nessuno più ignorante di me.
Eh lo sai bene perché… – rispondo a me stesso, perché effettivamente ho una chiara idea del perché Aleksandar Vučić, Milorad Dodik e il patriarca Porfirije, nel corso di un incontro in un luogo dal nome ironico “Villa Pace”, abbiano deciso che quest’anno le celebrazioni del “Giorno del ricordo in memoria di tutti i serbi uccisi e costretti all’esilio durante l’operazione militare Oluja” si terranno oggi, 4 agosto, proprio a Prijedor.
Certo che lo so – dico – sono però indeciso su quale espressione utilizzare per meglio descrivere tale decisione: oscenità, provocazione, pornografia, cinismo… tutte sembrano adeguate, ma non esaurienti.
E se provassimo con ‘idiotismo morale’?
Questa sì che suona un po’ meglio, ma solo un pochino. Con la precisazione che non è una caratteristica esclusiva dei partecipanti a quell’incontro a "Villa Pace".
Tutt’altro. Sarebbe più corretto dire che Porfirije, Vučić e Dodik, pilastri del potere ecclesiastico, statale e parastatale, e quindi membri dell’Apparato tripartito, hanno raggiunto un accordo sugli ulteriori sforzi da compiere per trasformare l’idiotismo morale in un bene collettivo e uno standard generalmente accettato.
Ma cos’è questo Apparato tripartito? – mi chiedo.
L’Apparato tripartito è il supremo coordinatore delle aspirazioni e delle peregrinazioni dell’intero popolo serbo – sparo una definizione ad hoc rispondendomi da solo. – Un organismo informale che si è posto il compito di tracciare il destino nazionale. Un’istituzione sovra-politica che continua a relegare la vita sociale e pubblica ad una condizione pre-politica.
Ora, l’Apparato tripartito ha concepito l’irruzione a Prijedor come un’idea sperimentale: perché non andiamo in uno dei luoghi più appariscenti dei crimini serbi per piangere le vittime serbe?
Esatto. Le circostanze non sono mai così cattive da non poter essere rese peggiori. La legge di San Murphy.
Mah – scrollo le spalle con indifferenza – tutti i popoli di queste terre hanno una forte propensione a gonfiare i numeri dei propri morti e a sminuire i propri crimini, soprattutto i croati. Però i serbi, grazie ad una leadership saggia, riescono sempre in qualche modo a dettare il ritmo. Stabiliscono gli standard che poi gli altri, con grande fatica, cercano di raggiungere.
Concordo, collega. La decisione di commemorare i serbi vittime dei crimini commessi dai membri di altri popoli proprio in quel luogo noto per essere stato teatro dei crimini commessi dai serbi contro i membri di altri popoli, rappresenta senz’altro un notevole innalzamento del livello di volgarità.
Almeno su questo punto non dovrebbero esserci disaccordi intorno a Prijedor: nel 1992 furono uccisi oltre tremila civili, di cui centodue bambini, circa 38mila abitanti di nazionalità bosgnacca e croata furono costretti ad abbandonare le loro case, nel maggio 1992 le autorità locali serbo-bosniache ordinarono ai cittadini non serbi di contrassegnare le proprie case con lenzuola bianche, per poi costringerli a portare una fascia bianca al braccio, intorno alla città sorsero i più famigerati campi di concentramento: Omarska, Keraterm, Trnopolje…
Ora i serbi vittime di una pulizia etnica di dimensioni epiche – perché Oluja fu esattamente questo – verranno omaggiati nel luogo in cui i serbi compirono una pulizia etnica di dimensioni epocali.
Un altro aspetto da tenere a mente – dico tra me e me – è che da anni ormai le autorità locali serbe cercano in tutti i modi di ostacolare la commemorazione delle vittime dei crimini commessi a Prijedor. Ad esempio, l’anno scorso hanno vietato un corteo pacifico per la Giornata delle fasce bianche con la scusa che quello stesso giorno erano in programma alcune manifestazioni pubbliche per festeggiare il compleanno dell’autocrate ungherese Viktor Orbán e del magnate dei media Željko Mitrović. Sono ormai anni che anche la richiesta di erigere un monumento in ricordo dei centodue bambini uccisi viene respinta con nonchalance.
Volendo per un attimo ragionare seriamente sulla riflessione di Ernst Renan secondo cui una nazione è costituita da un gruppo di persone che hanno convenuto di ricordare e dimenticare le stesse cose, emerge chiaramente che Prijedor è il punto centrale dell’amnesia serba. Allora cosa significa quest’imminente festa?
Significa che, seguendo l’ingegnosa idea dell’Apparato tripartito, il 4 agosto nel luogo di un oblio organizzato i serbi si lasceranno trascinare da una memoria organizzata, riempiendo enormi vuoti di memoria con enormi vittime serbe.
Qui, a dire il vero, ci imbattiamo in un problema semantico riguardante le vittime serbe, perché non è sempre perfettamente chiaro se le vittime serbe siano i serbi vittime delle atrocità commesse da altri popoli, o se con questa espressione ci si riferisca ai membri di altri popoli vittime delle atrocità commesse dai serbi.
Invece per i dignitari dell’Apparato tripartito quel problema non esiste, perché per loro la seconda categoria è sempre e necessariamente inventata. Pare che partano dal presupposto che i serbi non abbiano mai arrecato sciagure a nessuno e che abbiano sempre portato il peso della sofferenza sulle loro spalle martoriate.
Chissà, forse a breve, su iniziativa dell’Apparato tripartito, quindi di un’istituzione con il compito di regolare la digestione nazionale, uscirà un dizionario patriottico dove tutti i termini controversi saranno ben regolati. Ad esempio: male – fenomeno ampiamente diffuso che i serbi solo sopportano, senza mai provocarlo.
Tuttavia – dico a me stesso – l’elemento più volgare di questa storia riguarda l’atteggiamento nei confronti delle vittime dell’operazione Oluja. C’è un che di dozzinale nel fatto che – oltre alle festose espressioni di un amore collettivo – viene loro apertamente mostrato che altro non sono che una materia prima da sfruttare negli attuali scontri.
E di certo anche in quelli futuri – aggiungo sempre ragionando tra me e me. Le vittime di Oluja, che hanno subito un crimine, verranno investite nella negazione di un altro crimine, perché i signori hanno calcolato che sarà un investimento redditizio. Così queste vittime subiranno le stesse umiliazioni – se non addirittura maggiori – a cui ormai da decenni vengono esposte da parte delle autorità politiche croate.
Sì, siamo di fronte ad un grande interrogativo: chi è più crudele nei confronti dei serbi ridotti in miseria durante l’operazione Oluja, quelli che negano la loro esistenza o quelli che li glorificano? La propaganda politica croata e quella serba, pur essendo nemiche inconciliabili, sono fatalmente legate dalla stessa indifferenza nei confronti della carne da cannone sacrificabile, a prescindere dal sigillo nazionale impresso in quella massa insanguinata. Tanto che un’eventuale sconfitta che la mitomania guerresca croata potrebbe infliggere a quella serba, o vice versa, avrebbe il sapore di un suicidio.
Ecco perché le oscene manipolazioni di una memoria forzata e di un’amnesia forzata non si sono mai fermate, e ora persino coesistono all’interno di uno stesso rituale. Adesso le vittime, reali ed esistenti, di Knin o Gračac, verranno utilizzate per permettere che i morti di Prijedor restino irreali e inesistenti. Quelli che “ricordiamo sempre” verranno aizzati contro quelli che non ricordiamo affatto.
Allora è esagerato definire subito la manifestazione di Prijedor una farsa commemorativa? – mi chiedo – O meglio una pagliacciata? Un circo desolante?
Poco importa – dico. Di certo c’è che già la presenza dei membri dell’Apparato tripartito, ossia di Porfirije, Vučić e Dodik – ipocrita, megalomane e piromane – che si alterneranno sul palco addobbato con bandiere secondo un programma prestabilito, garantisce un buon divertimento.
Con la precisazione che Giano in tonaca, come un ufficiale di collegamento tra Dio e nazione garantisce anche una sorta di riposo spirituale. Quindi – megalomane, piromane e ottomano.
Ad ogni modo, sappiamo già che uno si esibirà con il classico repertorio del falso ecumenismo, l’altro enfatizzerà la propria sofferenza messianica e ringrazierà il proprio io modesto per essersi impegnato, senza alcun aiuto, nel salvare un popolo e una nazione da tragedie e disastri, e l’altro ancora farà un elenco di quelli che, qualora dovessero ostacolare l’inevitabile unificazione dei serbi, finiranno con le ossa spaccate. Il piromane sa come incitare la massa. Ha promesso di radunare tra quindicimila e ventimila persone.
È una stima realistica. Nell’ambito del progetto denominato “Il mondo serbo”, Dodik è responsabile del settore del demi-monde serbo. Quindi, quelle migliaia di persone non sono in discussione.
Proviamo però ad immaginare un’inaspettata svolta drammaturgica, per quanto difficile possa sembrare. Immaginiamo che almeno uno dei membri dell’Apparato tripartito perda il controllo di sé, si metta davanti alla folla e inizi un discorso del genere: “Fratelli e sorelle! Ci siamo radunati in questo luogo perché qui sono stati commessi terribili crimini nel nome della nazione e dello stato serbo. Persone venivano uccise senza pietà, deportate nei lager, cacciate dalle loro case. Riconosciamo questi crimini e ce ne pentiamo. Faremo del nostro meglio affinché simili orrori non accadano mai più. Proprio così, riconoscere i crimini e mostrare pietà per le vittime è il modo migliore per rendere omaggio ai nostri connazionali che sono stati vittima degli stessi crimini bestiali in Croazia”.
È possibile che accada una cosa del genere? – mi chiedo.
Solo nei sogni più sfrenati – rispondo.
Allora concludiamo qui questo testo. Che almeno resti lettera morta.
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